SOMMARIO
Introduzione di Costantino Ciampi
1. Cos'è e cosa non è la democrazia elettronica di
Patrizia Dal Poggetto
2. Reti telematiche e propaganda. Tra libertà di
manifestazione del pensiero e tutela dell'individuo di Francesca Angelini
e Sebastiano Faro
3. Diritto d'autore e nuove tecnologie di Sandro Di
Minco
4. Diritti di libertà sulle "autostrade
digitali" di Maria Antonietta Laura Mazzola e Rosanna Ortu
Introduzione di Costantino Ciampi
Al termine di un corso per borsisti CNR e giovani laureati in giurisprudenza
organizzato - tra il maggio e il giugno di quest'anno - dall'Istituto per la
documentazione giuridica di Firenze sul tema delle "Nuove tecnologie
dell'informazione e diritto", ho proposto ai corsisti di partecipare,
insieme con me, al Forum multimediale di Roma (28 giugno) sui problemi
giuridici della società dell'informazione con un contributo "a più
mani". Intendevo coordinare un intervento unitario, da preparare dopo una
preliminare fase di monitoraggio delle notizie e dei dibattiti che s'intrecciano
tra gli utenti di Internet sulle problematiche di fondo del programmato Forum,
alla ricerca delle opinioni prevalenti dei protagonisti dell'attuale rivoluzione
telematica su due problemi speculari: se e, in caso affermativo, in che misura
il cosiddetto "ciberspazio" dovrà essere regolato da norme
giuridiche, e quali diritti di libertà riconoscere ai cittadini di questo nuovo
spazio virtuale.
L'adesione è stata immediata, com'era facile prevedere. I partecipanti al
corso, infatti, erano rimasti abbastanza incuriositi dalla presentazione di
Internet e dei nuovi servizi telematici aperti all'utilizzo dei giuristi (in
particolare avevano potuto sperimentare, durante le lezioni, la nuova Guida
nel ciberspazio per giuristi, da me allestita nell'ambito del WWW Server
dell'Istituto per la documentazione giuridica di Firenze all'indirizzo
elettronico: http://www.idg.fi.cnr.it/ciampi/ cs_guide.htm), e si
sentivano adeguatamente motivati a sperimentare dal vivo una
"navigazione" a vista nell'oceano di informazioni di questa smisurata
"rete di reti".
Ma, in sostanza, tralasciando ogni metafora, cosa chiedevo a coloro che
avevano aderito al mio invito? Proponevo semplicemente di mettere a frutto le
nozioni appena apprese nel corso - dedicato per larga parte all'uso delle reti
telematiche e in particolare ad Internet -, e di cimentarsi nella ricerca di
fatti e commenti di natura giuridica sugli argomenti propri del Forum
multimediale, allo scopo di individuare spunti interessanti per i loro
interventi personali.
Il piano di lavoro comprendeva: 1) la ricerca e la lettura dei più recenti
articoli di riviste giuridiche consultabili in forma digitale su Internet; 2) la
selezione, tra le circa 7.000 conferenze virtuali che attualmente si svolgono su
tale rete, di alcune decine di "liste di discussione" d'interesse per
le tematiche da analizzare, l'iscrizione tramite posta elettronica a queste
ultime, in attesa di ricevere nella propria mail-box gli interventi da
esaminare; 3) la lettura e la selezione delle notizie pertinenti alle tematiche
del Forum sulle "bacheche elettroniche" sparse in vari nodi
della rete; 4) l'individuazione dei siti Internet più interessanti, contenenti
la documentazione giuridica di settore e la preparazione di eventuali domande da
porre alle banche dati e agli esperti internazionali raggiungibili tramite il
collegamento via rete.
L'attività più dispendiosa, dal punto di vista del tempo, è stata quella
di raccogliere, selezionare e leggere i messaggi, le notizie e le informazioni
che sugli argomenti più disparati si scambiano i "cibernauti" di
tutto il mondo, oltre 40 milioni di persone che comunicano, nell'arco delle 24
ore, nell'ambito dell'immensa ragnatela telematica costituita da Internet. In
poco più di tre giorni di monitoraggio effettivo (il massimo consentito dalla
ristrettezza dei tempi), ho selezionato quasi 1.000 messaggi pertinenti, la cui
lettura è servita a far concentrare l'attenzione dei corsisti su quattro
tematiche: a) la democrazia elettronica; b) reti telematiche e
propaganda politica; c) diritto d'autore e nuove tecnologie; d) diritti
di libertà sulle "autostrade digitali".
