Ora incombe anche il trattato sul cybercrime
di Manlio Cammarata - 31.10.01
E' stato detto che dopo l'11 settembre il mondo non sarà più lo stesso. Ed
è vero.
Negli Stati Uniti d'America, in una nazione che ha le libertà personali e la
democrazia nel proprio codice genetico, dove l'opinione pubblica è sempre più
"sovrana", è stata approvata una legge che limita in misura
straordinaria le garanzie per le persone sottoposte a indagini di polizia. Che
significa anche "per tutte le persone", dal momento che non è
possibile sapere quali individui siano sottoposti a un'indagine prima che
l'indagine stessa sia iniziata.
Ma l'opinione pubblica americana ha accolto con favore il provvedimento.
L'irragionevole miscuglio di paura e di patriottismo generato dalla vista delle
due torri colpite dai terroristi, e poi l'incubo dell'antrace, hanno generato
questo "mostro" giuridico, non a caso battezzato Patriot Act,
lasciando quasi ammutolite anche le organizzazioni fino a ieri più attive nella
difesa dei diritti civili. L'aspetto più grave è che non tutte le misure hanno
una scadenza: per la maggior parte sono a tempo indeterminato (per un primo
commento al Patriot Act vedi l'articolo
di Bernardo Parrella su Apogeonline).
Non si deve dimenticare che in un passato molto recente alcune di queste misure
(come l'installazione presso gli internet provider del famigerato dispositivo di
intercettazione poliziesca denominato Carnivore) erano state osteggiate
con forza. Oggi sono salutate dalla maggioranza degli americani quasi con
entusiasmo, ma non è difficile prevedere che, superata la fase critica, la
Corte Suprema sarà chiamata a pronunciarsi sulla loro sopravvivenza.
A noi è andata meglio, almeno per il momento. Il decreto-legge emanato dal
Governo il 18 scorso non fa altro che estendere al terrorismo internazionale gli
istituti della "legislazione d'emergenza" che si è accumulata negli
anni, contro il terrorismo interno e contro la mafia. Si tratta sempre di norme
vicine ai limiti delle garanzie costituzionali, ma il controllo della
magistratura sulle indagini di polizia resta forte, così come resta
l'essenziale principio che le informazioni raccolte nella fase informale delle
indagini non possono avere valore di prova nel processo. Inoltre questi
strumenti si sono rivelati efficaci, in situazioni che destavano e destano un
grave allarme sociale, e non sembra che abbiano provocato danni diffusi e
irreparabili ai diritti dei cittadini.
In sostanza il provvedimento d'urgenza si mantiene entro i limiti che due
settimane fa Andrea Monti indicava come essenziali per la sopravvivenza della
libertà (vedi La stessa libertà con maggiori
controlli?).
Ora si tratta di vedere se il Parlamento, che dovrà convertire il decreto in
legge entro il 19 dicembre, non tenterà di introdurre altre e più gravi
limitazioni. I precedenti non sono rassicuranti, se andiamo a rileggere certi
disegni di legge presentati nel recente passato, come il "Passigli"
sui nomi a dominio o le varie proposte avanzate in materia di lotta alla
pedofilia. E' il caso di ricordare come il "Passigli" proponga
addirittura l'introduzione di una responsabilità penale oggettiva dei fornitori
delle reti di TLC per i contenuti che passano sui cavi, mentre nel campo
delle proposte antipedofilia i parlamentari sono arrivati a ipotesi che superano
i limiti della ragionevolezza (vedi S.
57: La legge è cosa troppo seria... di Daniele Coliva).
E' dunque prematuro abbandonarsi all'ottimismo e inneggiare allo scampato
pericolo. Il clima generale è quello che viviamo ogni giorno, la minaccia di
"meno libertà" in cambio di "più sicurezza" fatta dal
Ministro dell'interno incombe nell'aria. E incombe anche il trattato
internazionale contro il cybercrime, che prevede misure assai
limitative della riservatezza degli individui, come è stato fatto più volte
notare non solo dalle associazioni che si battono per i diritti civili, ma
anche dai Garanti europei (vedi Atene, la
conservazione dei LOG limita la privacy).
La guerra contro il terrorismo sarà lunga e non potrai mai essere vinta del
tutto. Ma sarà lunga e difficile anche quella contro chi attenta alla libertà
della Rete - o alla libertà di tutti noi, è la stessa cosa.
Di volta in volta col pretesto della lotta ai pedofili, delle regole sui nomi a
dominio, del crimine informatico, del terrorismo internazionale e di chissà
quali altri pericoli che incombono sulla società dell'informazione.
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