Firma digitale e antiriciclaggio nell'interpretazione
dell'UIC
di Paolo Ricchiuto* - 21.09.01
Dopo essere stato dibattuto sulle pagine di InterLex, il tema del rapporto
tra firma digitale e identificazione antiriciclaggio approda in una sede
istituzionale, grazie alla circolare n.
018527 emanata dall'Ufficio italiano cambi il 31.05.2001.
La premessa dalla quale parte l'UIC è che la disciplina del documento
informatico e della firma digitale, offre una eventuale soluzione semplificativa
al sistema di identificazione dettato dalla normativa antiriciclaggio.
E' sufficiente analizzare con attenzione i contenuti della circolare, per
rendersi conto che, nonostante le migliori intenzioni manifestate dall'estensore,
le soluzioni ipotizzate non fanno altro che appiattirsi sul dato normativo,
indicando strade che la legge già lasciava aperte da circa un decennio, ma che
nulla hanno a che vedere con le esigenze di snellezza connesse all'attività
sulla rete.
Risolto interpretativamente un problema, ed operato un già importante passo in
avanti, le soluzioni indicate appaiono però tanto intrise di "burocratica
pesantezza" da risultare probabilmente, impercorribili, e da concretare,
nella realtà operativa, un inevitabile..passo indietro.
Vediamo perché.
Il presupposto sul quale fonda tutta la circolare in commento, risiede nella
seguente presa d'atto: la legge impone agli intermediari il "contatto
fisico" con l'interessato, anche se attraverso diverse modalità.
Accanto all'ipotesi più semplice di identificazione diretta dell'utente, si
pone, fin dal 1991 (!), la possibilità che all'identificazione provveda
"personale incaricato", cioè a dire "soggetti legati all'intermediario
da un rapporto di lavoro subordinato ovvero da un rapporto di collaborazione
previsto dalla legge o da apposita convenzione, nella quale siano specificati
gli obblighi rinvenienti dalla L. 197/91 e dal DM 19.12.91" (così
recita il par. 1 Com. Min. Tesoro 05.06.92).
Parallelamente, è previsto (stavolta dal 1993!) un diverso meccanismo di
identificazione, relativo all'utente che fosse già titolare di un rapporto
continuativo presso altro intermediario abilitato: in tal caso quest'ultimo,
rilasciando la ormai famosa " idonea attestazione", avrebbe garantito
la possibilità di evitare all'intermediario che ne avesse la necessità l'adempimento
degli obblighi antiriciclaggio, potendo questo fruire indirettamente della
identificazione già operata da altro omologo ente (par. 3 D.M. 29.10.1993)
E' pertanto certamente corretto affermare che l'intero impianto normativo
sia fondato sul cardine ineludibile secondo il quale è sempre e comunque
necessario che vi sia una identificazione "fisica" dell'utente. Che
lo faccia l'intermediario direttamente, che lo facciano i suoi incaricati, o
che lo abbia precedentemente fatto un altro intermediario abilitato che attesti
l'avvenuta identificazione, ciò che conta è che..qualcuno abbia preso
contatto diretto con l'interessato.
Da qui i problemi, dei quali avevo parlato nei miei precedenti interventi,
con riguardo al rapporto tra questa regolamentazione, e quella dettata in
materia di firma digitale:
a) gli enti certificatori non rientrano nella categoria degli intermediari
abilitati, ed in quanto tali, non possono, neanche indirettamente, rilasciare
alcuna idonea attestazione dell'avvenuta identificazione del soggetto che
abbia richiesto la validazione della firma digitale. In altri termini: il
rilascio del certificato, in sé, non può assurgere al ruolo richiesto dalla
legge antiriciclaggio;
b) non esiste nella normativa relativa alla firma digitale alcun obbligo a
carico del certificatore, relativamente alle modalità con le quali lo stesso
debba preventivamente provvedere ad identificare l'interessato richiedente. La
norma parla semplicemente di "identificazione con certezza", ma nulla
dice sugli strumenti attraverso i quali il certificatore possa (e debba)
raggiungere tale certezza.