Molti altri argomenti, per motivi di tempo, sono stati scartati. Tra questi
vorrei ricordare, a solo titolo esemplificativo, giacché l'intero elenco
occuperebbe numerose pagine: 1) le discussioni sui problemi tecnici e giuridici
della crittografia, per assicurare maggiore sicurezza e riservatezza nella
comunicazione telematica (sollevate dal caso delle indagini della CIA
sull'inventore americano di un metodo crittografico a doppia chiave - pubblica e
privata - che ha avuto l'idea di mettere a disposizione gratuitamente sulla rete
il relativo software); 2) il problema della responsabilità dei gestori
delle BBS per il contenuto delittuoso degli atti e dei messaggi scambiati sulle
proprie reti e caselle elettroniche, tema d'attualità anche in Italia, in
seguito alle note vicende giudiziarie ricordate anche negli interventi di Carlo
Sarzana e di Andrea Monti presentati al Forum multimediale (il dibattito
su Internet, in realtà, era alimentato dalla recente sentenza di una Corte
americana sul noto servizio telematico Prodigy, equiparato nella
decisione giudiziaria, sotto il profilo della responsabilità dei gestori, ad
una testata giornalistica); 3) il problema del dilagare della pornografia e
delle molestie sessuali sui nuovi media telematici, le proposte di leggi
statunitensi indirizzate a criminalizzare il fenomeno e le contrarie campagne,
volte a raccogliere firme di protesta, promosse da varie associazioni e
individui per bloccare le iniziative del Congresso e delle assemblee legislative
statali.
Data la necessità, per motivi di tempo, di limitare le nostre riflessioni
solo a pochi argomenti e di trascurare l'approfondimento dell'analisi, lo scopo
originario del nostro intervento cos~ì programmato potrebbe considerarsi non
pienamente raggiunto; lo proponiamo, tuttavia, ugualmente, per rendere evidenti
i risultati di un'esercitazione di gruppo che ha messo in grado i partecipanti
di confrontare utilmente le proprie opinioni con quelle di giuristi e cittadini
di altri mondi e civiltà giuridiche. E ciò non tanto per introdurre i
risultati della nostra riflessione comune sui concreti argomenti prescelti nel
nostro intervento, quanto per sottolineare la novità e l'efficacia del metodo
seguito per costruirlo. In altre parole, crediamo che la comunicazione della
nostra esperienza, benché limitata, possa servire a sensibilizzare i giuristi
presenti al Forum multimediale (operatori teorici e pratici del diritto)
all'affascinante realtà dei servizi Internet, nella consapevolezza che il
"futuro" della comunicazione digitale è già iniziato anche in Italia
e che occorre prepararsi, innanzi tutto culturalmente, per affrontarlo.
I giuristi italiani, in effetti, non sono digiuni di informatica e telematica
grazie soprattutto all'opera pionieristica dei magistrati impegnati nel Sistema
Italgiure, e ai risultati positivi conseguiti presso altri centri pubblici di
informatica giuridica (quelli, in particolare, del Parlamento, dell'Istituto
Poligrafico dello Stato e dello stesso Istituto per la documentazione giuridica
del CNR, che qui il nostro gruppo rappresenta).
Anche l'editoria privata è stata molto solerte in Italia ad utilizzare le
nuove tecnologie dell'informazione ed ha introdotto nel mercato
dell'informazione giuridica una serie di prodotti su CD-ROM molto validi. Si
pensi alla raccolta di legislazione vigente curata dalla De Agostini, o ai
numerosi repertori su supporto elettronico di legislazione, giurisprudenza e
dottrina curati da Giuffré, Zanichelli, Ipsoa, Buffetti e da numerose altre
case editrici.
