Nel giro di poche settimane abbiamo avuto tre novità di grande rilievo: gli
sviluppi del sistema Norme in rete, lo schema del codice della pubblica
amministrazione digitale e le regole tecniche-operative per il cosiddetto
"processo tematico" (che in realtà riguardano solo gli atti e la loro
trasmissione nel processo civile).
Messe insieme, questi passaggi disegnano un futuro di "cittadinanza
digitale" che affascina (e sotto qualche aspetto preoccupa) chi segue
l'evoluzione della società.
Ma la prima domanda che dobbiamo porre a noi stessi è: lo scenario prospettato
può realizzarsi in tempi ragionevoli o è avverabile solo in un lontano
futuro?La domanda non è accademica o oziosa. Per accettare l'innovazione è necessario superare le
comprensibili resistenze di chi da sempre opera secondo schemi del tutto diversi
da quelli che vengono proposti. E si devono anche predisporre le strutture
fisiche e il software, oltre che diffondere le indispensabili conoscenze
tecniche. L'esempio della firma digitale, che era in buona
parte utilizzabile cinque anni fa, è significativo. I vantaggi del documento
informatico sono evidenti a tutti, ma il suo uso
è ancora confinato a poche situazioni faticosamente imposte e con modalità
discutibili.
Le prime disposizioni sulla firma digitale, ottime nello schema generale ma
imprecise in qualche dettaglio, avrebbero potuto essere migliorate in breve tempo.
Invece sono state peggiorate: la confusione generata dagli errori nel
recepimento della direttiva comunitaria, a sua volta piena di errori, non hanno
aiutato la diffusione dello strumento. Interpretazioni insensate hanno riempito
di dubbi chi si accingeva ad affrontare il cambiamento. Ci sono voluti più di
due anni per rimettere le cose a posto (con ancora qualche punto da correggere,
vedi Amministrazioni digitali: i
problemi del documento informatico).
Ed ecco che si profilano nuovi problemi, perché con il "Codice dell'amministrazione digitale" il quadro è finalmente chiaro e le
linee di sviluppo sono definite, ma c'è ancora qualcuno che genera confusione,
con una lettura superficiale ed erronea del testo.
Norme in rete. L'idea ha più di dieci anni, la prima iniziativa
parlamentare ne ha cinque, la legge che ha stanziato i fondi quasi quattro.
Eppure solo poche settimane fa il sito è diventato realmente utile,
con l'inserimento di alcune banche dati della Corte di cassazione (vedi La Cassazione on line gratis, ma non basta).
Dunque andiamo a cercare il decreto ministeriale del 14 ottobre scorso sull'uso degli
strumenti informatici e telematici nel processo civile, pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale del 19 novembre: non c'è ancora, su nessuno dei numerosi
archivi che compongono il sistema. Per l'incredibile motivo che la Gazzetta
ufficiale non fa parte del sistema stesso!
Allora andiamo a vedere sul sito della GU. Dove il provvedimento si trova,
ma presentato con un articolo per pagina e (naturalmente?) senza tener conto delle
classificazioni previste dal progetto Norme in rete. E non ci
sono gli allegati: i relativi link portano al nulla. Per avere gli allegati
bisogna pagare l'accesso a Guritel e lì si trovano le brutte riproduzioni
fotografiche delle bruttissime pagine della Gazzetta, quasi illeggibili. Per di
più un watermark piazzato di traverso su ogni facciata rivendica di
fatto un copyright illegittimo, perché le disposizioni sul diritto d'autore
"non si applicano ai testi degli atti ufficiali dello stato e delle
amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere" (art. 5 l. 633/41).
Una situazione scandalosa.
Processo telematico. Qui dovremmo incominciare ad analizzare le regole
tecnico-operative appena emanate. Compito molto
impegnativo, data la complessità intrinseca della materia, che deve conciliare
le possibilità offerte dalla tecnologia con i numerosi passaggi della procedura
civile, inquadrando il tutto in una cornice di sicurezza informatica e certezza
giuridica. A prima vista sembra di notare qualche incongruenza, ma occorre
leggere bene le norme: affronteremo il non facile compito nei prossimi numeri.
Qui basta un'osservazione: l'art. 19 del DPR 123/01stabiliva la data del 30
ottobre2001 per l'emanazione del decreto ministeriale e
l'avvio del "processo telematico" per il 1. gennaio 2002.
"Le buone intenzioni vanno apprezzate, ma non guasterebbe un po' di realismo
nell'indicazione delle scadenze", avevamo scritto a suo tempo" ("Tutti gli atti e i provvedimenti
del processo...").
Il legislatore sembra aver accolto il suggerimento: il decreto ministeriale
stabilisce all'art. 62 che "L'attivazione del processo telematico è preceduta da un
decreto dirigenziale, che accerta l'installazione e l'idoneità delle
attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di
comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio".
Chi ha un'idea anche sommaria della situazione delle cancellerie in buona parte
d'Italia interpreta questa disposizione come "campa cavallo, ché l'erba
cresce".
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