Se così è, l'eventuale tentativo di assimilare l'identificazione
operata dal certificatori a quella necessaria ai fini antiriciclaggio si
risolveva, a parere di chi scrive, in un forzato azzardo, pericolosamente
sganciato dalla corretta interpretazione delle norme (su questo punto la
radicale divergenza di opinioni tra il sottoscritto, ed Enrico Maccarone, vedi Norme antiriciclaggio e identificazione del
contraente, Che significa "identificare con
certezza"? e Ancora sulla "certezza
dell'identificazione").
E' proprio su questa linea che sembra essersi posto l'UIC con la sua
ultima circolare.
Nella stessa, infatti, si legge:
quanto al precedente punto a): occorre rilevare che, da un lato, l'attuale
normativa non presenta alcun richiamo alla L. 197/91 e successive modifiche in
termini di possibile utilizzo e semplificazione delle procedure e dall'altro,
qualora si ritenesse possibile l'uso di tale strumento per l'adempimento
degli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio, si verrebbero a
coinvolgere nell'identificazione prescritta dall'art. 2 della L. 197/91,
soggetti non appartenenti al settore degli intermediari finanziari e come tali
non destinatari degli obblighi antiriciclaggio;
quanto al precedente punto b): un raffronto puntuale delle norme
evidenzia che l'identificazione cui è tenuto il certificatore per il rilascio
della firma digitale non richiede il contatto fisico tra l'interessato ed il
certificatore; l'art. 22 co. 2 DPCM 08.02.99 (ora DPR 445/00), rimette infatti
al certificatore la scelta della procedura di identificazione che dovrà essere
riportata nel manuale operativo.
Così inquadrato il problema, l'UIC indica le proprie soluzioni cercando di
barcamenarsi in questo complesso e... blindato quadro normativo.
Ed allora, nell'ipotizzare il superamento degli ostacoli sub. a) afferma:i
criteri di applicazione delle disposizioni del D.M. 19.12.91 (emanati dal Min.
Tesoro e pubblicati sulla G.U.n. 131 del 05.06.92 - id est par. 1 Com. Min
Tesoro 05.06.92) specificano che la espressione "personale
incaricato" ricomprende ."i soggetti legati all'intermediario
da apposita convenzione nella quale siano specificati gli obblighi rinvenienti
dalla L. 197/91 e dal decreto di attuazione del 19.12.91" Se dunque è
vero che il certificatore non è un intermediario, è anche vero che lo stesso
può assurgere al ruolo di "soggetto incaricato" dall'intermediario
grazie ad una "apposita convenzione";
per superare gli ostacoli sub. b), la circolare specifica come "la firma
digitale può essere considerata strumento idoneo ad attestare l'avvenuta
identificazione nelle operazioni a distanza, qualora sia assicurata la
rispondenza della procedura di identificazione, e delle successive fasi di
rinnovo, sospensione o revoca del certificato, ai principi generali in materia
di antiriciclaggio. In sostanza il certificatore deve: - prevedere nel manuale
operativo che il procedimento di identificazione avvenga alla presenza del
cliente e nel rispetto di tutti i requisiti prescritti in materia dall'art. 2
L. 197/91; - garantire la diffusione del provvedimento di revoca o di
sospensione, nonché verificare, nella fase del rinnovo del certificato, l'identità
del cliente"
Alla luce di tali ragionamenti, ecco dunque la soluzione dell'UIC: l'intermediario
può avvalersi della identificazione effettuata dal certificatore, previa
stipula di un'apposita convenzione tra intermediario e certificatore, in cui
quest'ultimo si impegni ad effettuare l'identificazione in conformità degli
obblighi previsti dalla disciplina antiriciclaggio.
