Questa è una battaglia che non si può perdere. L'approvazione della Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo
di elaboratori elettronici", comunemente detta "sulla
brevettabilità del software" è la linea del Piave sulla quale l'Europa
gioca la sua indipendenza dall'industria americana. Non sono in gioco solo lo
sviluppo dell'industria europea, ma anche tutta la cultura, le idee, l'inventiva
che si accompagnano alla diffusione dei programmi informatici. E sono in gioco i
principi stessi della proprietà intellettuale e dei trattati internazionali che
ne hanno disegnato, da decenni, i confini (vedi I
brevetti software e il buon governo di Nicola Walter Palmieri). La
situazione è critica, ma non disperata, come si può leggere nell'articolo Ci sono ancora possibilità di fermare la proposta di
Florian Mueller, anche se l'iter del provvedimento sembra segnato. La prima
linea di difesa è appunto la riunione del Consiglio dei ministri competenti in
materia di caccia e pesca (sic!) che si terrà domani e dopodomani a
Bruxelles. L'approvazione, come scrive Mueller, dovrebbe avvenire "se non vi saranno opposizioni quando il presidente
della seduta ne farà menzione. Si tratta di unanimità passiva, o unanime
passività". Insomma, un mero passaggio burocratico: il presidente legge un
elenco col tono di chi deve sbrigare in fretta una noiosa e insignificante
incombenza, i partecipanti alla riunione non vedono l'ora che finisca... No.
Non deve andare così. Non si faccia passare la "posizione comune"
dicendo poi che in Parlamento si vedrà, si discuterà... il testo potrà essere
migliorato...
Al subdolo tentativo di mettere i ministri di fronte al fatto compiuto,
ignorando la decisione del Parlamento, si deve rispondere con un "no"
carico di indignazione. Il solo fatto che si tenti di far passare sottobanco,
in fretta e furia, un provvedimento di tale importanza, la dice lunga sulla
coscienza sporca di chi sostiene la tesi della "brevettabilità del
software". Alcuni si sono espressi contro, altri hanno detto che occorre
una riflessione più attenta. Esattamente il contrario di quello che si cerca di
ottenere con il colpo di mano del COREPER: evitare gli approfondimenti e le
discussioni che porterebbero a una profonda riscrittura, se non alla bocciatura
del testo. Di fatto la "posizione comune" non esiste, al di là dei
sofismi della burocrazia.
I ministri e i parlamentari europei devono ascoltare quello che dicono gli
esperti indipendenti, gli elettori, i rappresentanti dei settori produttivi
degli Stati membri. Devono resistere alle pressioni dei lobbyst
che si aggirano, arroganti o melliflui a seconda dei casi, nei corridoi dei palazzi comunitari (lobby, ricordiamolo,
significa appunto "corridoio"). Il nostro Ministro per l'innovazione
e le tecnologie ha espresso con molta chiarezza, in Italia, la sua contrarietà
alla proposta di direttiva (vedi, fra l'altro, il comunicato il
comunicato del 20 maggio). In Europa, chissà perché, si è astenuto. Ma
non si può andare avanti con i colpi alternati al cerchio e alla botte, è il
momento di prendere una posizione chiara e coerente.
Stanca informi della
situazione i suoi colleghi che a Bruxelles saranno chiamati a "non
disapprovare" la posizione comune, in modo che non si lascino ingannare
dall'apparente normalità della procedura. Di fronte a problemi di questa
importanza non ci si può distrarre.
Non è più il tempo dei distinguo e dei vedremo, dei "se" e dei
"ma": E' il tempo del "no".
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