"...sono intervenuti il prefetto Luigi De Sena, vice capo della Polizia di
Stato; il generale Arturo Esposito, Capo del II reparto del Comando Generale
dell'Arma dei Carabinieri; il generale Pasquale Debidda, Capo del III reparto
Operazioni del Comando Generale della Guardia di Finanza...".
Che succede? Guerre, sommosse, terrorismo? No, solo pirateria. Informatica.
Il bellicoso passaggio è parte di un comunicato della Presidenza del consiglio dei ministri che
riassume una riunione, il 26 scorso, del "Comitato per la tutela della
proprietà intellettuale".
E noi che pensavamo che la proprietà intellettuale fosse questione che
riguarda, appunto, gli intellettuali e, in qualche malaugurata ipotesi, anche
gli avvocati e i giudici...
Certo, gli illeciti in materia di proprietà intellettuale sono una cosa
seria. Ma, francamente, c'è qualche esagerazione nella convocazione di consigli
di guerra e nella decretazione d'urgenza per contrastare violazioni (o presunte
tali) della troppe volte rattoppata legge del 1941 sul diritto d'autore.
Come logica conseguenza, salgono le polemiche, fino a degenerare in baruffe di
comunicati (vedi l'anonimo UrbanBlob in questo
stesso numero).
A questo punto è difficile (e forse anche inutile) cercare di riassumere le
varie posizioni, confuse al punto che anche tra i "padroni delle
idee", ispiratori delle norme in discussione, si registrano divergenze e accuse.
Né può aiutare l'analisi del testo licenziato dalla Camera dei deputati in
sede di conversione del decreto-legge 72/04,
tristemente noto come "decreto Urbani": l'analisi di Paolo Nuti Nuove criticità nel testo approvato
dalla Camera non è la sola interpretazione possibile, tanto confuse sono le
disposizioni che modificano per l'ennesima volta la legge del 1941.
Il nuovo testo passa al Senato senza avere
accontentato nessuno e sono annunciati nuovi emendamenti che, con ogni
probabilità, renderanno impossibile la conversione in legge nei sessanta giorni
previsti dalla Costituzione. Così il provvedimento farà la fine che merita,
nel cestino della carta straccia.
Ma anche se diventasse legge così come è oggi, o se la Camera lo approvasse in
seconda lettura in tempo utile, il testo dovrebbe passare sotto le forche
caudine dell'Unione europea (vedi l'interrogazione di
Marco Cappato).
Il fatto è che non serve a nulla rattoppare le vecchie norme sul diritto
d'autore, pensate quando l'universo telematico e la digitalizzazione erano
impensabili. Le pressioni delle lobby di Bruxelles, che non cessano di spingere
per l'approvazione di direttive sempre più limitative dei diritti degli utenti,
e le fin troppo zelanti attuazioni del legislatore italiano hanno determinato un
quadro normativo inaccettabile. Non ci si capisce più nulla, forse perché i
legislatori stessi e i loro suggeritori sembrano non capire nulla di quanto sta
accadendo.
Duplicare un contenuto digitale è oggi così facile, così economico e così
naturale che nessun apparato repressivo può contrastare seriamente il fenomeno.
Le feroci disposizioni del decreto Urbani, e di altre disposizioni dello
stesso segno, possono solo complicare la vita degli operatori e ostacolare lo
sviluppo dell'economia della società dell'informazione.
Norme come quelle che sanciscono il diritto dell'utente di fare una copia
privata di un'opera (pagando, s'intende, balzelli vari sui supporti e sugli
apparecchi), e nello stesso tempo la sanzionano come illecita, sono il chiaro
indice della confusione che regna nella materia.
Il paradosso di questa situazione è nel fatto che per la protezione dei
legittimi diritti degli autori si calpestano gli altrettanto legittimi diritti
degli utenti. L'incapacità di risolvere il conflitto dei "diritti" si
traduce in un'offesa al Diritto, è il Diritto che contraddice se stesso.
E' necessario trovare soluzione nuove. Persino l'autorevole Committee for
economic development, che non è certo una banda di "pirati",
sostiene nel rapporto pubblicato pochi giorni fa Promoting
Innovation and Economic Growth: The Special Problem of Digital Intellectual
Property, che la responsabilità dell'attuale situazione è in buona
parte delle major dei contenuti e che occorre battere altre strade. E le
strade ci sarebbero, come ci spiega Marco Montemagno in Dalla
criminalizzazione alla legalizzazione del file sharing.
Per dirla in una semplice battuta, la musica è cambiata, si deve cambiare
musica.
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