L'importante è che ora gli operatori giuridici si preparino ad un salto
qualitativo imparando a navigare nel mare magnum di Internet, dopo
l'apprendistato nell'uso delle nuove tecnologie fatto con Italgiure-Find,
Guritel, i sistemi informativi di Camera, Senato e CNR, con le banche dati su
CD-ROM e con quant'altro è entrato a far parte della routine operativa del
giurista italiano, impegnato a documentarsi adeguatamente.
Il giurista italiano - occorrerà domandarsi consapevolmente - resterà
escluso di fatto da queste nuove "autostrade dell'informazione", da
questi percorsi, dovrà forse pagare particolari pedaggi a differenza dei suoi
colleghi stranieri, o diventerà soggetto attivo nelle diverse "agorà"
del "villaggio globale" in cui si sta tramutando il nostro vecchio
pianeta? Interrogativi di questa portata non possono lasciare insensibili i
qualificati partecipanti all'assise di Roma, i massimi responsabili della
politica scientifica del CNR e i nostri stessi governanti, che dovranno porsi
presto e seriamente il problema di come assicurare un equilibrato sviluppo delle
nuove risorse anche a vantaggio degli operatori del diritto.
1. Cos'è e cosa non è la democrazia elettronica di Patrizia Dal
Poggetto
"What is and what is not electronic democracy" è una
domanda che circola di frequente su Internet. Ad essa sono state date molteplici
risposte, sia in modo esplicito che implicito ed alcune conferenze virtuali
hanno affrontato la stessa questione.
Viene allora spontaneo chiedersi il perché di tanto interesse se è vero,
come è vero, quello che da alcuni anni si va ripetendo, e cioè che Internet,
la rete delle reti, è un "mezzo" fondato su un unico principio
ispiratore: la libertà di tutti.
Libertà intesa nella sua accezione forse più ampia, come possibilità di
ciascun individuo - senza distinzione di sesso, razza, opinioni politiche, ecc.
- dotato di "modesti" mezzi tecnici (un personal computer, un modem ed
un telefono), di diffondere le proprie idee, di colloquiare nel mondo con
individui di altre etnie, di espandere le proprie conoscenze senza uscire da
casa.
La libertà di navigare (o, come è stato più efficacemente espresso, di
immergersi) in un mare di informazioni non più veicolate in pesanti supporti
fisici, quali libri, riviste e giornali, bens~ì trasmesse sotto forma di
segnali elettronici (bit). Chi vi si immerge non è semplicemente un
"recettore passivo", ma è in grado di intervenire attivamente nella
realtà sociale. Negli Stati Uniti, che sono assai più avanti di noi in questo
campo, si stanno diffondendo iniziative popolari per intervenire in prima
persona nella fase di redazione di un testo legislativo.
Non è forse questa una delle forme più elevate di democrazia? La domanda
richiede una prima riflessione su cosa sia una democrazia. A questo punto è il
mio vecchio Devoto-Oli (un "atomo" lo definirebbe il guru
americano del MIT, Nicholas Negroponte, nel suo ultimo libro "Essere
digitali", apparso in traduzione italiana, presso Sperling & Kupfer
Editori, nel marzo 1995) a venirmi in aiuto.
Democrazia, si legge, è "una forma di governo fondata su una visione
egualitaria dei rapporti sociali e dei diritti politici esercitata dal popolo
direttamente. Interrompo la lettura e mi chiedo: ma allora, se è vero che
Internet assicura la massima libertà di espressione delle idee, come mai vari
messaggi che ho intercettato sulla rete erano favorevoli ad un intervento
governativo che esprimesse precise regole di controllo e di gestione della rete?
Che forse abbia veramente ragione Negroponte quando dice che "troppa libertà
può avere effetti negativi"?
Gli argomenti portati a sostegno della tesi che guarda con favore ad un
intervento governativo non provengono certamente da nostalgici del totalitarismo
o di forme accentuate di statalismo.
In realtà, la situazione non è poi cos~ì idilliaca come appare, a causa
della scesa in campo dei "profit-seekers", cioè di coloro che,
spacciandosi per altruistici diffusori di cultura, vorrebbero sfruttare le
illimitate potenzialità dei collegamenti telematici per trarne i massimi
profitti economici.
