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Diritto d'autore

Effetti perversi di una legge "degradata"

di Manlio Cammarata - 21.01.08

 
Ultim'ora: il 9 gennaio scorso il Senato ha approvato definitivamente il DDL S1939, una "leggina" che modifica la vetusta legge 69/63 sull'ordinamento della professione giornalista. L'intento è lodevole, perché la norma introduce l'uso del personal computer nella prova scritta dell'esame di idoneità professionale.
Ma... leggiamola.  Si intitola: "Modifica all’articolo 32 della legge 3 febbraio 1963, n. 69. Introduzione dell’uso dell’elaboratore elettronico (personal computer) nello svolgimento della prova scritta dell’esame di idoneità professionale per l’accesso alla professione di giornalista":

Art. 1
1. All’articolo 32 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, è aggiunto, in fine, il seguente comma:    «Per lo svolgimento della prova scritta è consentito l’utilizzo di elaboratori elettronici (personal computer) cui sia inibito l’accesso alla memoria secondo le modalità tecniche indicate dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, sentito il Ministero della giustizia». 
2. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede, con apposito provvedimento, ad apportare le modifiche necessarie al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1965, n. 115, e successive modificazioni, al fine di adeguarlo alle disposizioni di cui all’articolo 32 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, come modificato dal comma 1 del presente articolo.

Tra i nostri lettori ci sono molti tecnici di valore. Qualcuno di loro potrebbe spiegarci come può funzionare un computer "cui sia inibito l'accesso alla memoria"? I primi due esperti ai quali è stata rivolta la domanda hanno risposto, l'uno all'insaputa dell'altro, "Può servire come fermaporte"... Un terzo ha osservato che al primo aprile mancano ancora più di due mesi.
Della questione ci occuperemo sul prossimo numero. Ora dobbiamo occuparci di un'altra legge che sta suscitando un'accesa polemica.

Non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, non ha un numero e una data. Insomma, non è ancora in vigore. Ma produce già effetti perversi. Stiamo parlando, naturalmente, della legge approvata definitivamente dal Senato il 21 dicembre scorso, che "consente" la libera riproduzione sull'internet di suoni e immagini, purché "a bassa risoluzione o degradate", a scopo didattico o scientifico e senza scopo di lucro (vedi Una norma "degradata" nella forma e nella sostanza).

Gli effetti si vedono già. Il più significativo  primo effetto è questo: "I contenuti di questo sito, se opportunamente degradati, possono essere utilizzati liberamente". La bizzarra avvertenza compare al fondo della pagina del sito DegradArte, istituito come ironica risposta alla neonata legge. Infatti vi compaiono opere d'arte "degradate", tipo "Mi puffo d'immenso"...
Effetti perversi, appunto. Non tanto nei contenuti del sito, la cui valutazione è del tutto personale, ma nel fatto stesso che la pubblicazione avviene mentre la legge non è ancora in vigore e quindi potrebbe essere illegale. Però qualcuno potrebbe argomentare che non di riproduzioni si tratta, ma di "elaborazioni di carattere creativo", a loro volta protette dall'art. 4 della legge sul diritto d'autore.

Leggiamo ora la precisazione di Pietro Folena, presidente della Commissione cultura della Camera che ha dato il via libera alla legge in questione. Folena cita, con ragione, due tra i tanti problemi aperti: il cosiddetto "diritto di panorama" e la "legge Urbani", al confronto dei quali la norma in questione sarebbe una "piccola - piccolissima, ma comunque importante - isola di libertà".
Forse Folena non considera un fatto: che la discussione scientifica è nelle radici storiche dell'internet e che la pubblicazione di immagini "degradate" è contraria alla natura stessa delle pubblicazioni scientifiche, dove invece si impone la migliore qualità possibile. Dunque una norma che voglia creare una "isola di libertà" dovrebbe semplicemente consentire tout court  la pubblicazione (sempre senza fini di lucro) di illustrazioni scientifiche. Così è un controsenso.

Rovescio della medaglia: per la musica, l'MP3 è un formato "degradato" di per sé, dal momento che consiste in una compressione "a perdita di informazioni". E allora dobbiamo interpretare la nuova norma nel senso che la riproduzione di brani musicali in formato MP3 è consentita ogni volta che ricorrono le condizioni previste? Un bel grattacapo per chi dovrà scrivere il regolamento!

Caro Folena, grazie per l'intervento, una breccia nel muro di gomma dietro il quale si arroccano le istituzioni di volta in volta chiamate a rispondere a critiche o anche a semplici domande. Lei fa cenno ad "altre questioni", come la legge Urbani e il "diritto di panorama": sono due tra le questioni più critiche della normativa sul diritto d'autore, in sostanza la determinazione degli "usi liberi" e la proporzionalità delle sanzioni. Ma non possono essere risolte se ci si ostina a rappezzare una legge antiquata, pensata, è il caso di dirlo, in una lontana era geologica. Occorre una nuova legge, una legge sui diritti degli autori e degli utenti nella società dell'informazione.

Il Parlamento può e deve proporla. E la discussione deve essere aperta sulla Rete, con il lavoro comune degli esperti della tecnologia e degli esperti del diritto, ciascuno nel proprio campo. Perché non si può legiferare sulla Rete senza coinvolgere la Rete, pena la nascita di norme "degradate" all'origine.
Come, per fare solo i primi due esempi che vengono in mente, le disposizioni sulle firme elettroniche nel codice dell'amministrazione digitale (vedi Idee sempre più confuse sulle firme elettroniche) o il pasticcio dell'emendamento sulla "marcatura postale elettronica", per fortuna non passato nell'ultima legge finanziaria, il cui estensore forse ignorava l'esistenza della posta elettronica certificata.

 

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