"Apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia,
coerenza", i principi della Governance europea. Il libro bianco sulla governance
offre raccomandazioni per un maggior coinvolgimento della "società civile"
e delle organizzazioni locali, regionali, nazionali, e associative. Il tema
principale del libro bianco è maggior ricorso a consultazione, rinvigorimento
del "metodo comunitario", introduzione di incentivi per ascoltare le
preferenze dei cittadini europei.
Il documento sulla "governance" non è il primo, e
non sarà l'ultimo documento brussellese con utilità marginale. Il culmine
dell'opposto dei principi in esso enunciati è stato forse raggiunto con la
proposta di direttiva sui brevetti software.
Fino al 1980, gli uffici brevetti (e anche i tribunali sia europei sia
americani) non permettevano la brevettabilità del software L'Europa si
era dotata, nel 1973, di una legge (Convenzione europea dei brevetti, CEB) con la quale si
escludeva specificamente la brevettabilità del software di per sé,
cioè di quello non contenuto in applicazioni industriali indipendenti.
In spregio ai precedenti, anche della Corte suprema, l'Ufficio
brevetti americano iniziò, negli anni '80, a concedere brevetti sul software.
Ce ne sono oramai oltre 100.000, in USA. In Europa, l'Ufficio europeo brevetti
(UEB), e alcuni tribunali, per lo più tedeschi, iniziarono a fare altrettanto,
nonostante il categorico divieto della CEB (art. 52). Mancando idee proprie, si
imitano gli altri.
Il passo successivo non poteva che essere un'iniziativa
comunitaria. Nel 2002 venne pubblicata una proposta di direttiva (che seguiva la falsariga di un
documento fatto circolare diversi mesi prima dall'UEB). La maggioranza del
mondo accademico, il governo francese, personalità politiche, la Commissione
tedesca dei monopoli, il Comitato delle Regioni e, naturalmente, EuroLinux e la Foundation
for a Free Information Infrastructure (FFII), si schierarono contro la
proposta. Questa venne in seguito significativamente modificata dal Parlamento europeo nel 2003.
Il Consiglio d'Europa attese il momento in cui il
Parlamento europeo stava per essere ricomposto con nuove elezioni (maggio 2004)
per approvare la direttiva nella versione originale (ignorando cioè le
modifiche parlamentari). Il sarcastico commento di un politico italiano: "quando
non c'è il gatto parlamentare, i topi delle burocrazie europee ballano".
In novembre 2004, dopo l'entrata in vigore delle nuove
attribuzioni di voti, la Polonia annunciò (anzi, confermò) che non avrebbe
sostenuto la direttiva Il Consiglio d'Europa si trovò così senza la
maggioranza qualificata, richiesta per il passaggio della direttiva senza
obbligo di nuova votazione.
La presidenza del Consiglio d'Europa sembra pensarla
diversamente. Sostiene che i polacchi non hanno il diritto di ritirarsi, ora,
perché, formalmente, non hanno confermato a suo tempo (in maggio 2004) la loro
opposizione alla direttiva (la Polonia aveva registrato la propria opposizione
in prima votazione, ma non la ha ripetuta in seguito ritenendolo non necessario
ai fini del risultato, dato il peso dei voti applicabile a quel tempo). Il fatto
che governo e industria polacchi fossero consistentemente contrari alla
direttiva non avrebbe rilevanza, secondo il Consiglio.
In verità, e a prescindere da bizantinismi, ogni Stato
membro ha il diritto di chiedere che una proposta di direttiva modificata dal
Parlamento venga trattata come punto "B" all'ordine del giorno, soggetto
quindi a discussione e votazione.
Con ennesimo colpo di mano il Consiglio provocatoriamente annunciò in ottobre
2004 che, nonostante l'opposizione della Polonia, esso avrebbe inserito la
direttiva come punto "A" (non soggetto a nuova votazione) nell'agenda dell'ultima
riunione del Consiglio per l'anno 2004. Questa ultima riunione, fissata per il
21-22 dicembre 2004, è quella della formazione (del Consiglio) relativa alla
"pesca".