In un articolo pubblicato su "The Washington Monthly" di
giugno '95 (il cui testo integrale appare su http://www.clark.net/pub/rothman/update3.html
con ampi riferimenti ipertestuali aggiunti) Joshua Wolf Shenk stigmatizza il
comportamento delle compagnie telefoniche private che pubblicizzano le enormi
potenzialità della telematica, tra le quali l'insegnamento interattivo a
distanza e la telemedicina. L'obiettivo apparente che si propongono di
raggiungere è favorire l'avvicinamento delle persone mettendo in luce i loro
aspetti migliori; l'obiettivo reale è, viceversa, di ben altra natura: lo
sfruttamento a scopi esclusivamente commerciali delle autostrade informatiche.
Quest'articolo esprime una forte critica a questa forma di
"innaturale" sfruttamento delle reti ed un invito al governo americano
affinché rallenti questa corsa sfrenata.
Come un fiume, Internet si è mossa all'inizio lentamente in un ristretto
ambito scientifico riservato a pochi iniziati, per poi espandersi velocemente ed
in modo incontrollato quando è entrata in contatto con il mondo economico.
Agli albori della comunicazione via rete sarebbe stato assai più facile di
adesso convogliarla nelle zone desiderate, impedendo in tal modo quel processo
di straripamento che - sebbene già iniziato - non ha ancora raggiunto la sua
massima estensione.
Per questo motivo coloro che avvertono più forte il problema di arginare
Internet (o meglio di regolamentarla) sperano che ciò avvenga il più presto
possibile. L'intervento governativo dovrebbe servire, secondo Ronda Hauben (ronda@panix.com)
ad impedire di diventare preda degli appetiti delle grandi società commerciali.
Non tutti, però, sono dello stesso avviso. Tra questi L. Detweiler, il quale
ripone ampia fiducia nello sviluppo della democrazia elettronica mediante
Internet, senza necessità di un intervento del Governo, che ha rappresentato,
fino a questo momento, uno dei maggiori ostacoli al suo fiorire. Vi è ancora
chi, come J. Lehmann (jrl@spectrix.sbay.org), ritiene sufficiente un
modesto intervento nella giusta direzione per raggiungere l'obiettivo di una
"communication ... cheap and free, everywhere".
I fautori della regolamentazione non intendono affatto porre delle
limitazioni all'utilizzo di Internet; al contrario, auspicano una diffusione
ancora più capillare di quella attuale. Ma sulle modalità di raggiungimento di
questo obiettivo le opinioni divergono. Sempre secondo J. Lehmann, ciò sarebbe
possibile sfruttando diversamente l'attuale livello tecnologico, con un migliore
utilizzo delle linee su doppino telefonico, senza necessità di attendere la
disponibilità dei futuri canali in fibra ottica. Lo sviluppo di Internet
verrebbe cos~ affidato inizialmente alla diffusione capillare delle forme di
comunicazione più semplici (tipo E-mail). Il passaggio successivo a
quelle più complesse (tipo ftp-by-email) avverrebbe gradualmente per
l'effetto "snow-ball" provocato dalla naturale curiosità ed
intraprendenza degli utenti.
Con l'accesso ad Internet degli "ordinary people" diverrebbe
assai più impellente la soluzione di due problemi che agitano il mondo delle
reti: (a) un uso più misurato del sistema per evitare lunghe code; (b) la
riservatezza della posta elettronica.
Alla tesi accolta da J. Lehman si contrappone chi affida interamente alla
realizzazione delle autostrade informatiche il futuro della comunicazione
telematica.
Ma è proprio questo nuovo strumento ad altissimo contenuto tecnologico a
comportare problematiche giuridiche di difficile soluzione ed in particolare a
rappresentare, secondo alcuni, il più grave pericolo per la democrazia
elettronica.
La questione è attualmente all'esame del Congresso degli Stati Uniti, che
sta elaborando il più imponente progetto di riforma del settore delle
telecomunicazioni dal 1934. Il progetto di legge originario, approvato dalla
Camera, ma bocciato dal Senato, si ispira a due principi fondamentali: "common
carriage" e "open architecture". In sostanza, il primo
impedisce ai gestori della rete di praticare tariffe differenziate a seconda del
tipo di utente; mentre il secondo consente il collegamento diretto degli utenti
della rete senza il passaggio obbligato da un nodo centrale controllato.
