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I brevetti software e il buon governo

di Nicola Walter Palmieri* - 20.12.04

 

"Apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia, coerenza", i principi della Governance europea. Il libro bianco sulla governance offre raccomandazioni per un maggior coinvolgimento della "società civile" e delle organizzazioni locali, regionali, nazionali, e associative. Il tema principale del libro bianco è maggior ricorso a consultazione, rinvigorimento del "metodo comunitario", introduzione di incentivi per ascoltare le preferenze dei cittadini europei.

Il documento sulla "governance" non è il primo, e non sarà l'ultimo documento brussellese con utilità marginale. Il culmine dell'opposto dei principi in esso enunciati è stato forse raggiunto con la proposta di direttiva sui brevetti software.
Fino al 1980, gli uffici brevetti (e anche i tribunali sia europei sia americani) non permettevano la brevettabilità del software L'Europa si era dotata, nel 1973, di una legge (Convenzione europea dei brevetti, CEB) con la quale si escludeva specificamente la brevettabilità del software di per sé, cioè di quello non contenuto in applicazioni industriali indipendenti.

In spregio ai precedenti, anche della Corte suprema, l'Ufficio brevetti americano iniziò, negli anni '80, a concedere brevetti sul software. Ce ne sono oramai oltre 100.000, in USA. In Europa, l'Ufficio europeo brevetti (UEB), e alcuni tribunali, per lo più tedeschi, iniziarono a fare altrettanto, nonostante il categorico divieto della CEB (art. 52). Mancando idee proprie, si imitano gli altri.

Il passo successivo non poteva che essere un'iniziativa comunitaria. Nel 2002 venne pubblicata una proposta di direttiva (che seguiva la falsariga di un documento fatto circolare diversi mesi prima dall'UEB). La maggioranza del mondo accademico, il governo francese, personalità politiche, la Commissione tedesca dei monopoli, il Comitato delle Regioni e, naturalmente, EuroLinux e la Foundation for a Free Information Infrastructure (FFII), si schierarono contro la proposta. Questa venne in seguito significativamente modificata dal Parlamento europeo nel 2003.

Il Consiglio d'Europa attese il momento in cui il Parlamento europeo stava per essere ricomposto con nuove elezioni (maggio 2004) per approvare la direttiva nella versione originale (ignorando cioè le modifiche parlamentari). Il sarcastico commento di un politico italiano: "quando non c'è il gatto parlamentare, i topi delle burocrazie europee ballano".

In novembre 2004, dopo l'entrata in vigore delle nuove attribuzioni di voti, la Polonia annunciò (anzi, confermò) che non avrebbe sostenuto la direttiva Il Consiglio d'Europa si trovò così senza la maggioranza qualificata, richiesta per il passaggio della direttiva senza obbligo di nuova votazione.

La presidenza del Consiglio d'Europa sembra pensarla diversamente. Sostiene che i polacchi non hanno il diritto di ritirarsi, ora, perché, formalmente, non hanno confermato a suo tempo (in maggio 2004) la loro opposizione alla direttiva (la Polonia aveva registrato la propria opposizione in prima votazione, ma non la ha ripetuta in seguito ritenendolo non necessario ai fini del risultato, dato il peso dei voti applicabile a quel tempo). Il fatto che governo e industria polacchi fossero consistentemente contrari alla direttiva non avrebbe rilevanza, secondo il Consiglio.

In verità, e a prescindere da bizantinismi, ogni Stato membro ha il diritto di chiedere che una proposta di direttiva modificata dal Parlamento venga trattata come punto "B" all'ordine del giorno, soggetto quindi a discussione e votazione.
Con ennesimo colpo di mano il Consiglio provocatoriamente annunciò in ottobre 2004 che, nonostante l'opposizione della Polonia, esso avrebbe inserito la direttiva come punto "A" (non soggetto a nuova votazione) nell'agenda dell'ultima riunione del Consiglio per l'anno 2004. Questa ultima riunione, fissata per il 21-22 dicembre 2004, è quella della formazione (del Consiglio) relativa alla "pesca".