Un passo in avanti: avevo parlato, nei miei precedenti interventi,
di un buco normativo, laddove la legislazione sul documento informatico non
prevedeva alcunché in ordine alle modalità di "identificazione con
certezza" dell'utente da parte del certificatore. Sotto questo profilo, l'interpretazione
dell'UIC consentirebbe, in via squisitamente ermeneutica, di colmare quella
falla, dando contenuto analitico agli adempimenti che devono rifluire nei
manuali operativi degli enti. Seppure proveniente da istituzione non esattamente
consona (atteso che il problema, in realtà, aveva ed ha un respiro ben più
ampio, che riguarda la validazione della firma digitale in sé, e non soltanto
la esaustività della detta validazione a fini della normativa antiriciclaggio),
la soluzione ipotizzata dall'UIC rappresenta un segno importante, avendo il
ruolo di una sorta di presa di coscienza dell'esistenza del problema, ed
attestando, implicitamente, il fallimento delle soluzioni paventate nella
discussa circolare UIC del 30.01.2000 sull'identificazione a distanza.
Un passo indietro: Come spesso accade, la strada tracciata dall'Ufficio
italiano cambi non sembra però fare i conti con la realtà.
E' realmente immaginabile che tutte le singole istituzioni finanziarie
(banche,SIM, società emittenti carte di credito, compagnie di assicurazione
etc. etc.) stipulino delle "apposite convenzioni" con i vari enti
certificatori da considerarsi valide a norma della L. 197/91?
E' veramente ipotizzabile che gli enti certificatori assumano oneri tanto
pressanti quali quelli indicati dalle norme operative in materia di
antiriciclaggio, rendendo "motu proprio" più gravosi i manuali
operativi, e prevedendo addirittura, come chiede l'UIC, che nella fase di
rinnovo del certificato vengano nuovamente effettuate le operazioni di
identificazione?
Basta dare un scorsa ai detti manuali, relativamente ai certificatori già
iscritti all'elenco dell'AIPA, per rendersi conto che le strade intraprese
sono ben diverse, decisamente più snelle, e.poco inclini a fissare
adempimenti dalla portata pratica eccessivamente articolata.
Risultato: con ogni probabilità le "apposite convenzioni" non
verranno stipulate, i manuali operativi non verranno modificati e dunque l'intemediario
che debba procedere all'identificazione antiriciclaggio di colui che
sottoscriva on line con firma digitale (ad esempio, la richiesta di apertura di
un c/c on line) si ritroverà di fronte al bivio iniziale: quella firma è
valida ai fini del rispetto della legge antiriciclaggio?
Fatto un passo avanti, ed uno indietro. si ritornerà al punto di partenza.
L' apprezzabile volontà di affrontare i problemi da parte dell'UIC, si
risolve, pertanto, ancora una volta, in un inane ed irrealistico (o meglio,
lontano dalla realtà) tentativo di svincolarsi da quella sorta di inevitabile
"imbavagliamento" operativo che trova la sua unica origine in un
quadro normativo obsoleto e disorganico.
L'ho scritto in varie occasioni, e continuo a ripeterlo: il problema sta
nella legge.
Basterebbe una integrazione dell'art. 28 del DPR 445/00 , che dia sostanza al
concetto di "identificazione con certezza", affiancata da una
specificazione esplicita della utilizzabilità della firma digitale ai fini del
rispetto della legge antiriciclaggio (eventualmente con un aggiornamento della
ultradecennale normativa operativa dettata dalla L. 197/91 e successive
modifiche).
Senza questo ineludibile intervento a monte, continueremo a discettare (gli
osservatori, le istituzioni preposte, i disorientati operatori del settore),
brancolando alla ricerca di alchimie interpretative che rischiano di avvitarsi
su sé stesse, allontanandosi da una soluzione del problema, che sia al contempo
fattibile dal punto di vista operativo, in linea con le esigenze dell'e-business,
ma anche doverosamente conforme al dettato normativo.
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