I mille problemi della firma digitale
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di Gianluca Dalla Riva* - 31.01.02
4. La verifica della firma digitale
Un'esigenza fondamentale del documento sottoscritto con firma digitale è
che la verifica della sottoscrizione sia accessibile a chiunque, senza troppe
complicazioni. Vediamo come questo non è possibile per vari motivi.
Il documento digitale firmato si compone di una "busta elettronica",
definita dallo standard PKCS#7, in cui sono presenti vari elementi:
1. il documento informatico;
2. l'impronta del documento (hash) cifrata con la chiave privata del
sottoscrittore;
3. il certificato emesso dal certificatore che garantisce la relazione biunivoca
tra l'allegata chiave pubblica del sottoscrittore e la sua identità.
Al fine di effettuare una verifica è necessario che il programma sia in
grado di aprire la "busta elettronica" e, oltre ad utilizzare la
chiave pubblica del sottoscrittore al fine di poter decifrare l'impronta
cifrata del documento e confrontare quest'ultima con il documento stesso,
dovrà anche verificare la validità del certificato rilasciato dal
certificatore.
Questo passaggio è il più delicato perché a differenza di quanto molti
pensano, non è sufficiente che il programma verifichi che sia stata utilizzata
una chiave pubblica rilasciata da un certificatore abilitato, in quanto inserito
nella lista sottoscritta dal presidente dell'AIPA, ma occorre che il
certificato non sia stato revocato o sospeso o scaduto, quando il documento è
stato sottoscritto. L'art. 23, comma 5,
del testo unico sulla documentazione amministrativa è chiaro in proposito:
"L'uso della firma apposta o associata mediante una chiave revocata,
scaduta o sospesa equivale a mancata sottoscrizione".
Necessita dunque che il programma di verifica, sia in grado di accedere alla
lista dei certificati, scaduti, revocati o sospesi (CRL List), in modo da
informare subito l'utente che il certificato emesso non è più valido. In tal
caso le soluzioni sono almeno due:
a) il documento è stato sottoscritto con certificato che al momento della
sottoscrizione era già stato revocato e quindi la firma si ha per non apposta;
b) il documento è stato sottoscritto con certificato valido al momento della
sottoscrizione, ma poi successivamente invalidato. In tal caso chi vuol
utilizzare il documento ha l'onere di provare che il documento è stato
sottoscritto prima dell'evento di scadenza, revoca, sospensione
Il problema della compatibilità dei sistemi di verifica è stato seriamente
preso in considerazione dall'AIPA, nella circolare AIPA/CR/24 Linee guida per l'interoperabilità dei
certificatori, in cui è sottolineato il problema "Affinché la
diffusione della firma digitale possa avvenire in modo efficace occorre che i
documenti firmati da un soggetto mittente che utilizza i servizi offerti da un
certificatore possano essere letti e gestiti da un soggetto destinatario che
invece utilizza i servizi offerti da un altro certificatore. Se ciò non fosse
possibile, lo scambio di documenti elettronici potrebbe avvenire solo fra
soggetti che utilizzano uno stesso certificatore".
5. Modalità di verifica di un documento sottoscritto
Attualmente per verificare un documento informatico, posso usare due modi.
Posso utilizzare il programma di firma, al cui interno è predisposto un modulo
per la verifica del documento da me selezionato, cliccando sul pulsante di
verifica e il programma, tra le altre operazioni, si collega on line anche alla
lista CRL e controlla che il certificato sia ancora valido. Questa operazione di
controllo avviene anche ogni volta che sottoscrivo il documento, in modo che l'utente
sa sempre di utilizzare un certificato valido (la cui revoca o sospensione può
avvenire anche su istanza di un terzo o del certificatore stesso, art. 30 ss.
delle regole tecniche). Questo presuppone che sia sempre attiva la connessione
internet all'atto in cui eseguo la verifica, altrimenti non sarà possibile
per il programma collegarsi alla CRL.
Altra possibilità è data dalla verifica della firma direttamente sul sito del
certificatore, ma fino a oggi solo due certificatori hanno messo a disposizione
del pubblico la possibilità di verificare direttamente on-line la firma di un
documento informatico.
Questo tipo di soluzione è davvero ottimale, perché consente a tutti di
verificare un documento sottoscritto con firma digitale, essendo sufficiente un
PC collegato ad internet oltre, naturalmente, al software di verifica della
firma.
Problematica sembra invece la verifica off-line, cioè il caso in cui programma
di firma consenta di scaricare tutti i dati della lista CRL, affinché si possa
poi procedere alla verifica della sottoscrizione direttamente dal programma
senza collegarsi in rete, utilizzando i dati scaricati.
E' chiaro che tutto ciò non permette un perfetto allineamento con la lista
CRL a disposizione in rete e questo non garantisce una affidabile verifica del
documento sottoscritto.
6. Incompatibilità dei sistemi di verifica
Tuttavia in pratica i sistemi di verifica non sono ancora tutti
interoperanti, nel senso che per adesso sembra che i software di firma, che
vengono rilasciati da alcuni dei certificatori attivi, verifichino solo i
documenti sottoscritti con i propri certificati.
