Ma il computer non è uno status
symbol
di Manlio Cammarata - 30.09.99
Lo scemo scomparso
Due settimana fa avevo posto una domanda: chi
sarà lo scemo del villaggio (globale)?
Sono arrivate diverse risposte (alcune impubblicabili per il rischio di
vilipendio alle istituzioni...), ma l'altro ieri l'autorevole Corriere della
Sera ha gettato nella costernazione quanti si sono già affezionati al
personaggio: lo scemo è scomparso. Missing!
Il pezzo - in prima pagina - dava notizia che nelle "bozze della
Finanziaria che circolano in queste ore si è perduta ogni traccia" delle
iniziative per lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione annunciate in
luglio dal DPEF
e recentemente rilanciate con gran dispendio di promesse e di spot pubblicitari
Consentitemi di aprire una parentesi. A prima
vista l'informazione del Corriere appariva poco credibile, sia alla
luce della recente politica del Governo, sia perché evidentemente stilata da
qualcuno con idee poco chiare sulla materia. L'articolo iniziava infatti con un
panegirico di Linus Torvalds , il "Guglielmo Tell informatico, capace di
sfidare a mani nude l'impero di Bill Gates". Si dà il caso che Torvalds
non c'entri affatto con la legge finanziaria, perché i progetti italiani non
prevedono (fino a questo momento, speriamo...) un approccio open source,
ma, al contrario, sembrano fatti su misura per incrementare i già lauti
guadagni di Bill Gates. Per di più non è vero che il ragazzo finlandese è
"autore di un nuovo sistema operativo che fa concorrenza a Windows",
perché il sistema operativo di Torvalds si chiama Unix ed è nato almeno di
dieci anni prima di lui. Come non è vero che "Internet è figlia del
sistema di telecomunicazioni dell'esercito americano" (se mai è la
madre...) e che "deve gran parte del suo successo all'impegno personale del
vicepresidente Al Gore", perché il furbo Al ha semplicemente intuito le
ragioni e le prospettive di un successo del quale, almeno fino al '94, non ha
alcun merito.
Non sarebbe male se l'alfabetizzazione informatica degli italiani incominciasse
proprio dai giornalisti della stampa di informazione e se, nel frattempo, i
direttori dei giornali affidassero questi argomenti ai pochi che ne capiscono
qualcosa.
Chiusa la parentesi, ritorniamo al mistero della
scomparsa dello scemo del villaggio (globale). Lo stesso giorno dell'annuncio
del quotidiano milanese, si
leggeva su la Repubblica.it : Gli
incentivi del governo per Internet e le nuove tecnologie entreranno nella
Finanziaria. Parola del ministro per l'Industria Pier Luigi Bersani. Che oggi ha
confermato l'intenzione dell'esecutivo di varare misure per la diffusione dei
computer e di Internet. Non direttamente nella legge ma in uno dei suoi
collegati. "Leggo anche oggi - ha detto il ministro intervenendo alla
presentazione del premio Smau sul commercio elettronico - su autorevoli
quotidiani che nella legge finanziaria 2000 sono scomparsi gli incentivi per
l'accesso alle nuove tecnologie e Internet. Invece sono previsti e saranno
contenute in un collegato alla legge che sarà discusso in una prossima seduta
del Consiglio dei ministri".
Tra status symbol,
NO-TUT e contenuti
Rassicurati, possiamo andare avanti con le considerazioni iniziate
nell'articolo precedente.
Prima di tutto è opportuno riflettere sull'affermazione, attribuita al
Presidente del Consiglio, che "Il computer deve diventare uno status
symbol, come il telefonino". Sembra che gli italiani abbiano preso sul
serio l'indicazione, tanto che circolano previsioni sul numero degli abbonati
all'internet alla fine dell'anno: cinque milioni, una cifra che significa il
superamento sostanziale del divario con gli altri paesi europei, conseguito in
pochi mesi.
Non fidiamoci delle statistiche. Perché è
probabile che l'offerta degli abbonamenti gratuiti porti realmente a questo
risultato, ma buona parte dei cinque milioni saranno quelli che fino a un anno
fa dell'internet non sapevano che farsene, e quindi non avevano motivo di
sborsare quattrini per abbonarsi. Ora che il mercato offre - apparentemente
gratis - un nuovo status symbol, ecco la corsa alla connessione. Ma il
progresso nei numeri non comporta necessariamente la crescita dell'uso del
mezzo: sarebbe interessante sapere quanti dei nuovi abbonati "a sbafo"
diventano per davvero utenti della rete, per quante ore si collegano, quanto
fanno uso della posta elettronica e via elencando. Insomma, sarebbe importante
conoscere quanti sono quelli che, pur essendo abbonati all'internet, continuano
a fare la parte degli scemi del villaggio (globale). Alla pari con quelli che
prima passavano le giornate col telefonino attaccato all'orecchio e ora,
spaventati dalle notizie sulle radiazioni, vivono con l'auricolare perennemente
attaccato (fino a quando non si diffonderà il panico per le otiti).
Il problema del computer dell'accesso
all'internet visti come status symbol è serio, perché la definizione
indica, forse al di là delle intenzioni dell'autore, un approccio sbagliato
all'impegno per sviluppo della rete. In effetti è vero che la disponibilità o
meno dell'accesso alle tecnologie costituisce il confine tra gli info-ricchi
e gli info-poveri della società dell'informazione, cioè è il segno
di una condizione personale, ma il paragone con l'uso più stupido di un altro
strumento utile, il telefono cellulare, è assolutamente diseducativo. Incita
all'uso più consumistico dell'internet, trascurando gli aspetti più
importanti, che sono le opportunità di conoscenza, di scambi di esperienze e
soprattutto di lavoro.