La presidenza olandese ha fatto propria la retorica,
ampiamente smentita, che l'Europa avrebbe un obbligo "internazionale" a
emanare la direttiva così come proposta dalla Commissione perché così
starebbe scritto nell'articolo 27 della convenzione TRIPS.
L'art. 27 recita, in parte rilevante: "brevetti dovranno essere concessi per
qualsiasi invenzione, sia che si tratti di prodotti o di processi, in tutti i
campi della tecnologia, a condizione che presentino un carattere di novità,
implichino un salto inventivo, e siano idonei ad applicazioni industriali".
La Commissione prontamente si è creata l'alibi di "diritto
internazionale" scrivendo nella proposta di direttiva l'incomprensibile e
irrazionale sillogismo degli articoli 3 e 4: gli Stati membri dovrebbero, così
la Commissione, assicurare che "un'invenzione attuata per mezzo di
elaboratori elettronici sia considerata appartenente a un settore della
tecnologia", e dovrebbero altresì assicurare che "affinché sia considerata
implicante un'attività inventiva, un'invenzione attuata per mezzo di
elaboratori elettronici arrechi un contributo tecnico". In sintesi, tutti i
programmi elettronici sarebbero idonei di applicazione industriale; e quindi
brevettabili.
Il riferimento all'art. 27 TRIPS come base dell'obbligo
per emanare la direttiva è maldestro, e totalmente ingiustificato. I programmi
elettronici usati e considerati come software "di per sé" - non quelli
che fanno parte di una indipendente invenzione "tecnica" - non hanno
applicazione industriale: servono, per esempio, per scrivere articoli, per
tenere la prima nota, per giocare a solitario, per scaricare e condividere
musica, per creare l'album delle fotografie digitali del matrimonio di un
parente. Di quali settori della tecnologia si sta parlando? Di quale
applicazione industriale?
Subito dopo il voto di compromesso del Parlamento europeo,
gli Stati Uniti "avvertirono" gli europei che se avessero seguito la rotta
indicata dal loro Parlamento avrebbero violato il trattato TRIPS; e colsero l'occasione
per ricordare agli europei che il "piano d'azione" del governo
statunitense era quello di "promuovere l'armonizzazione internazionale della
legge sostanziale dei brevetti" con lo scopo di "facilitare la protezione
internazionale delle invenzioni dei titolari americani di proprietà
intellettuale, con il rafforzamento dei loro diritti".
L'America agli americani, l'Europa agli europei Le leggi
europee devono in primo luogo beneficiare gli europei. È scritto nel trattato
istitutivo dell'Unione.
Programmi elettronici non hanno generalmente applicazione industriale, e spesso
mancano di novità e salto inventivo. Contrariamente a quello che si pensa a
Bruxelles, il software non è brevettabile (salvo in particolari, pacifiche
circostanze). Lo dice proprio, a contrariis, l'art. 27 TRIPS che per
ottenere un brevetto occorre soddisfare i criteri riportati nel trattato;
criteri che i brevetti software non soddisfano. Allora, l'art. 27 TRIPS vieta
la brevettabilità del software.
La presidenza olandese - essa stessa apparentemente poco
rispettosa di solidi principi di governance - sostiene che il
Parlamento europeo non si sarebbe conformato a "procedure consolidate"
quando modificò, nel 2003, la proposta della Commissione, e che perciò le
modifiche parlamentari potevano essere ignorate dal Consiglio. È vero che il
Parlamento europeo - unico ente dell'Unione rappresentativo del popolo -
non ha grandi poteri; però non al punto da sottrargli ogni facoltà di
modificare proposte sottoposte al suo esame.
Bruxelles sostiene infine che la direttiva sui brevetti
software sarebbe necessaria per rafforzare "la posizione concorrenziale dell'industria
europea in rapporto ai suoi principali partner commerciali" ("considerando"
16, proposta di direttiva). L'argomento è assorbito da quello preliminare e
pregiudiziale della brevettabilità o meno dei programmi per elaboratori.
Comunque, non nuoce ricordare che nella metà del diciannovesimo secolo, la
Germania escluse inizialmente i prodotti chimici da brevettabilità, e lo fece
per non inibire l'industria chimica nascente tedesca dal copiare le invenzioni
francesi e inglesi. Quando l'industria chimica tedesca passò al dominio dei
mercati chimici, la Germania cambiò la sua legge e ammise la brevettabilità
dei prodotti chimici.