E' sufficiente a prova di ciò verificare il file LISTACER_20011213.ZIP
pubblicato dall'AIPA, contenente la lista dei certificati delle chiavi di
certificazione e firmato dal presidente dell'Autorità. Se si prova ad
effettuare la verifica con un programma di altro certificatore diverso da quello
rilasciato dal Centro tecnico della RUPA, che si trova sul sito AIPA, il
risultato è negativo.
La soluzione non sembra peraltro molto lontana, perché sarebbe sufficiente che
ogni sistema di verifica fosse in grado di collegarsi presso la CRL di ogni
certificatore, permettendo, almeno nella verifica, una totale compatibilità,
perché è impensabile che si possano ipotizzare tanti sistemi di verifica
quanti sono i certificatori.
Se i certificatori non provvedono (e l'AIPA potrebbe svolgere un'azione di
persuasione in questo senso) la diffusione su vasta scala della firma digitale
ritarderà ancora.
7. Accertare con certezza l'identità dell'utente
La verifica della firma digitale presuppone che il certificatore abbia
verificato "con certezza" (art. 28
del TU) l'identità dell'utente. Si tratta un problema fondamentale,
che dalla mia esperienza non sembra sia stato compreso né dai certificatori né
dall'AIPA. Basta leggere i manuali messi in rete e assistere alla propria
identificazione, per capire la superficialità con cui tale essenziale problema
viene affrontato da alcuni certificatori. Infatti per "accertamento con
certezza" viene intesa semplicemente una verifica delle generalità dell'utente
sulla base della carta d'identità e della tessera del codice fiscale. Ora, se
un truffatore volesse farsi rilasciare una firma digitale fasulla, avrebbe vita
fin troppo facile: basterebbe esibire una carta d'identità falsa, dato che
nessun controllo specifico viene poi eseguito sull'utente da parte degli
operatori incaricati dell'accertamento dell'identità.
Da un punto di vista strettamente giuridico, il significato dell'accertare
con certezza è stato oggetto di varie discussioni. Già la prima dottrina (Formazione,
archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici dpr.
10.11.1997 n. 513, Commentario a cura di C.M. Bianca, in NLCC, 2000, pag. 633,
sul punto V. Gagliardi p. 716) ha evidenziato come la locuzione richiami l'art.
49 l. 16.02.1913 n. 89, la cosiddetta "legge notarile": Il notaio
deve essere certo dell'identità personale delle parti e può raggiungere tale
certezza, anche al momento della attestazione, valutando tutti gli elementi atti
a formare il suo convincimento. In caso contrario il notaio può avvalersi di
due fidefacienti da lui conosciuti, che possono essere anche i testimoni".
Si impone cioè al notaio di accertare con certezza l'identità delle parti,
valutando tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento.
Ora il certificatore certifica la corrispondenza univoca del certificato dell'utente
con la sua identità (e non la paternità della sottoscrizione del documento
informatico firmato con tale certificato), con effetto erga omnes (salvo
revoca del certificato) e la relazione biunivoca chiave pubblica e identità
dell'utente, opponibile anche al titolare della chiave pubblica (art. 22 lett. n del TU). E' indubbio che
per questo aspetto il certificatore è un pubblico ufficiale o un incaricato di
un pubblico servizio, dato che la legge gli attribuisce poteri che sono tipici
della pubblica amministrazione. Ecco allora che la posizione del certificatore
si avvicina a quella del notaio, che identifica con certezza una delle parti
contraenti, ritenendo proponibile l'opzione interpretativa che individua una
volontà del legislatore di voler disciplinare la fase dell'identificazione
del certificatore, tenendo presente il rigore dell'attività notarile.
Tale conclusione non sembra inficiata da altra tesi (Ancora
sulla "certezza dell'identificazione" di Paolo Ricchiuto), che
distingue da una parte la certificazione operata dall'ente, che non può
considerarsi esaustiva ai fini dell'accertamento della identità del soggetto
che ha sottoscritto il documento informatico (che vale solo ex art. 2702 c.c.),
dall'altra il notaio, il cui accertamento dell'identità della parte e della
sottoscrizione avviene con pubblica fede. Mi sembra però che si sovrappongano
due piani diversi, da una parte l'accertamento dell'identità del soggetto
al fine di rendere certo il legame biunivoco con la sua chiave pubblica e dall'altra
la certezza della paternità del documento sottoscritto con firma digitale.
Ciò che accomuna certificatore e notaio è il fatto che entrambi compiono
una certificazione relativa all'identità di una data persona, con efficacia erga
omnes opponibile anche al titolare della chiave (con possibile revoca). Ora
tale relazione biunivoca è il presupposto base per poter compiere la verifica
di una firma digitale, ma di per sé non basta ai fini di determinare la
paternità del documento sottoscritto ex art. 2702 cc. Una cosa è disconoscere
la paternità del documento ex art. 2702 cc., altra cosa è mettere in dubbio la
corrispondenza biunivoca tra chiave pubblica e sottoscrittore.
Che infine il notaio abbia il potere ulteriore di dare pubblica fede alla
paternità della firma apposta su un documento, non rileva ai fini di stabilire
se notaio e certificatore compiono delle certificazioni opponibili ai terzi,
evidenziando quindi una analogia di fenomeni e quindi di normativa applicabile.
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