No, il computer e l'internet non devono essere presentati come uno status
symbol, ma per quello che sono stati fino a oggi per alcuni, e che
dovrebbero essere domani per tutti: un mezzo di crescita culturale, economica e
sociale. Se gli italiani scoprono l'internet e le tecnologie dell'informazione
in seguito a una promozione di segno prevalentemente consumistico, è
inevitabile la loro trasformazione in scemi del villaggio (globale).
Tutto questo ci riporta ai due veri problemi, uno
dei quali è fin troppo dibattuto, l'altro troppo poco: il costo delle
connessioni e la necessità di incentivare la produzione di contenuti.
Vediamo la prima questione. Il punto da
considerare è che l'attuale esplosione del numero degli "internauti"
è determinata dalla gratuità dell'abbonamento, resa possibile dal prezzo
"a tempo" dei collegamenti. Infatti il servizio gratuito è pagato
dalla "interconnessione inversa" che i fornitori del servizio
incassano dagli operatori di telecomunicazioni (in futuro, dalla stessa tariffa
a tempo, quando i fornitori del servizio saranno anche operatori sulle chiamate
urbane). Nelle attuali condizioni del mercato la tariffa a tempo è dunque la
condizione per la gratuità dell'abbonamento.
Ma, si obietta, anche l'interconnessione potrebbe
essere flat, e quindi consentire l'abbonamento flat, con una
prezzo fisso indipendente dal tempo di connessione, come accade su altri
mercati. Giusto: su altri mercati. Il nostro non ha ancora raggiunto uno
sviluppo tale (anche per quanto riguarda le dimensioni delle infrastrutture) da
consentire questa soluzione, il che non significa che essa non sia realizzabile
in un tempo non lontano: forse quando ci sarà una concorrenza effettiva anche
sulla telefonia in ambito locale. Ma le previsioni in questo settore sono più
difficili e inattendibili di quelle meteorologiche.
Intendiamoci bene: la tariffa a tempo,
soprattutto se relativamente elevata, è certamente un grave ostacolo al
migliore uso della rete, se non alla sua diffusione in termini di numero di
abbonati. Osserva uno dei padri dell'internet, Vinton Cerf: "Negli Usa ciò
che ha enormemente aiutato lo sviluppo di Internet è stato il basso costo dei
servizi di telecomunicazioni.Oggi chiunque può inventarsi e proporre nuovi
servizi e nuove idee sulla rete con barriere all'entrata minime. E questo vale
soprattutto per i giovani. In particolare le tariffe telefoniche locali
"flat", in cui paghi un canone indipendente dal tempo d'uso del
telefono. Ciò ha creato una generazione di utenti internet di massa che
accedono alla rete senza angosce, senza il senso d'urgenza che genera una
tariffa a tempo. E ritengo che il flat sia l'ambiente tariffario ideale per
internet" (Intervista di G. Caravita su Il Sole 24 Ore del 17
settembre).
Ma qui si vede il paradosso: nell'attuale
situazione del mercato italiano il prezzo a tempo della connessione rende
possibile l'abbonamento a prezzo zero, ma nello stesso momento costituisce un
ostacolo per il miglior uso dell'abbonamento stesso! Se almeno l'ormai prossima
TAT costituisse un sensibile risparmio in confronto con l'odiata TUT... Ma è
difficile immaginare che questo accada, perché con una TAT sensibilmente più
bassa della TUT dovrebbe scendere anche la tariffa dell'interconnessione
inversa, e quindi sarebbe più difficile finanziare l'accesso gratuito.
Su questo il Governo e il Parlamento devono
riflettere, perché quello dei costi di connessione è realmente uno dei nodi
più importanti da sciogliere per l'effettivo sviluppo della società
dell'informazione nel nostro Paese. Quando un abbonato si collega, i soldi
escono dal suo portafoglio come la sabbia scende nella clessidra, ma non vi
rientrano se lo si capovolge... "La bolletta telefonica per Internet potrà
essere detratta dalle tasse nella misura del 40-50 per cento fino ad un tetto di
300 mila lire. Basterà accludere la fotocopia della ricevuta al 740" dice
il Governo (cito ancora da la
Repubblica). La soluzione appare
poco convincente, anche perché non è chiaro come si potrà distinguere il
costo delle connessioni alla rete da quello delle telefonate.
La questione è aperta. E sarebbe opportuno che
si aprisse, una buona volta, anche l'altra, quella relativa all'incentivazione
dei contenuti (vedi, fra l'altro, l'articolo
di G. Virga di una settimana fa). E'
significativo il fatto che in tutti i discorsi, i convegni e di dibattiti che in
queste settimane si accendono sullo sviluppo della società dell'informazione,
non si senta la voce del Ministro addetto ai problemi della cultura, mentre
quello dell'industria è sempre in prima linea. Forse in Italia non è stato
ancora inteso bene il significato dell'espressione "industria
culturale", cioè di quell'attività produttiva che ha nel brainware,
nelle cellule grige, la sua materia prima e che può generare utili non
indifferenti e molta occupazione.
Ma, fino a quando il computer continuerà a
essere presentato come uno status symbol e chi non lo usa come lo scemo
del villaggio (globale), resteremo un popolo di scemi che del computer non sanno
che farsene. Se, invece, si darà agli italiani una serie di buoni motivi per
comperare il computer e connettersi alla rete - a un prezzo accessibile - , non
serviranno né spot, né improbabili "rottamazioni", per far venire
alla luce l'intelligenza che si nasconde in quelli che oggi qualcuno vuol far
passare per gli scemi del villaggio (globale).
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