Gli Stati Uniti esclusero, fino al 1891, le opere di autori
stranieri da protezione di copyright, per non inibire gli americani dal copiare
opere di autori inglesi. Quando la produzione letteraria americana raggiunse una
propria importante dimensione, la limitazione contenuta nella legge sul
copyright venne eliminata (ovviamente per evitare che "altri" facessero agli
autori americani quello che questi avevano fatto loro).
Gli Stati Uniti hanno attualmente il dominio del software.
Finché l'Europa non avrà una "sostanza" di software almeno pari a quella
dell'America, essa non avrebbe comunque ragione di favorire gli "inventori"
di software americani. Anzi, ha tutto l'interesse a lasciare che gli americani
copino le poche "invenzioni" di software europee, e che gli europei copino
le molte "invenzioni" di software americane. Ma, come detto sopra, questo è
un discorso al quale non si deve neppure arrivare prima che sia stato stabilito
se, in base ai principi fondamentali delle leggi sui brevetti, il software possa
o no essere brevettato.
Tranne la grande industria che domina nel mercato del
software - che è l'unica (con alcuni servili legislatori) a favorire i
brevetti software (apertamente sostiene che solo pochi, potenti, dovranno
accumulare quanti più brevetti software possibili) - la maggioranza dei
governi europei, dei politici, dell'industria media e piccola, dei
programmatori, degli studiosi, è contraria.
Il Parlamento olandese ha passato, in luglio 2004, una
risoluzione in base alla quale ha istruito il governo a modificare la propria
posizione da "favorevole" in "astensione". Tutti i quattro gruppi
parlamentari tedeschi si sono detti contrari alla direttiva (ottobre 2004). La
posizione italiana è stata inizialmente "contraria", poi di "astensione".
Entità economiche di prestigio, come la Deutsche Bank Research e la
PriceWaterhouseCoopers hanno dettagliatamente messo in risalto quali sarebbero
le conseguenze negative di questa direttiva per l'industria IT europea, per l'innovazione,
per la possibilità di raggiungere gli obiettivi di Lisbona.
Il fatto che il Consiglio abbia ipotizzato di fare passare la
direttiva alla riunione del comitato sulla pesca denota il suo spregio per i
cittadini d'Europa i quali hanno fatto sentire la loro forte voce contraria
alla direttiva. Decisioni a livello settoriale - come usa al Consiglio d'Europa
- sono da sempre oggetto di critica, per l'inerente pregiudizio che
comportano. Una decisione inerente a proprietà intellettuale adottata dalla "formazione
pesca" del Consiglio non sembra proprio adatta per una discussione equilibrata
e competente sul tema.
I commenti sono esasperati. "Abbiamo vinto in Parlamento,
ora il Consiglio ci nega la vittoria con manipolazioni e irregolarità. I 'Kuchma'
della UE non amano la consultazione aperta". La vice-presidente della FFII
osserva: "L'odore cattivo che viene da Bruxelles non proviene dai pesci".
I cittadini della nuova Europa chiedono efficienza, trasparenza, e democrazia
(non colpi di mano). Se i politici europei non applicheranno i principi di buon
governo, perderanno la loro legittimazione. "Visto il risultato, mi rammarico
che degli alberi abbiano dovuto morire per produrre il libro bianco [della governance]",
fu il commento di un euro-parlamentare.
Pare ora (19 dicembre 2004) che il Consiglio intenda rinviare
la discussione alla primavera del 2005. La ragione: difficoltà tecniche nell'allestimento
delle traduzioni. Certo, anche questo è un tema che l'Europa dovrà prima o
poi affrontare Nessuna unione, o confederazione di Stati può sperare di
raggiungere unità e coesione con venticinque, magari cinquanta, lingue diverse.
Ne basterebbero probabilmente tre, preferibilmente quelle dei Paesi che
originariamente costituirono l'Europa: non per diritto di primogenitura, ma
perché sono lingue adatte al raggiungimento dello scopo "europeo".
Di N. W. Palmieri vedi anche:
La brevettabilità del software: perché non può
funzionare - 1
La brevettabilità del software: perché non può
funzionare - 2
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