La presidenza olandese ha fatto propria la retorica, ampiamente smentita, che l'Europa avrebbe un obbligo "internazionale" a emanare la direttiva così come proposta dalla Commissione perché così starebbe scritto nell'articolo 27 della convenzione TRIPS. L'art. 27 recita, in parte rilevante: "brevetti dovranno essere concessi per qualsiasi invenzione, sia che si tratti di prodotti o di processi, in tutti i campi della tecnologia, a condizione che presentino un carattere di novità, implichino un salto inventivo, e siano idonei ad applicazioni industriali".

La Commissione prontamente si è creata l'alibi di "diritto internazionale" scrivendo nella proposta di direttiva l'incomprensibile e irrazionale sillogismo degli articoli 3 e 4: gli Stati membri dovrebbero, così la Commissione, assicurare che "un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici sia considerata appartenente a un settore della tecnologia", e dovrebbero altresì assicurare che "affinché sia considerata implicante un'attività inventiva, un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici arrechi un contributo tecnico". In sintesi, tutti i programmi elettronici sarebbero idonei di applicazione industriale; e quindi brevettabili.

Il riferimento all'art. 27 TRIPS come base dell'obbligo per emanare la direttiva è maldestro, e totalmente ingiustificato. I programmi elettronici usati e considerati come software "di per sé" - non quelli che fanno parte di una indipendente invenzione "tecnica" - non hanno applicazione industriale: servono, per esempio, per scrivere articoli, per tenere la prima nota, per giocare a solitario, per scaricare e condividere musica, per creare l'album delle fotografie digitali del matrimonio di un parente. Di quali settori della tecnologia si sta parlando? Di quale applicazione industriale?

Subito dopo il voto di compromesso del Parlamento europeo, gli Stati Uniti "avvertirono" gli europei che se avessero seguito la rotta indicata dal loro Parlamento avrebbero violato il trattato TRIPS; e colsero l'occasione per ricordare agli europei che il "piano d'azione" del governo statunitense era quello di "promuovere l'armonizzazione internazionale della legge sostanziale dei brevetti" con lo scopo di "facilitare la protezione internazionale delle invenzioni dei titolari americani di proprietà intellettuale, con il rafforzamento dei loro diritti".

L'America agli americani, l'Europa agli europei Le leggi europee devono in primo luogo beneficiare gli europei. È scritto nel trattato istitutivo dell'Unione.
Programmi elettronici non hanno generalmente applicazione industriale, e spesso mancano di novità e salto inventivo. Contrariamente a quello che si pensa a Bruxelles, il software non è brevettabile (salvo in particolari, pacifiche circostanze). Lo dice proprio, a contrariis, l'art. 27 TRIPS che per ottenere un brevetto occorre soddisfare i criteri riportati nel trattato; criteri che i brevetti software non soddisfano. Allora, l'art. 27 TRIPS vieta la brevettabilità del software.

La presidenza olandese - essa stessa apparentemente poco rispettosa di solidi principi di governance - sostiene che il Parlamento europeo non si sarebbe conformato a "procedure consolidate" quando modificò, nel 2003, la proposta della Commissione, e che perciò le modifiche parlamentari potevano essere ignorate dal Consiglio. È vero che il Parlamento europeo - unico ente dell'Unione rappresentativo del popolo - non ha grandi poteri; però non al punto da sottrargli ogni facoltà di modificare proposte sottoposte al suo esame.

Bruxelles sostiene infine che la direttiva sui brevetti software sarebbe necessaria per rafforzare "la posizione concorrenziale dell'industria europea in rapporto ai suoi principali partner commerciali" ("considerando" 16, proposta di direttiva). L'argomento è assorbito da quello preliminare e pregiudiziale della brevettabilità o meno dei programmi per elaboratori. Comunque, non nuoce ricordare che nella metà del diciannovesimo secolo, la Germania escluse inizialmente i prodotti chimici da brevettabilità, e lo fece per non inibire l'industria chimica nascente tedesca dal copiare le invenzioni francesi e inglesi. Quando l'industria chimica tedesca passò al dominio dei mercati chimici, la Germania cambiò la sua legge e ammise la brevettabilità dei prodotti chimici.

Gli Stati Uniti esclusero, fino al 1891, le opere di autori stranieri da protezione di copyright, per non inibire gli americani dal copiare opere di autori inglesi. Quando la produzione letteraria americana raggiunse una propria importante dimensione, la limitazione contenuta nella legge sul copyright venne eliminata (ovviamente per evitare che "altri" facessero agli autori americani quello che questi avevano fatto loro).

Gli Stati Uniti hanno attualmente il dominio del software. Finché l'Europa non avrà una "sostanza" di software almeno pari a quella dell'America, essa non avrebbe comunque ragione di favorire gli "inventori" di software americani. Anzi, ha tutto l'interesse a lasciare che gli americani copino le poche "invenzioni" di software europee, e che gli europei copino le molte "invenzioni" di software americane. Ma, come detto sopra, questo è un discorso al quale non si deve neppure arrivare prima che sia stato stabilito se, in base ai principi fondamentali delle leggi sui brevetti, il software possa o no essere brevettato.

Tranne la grande industria che domina nel mercato del software - che è l'unica (con alcuni servili legislatori) a favorire i brevetti software (apertamente sostiene che solo pochi, potenti, dovranno accumulare quanti più brevetti software possibili) - la maggioranza dei governi europei, dei politici, dell'industria media e piccola, dei programmatori, degli studiosi, è contraria.

Il Parlamento olandese ha passato, in luglio 2004, una risoluzione in base alla quale ha istruito il governo a modificare la propria posizione da "favorevole" in "astensione". Tutti i quattro gruppi parlamentari tedeschi si sono detti contrari alla direttiva (ottobre 2004). La posizione italiana è stata inizialmente "contraria", poi di "astensione". Entità economiche di prestigio, come la Deutsche Bank Research e la PriceWaterhouseCoopers hanno dettagliatamente messo in risalto quali sarebbero le conseguenze negative di questa direttiva per l'industria IT europea, per l'innovazione, per la possibilità di raggiungere gli obiettivi di Lisbona.

Il fatto che il Consiglio abbia ipotizzato di fare passare la direttiva alla riunione del comitato sulla pesca denota il suo spregio per i cittadini d'Europa i quali hanno fatto sentire la loro forte voce contraria alla direttiva. Decisioni a livello settoriale - come usa al Consiglio d'Europa - sono da sempre oggetto di critica, per l'inerente pregiudizio che comportano. Una decisione inerente a proprietà intellettuale adottata dalla "formazione pesca" del Consiglio non sembra proprio adatta per una discussione equilibrata e competente sul tema.

I commenti sono esasperati. "Abbiamo vinto in Parlamento, ora il Consiglio ci nega la vittoria con manipolazioni e irregolarità. I 'Kuchma' della UE non amano la consultazione aperta". La vice-presidente della FFII osserva: "L'odore cattivo che viene da Bruxelles non proviene dai pesci".
I cittadini della nuova Europa chiedono efficienza, trasparenza, e democrazia (non colpi di mano). Se i politici europei non applicheranno i principi di buon governo, perderanno la loro legittimazione. "Visto il risultato, mi rammarico che degli alberi abbiano dovuto morire per produrre il libro bianco [della governance]", fu il commento di un euro-parlamentare.

Pare ora (19 dicembre 2004) che il Consiglio intenda rinviare la discussione alla primavera del 2005. La ragione: difficoltà tecniche nell'allestimento delle traduzioni. Certo, anche questo è un tema che l'Europa dovrà prima o poi affrontare Nessuna unione, o confederazione di Stati può sperare di raggiungere unità e coesione con venticinque, magari cinquanta, lingue diverse. Ne basterebbero probabilmente tre, preferibilmente quelle dei Paesi che originariamente costituirono l'Europa: non per diritto di primogenitura, ma perché sono lingue adatte al raggiungimento dello scopo "europeo".

Di N. W. Palmieri vedi anche:
La brevettabilità del software: perché non può funzionare - 1
La brevettabilità del software: perché non può funzionare - 2
 

* Avvocato - New York, Montreal 

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