Il progetto del Senato degli Stati Uniti, che si dice ispirato dalle grandi
compagnie di telecomunicazioni, privilegia la "deregulation", con
questa motivazione: sarà la libera concorrenza tra gli operatori ed il potere
di scelta degli utenti a far produrre servizi sempre migliori a prezzi sempre più
bassi.
La prospettiva di una libera concorrenza è certamente, tra le due, l'ipotesi
più allettante; peccato, sembra dire l'autore dell'articolo pubblicato su The
Washington Monthly sopra menzionato, che la realtà sia ben diversa da come
viene disegnata. Infatti per i prossimi 10-15 anni solo le società di
telecomunicazione attualmente esistenti potranno operare sul mercato. In
pratica, si avrà un regime di monopolio esteso non soltanto alla gestione della
rete ma anche al controllo ed al possesso di ciò che in essa viene trasmesso.
Come si vede la domanda prospettata all'inizio su cosa sia la Democrazia
Elettronica (e quale sarà il suo futuro) non è poi, contrariamente alle
apparenze, così peregrina.
Questo mio intervento non ha certamente la presunzione di fornire una
risposta a questo vasto e complesso problema. Tuttavia, non posso non far
riferimento al mio vecchio "atomo" che sotto la voce Democrazia
cos~ì prosegue "quella forma di governo esercitata dal popolo
direttamente, o più spesso indirettamente, per mezzo di rappresentanze
elettive".
Il potenziamento degli attuali organi direttivi di Internet unito ad una
maggiore rappresentatività degli stessi potrebbe essere una via percorribile
per impedire che in futuro alla domanda cos'è la Democrazia Elettronica non si
debba rispondere: una mera illusione.
2. Reti telematiche e propaganda. Tra liberta' di manifestazione del
pensiero e tutela dell'individuo di Francesca Angelini e Sebastiano Faro
2.1. E' in corso un dibattito, del quale è possibile cogliere ampia traccia
su Internet, sul tema dell'identificabilità di coloro che trasmettono messaggi
attraverso i servizi di comunicazione on line con gruppi (listgroup,
newsgroup) e singoli (e-mail).
Così se c'è chi si collega alla rete con il proprio nome, c'è anche chi lo
fa usando pseudonimi o anonimamente.
In particolare, A. Greig (University of Abertay Dundee) ha recentemente
sollevato su Internet il problema del cd. "pseudospoofing", cioè
dell'uso di un nome - o di altri elementi di identificazione della persona - di
fantasia, ma assolutamente credibili, che vengono presentati come veritieri.
Se di fronte all'uso di uno pseudonimo chiaramente riconoscibile come
tale o dell'anonimato vi è da parte del destinatario del messaggio una maggiore
"diffidenza" verso i contenuti di quest'ultimo, la tecnica di pseudospoofing
(una forma di "active deception") consente di prospettare in modo
credibile idee ed opinioni.
2.2. Il problema dell'uso di una falsa identità può acquisire particolare
rilevanza sotto vari aspetti: a livello più generale, richiama valori etici
prima ancora che giuridici e quindi il dibattito su quelle regole di correttezza
che rappresentano attualmente l'unica forma di regolamentazione dell'accesso e
dell'uso del ciberspazio; più specificamente, può assumere rilievo in
relazione alle ipotesi di conclusione di contratti o anche di commissione di
reati attraverso reti telematiche (grande interesse suscita, ad esempio negli
Stati Uniti l'ipotesi di uso delle reti a fini di propaganda sovversiva da parte
di organizzazioni terroristiche).
2.3. Il fenomeno (quello dello pseudospoofing in particolare) merita
attenzione anche in riferimento alla possibile utilizzazione delle reti
telematiche a fini di propaganda politico-elettorale, per quella attività, cioè,
che è insieme di informazione e di persuasione, che, nel periodo
immediatamente precedente la consultazione elettorale è tesa ad influire sulla
espressione della volontà elettiva e deliberativa dei cittadini.
Il tema della disciplina della propaganda politica veicolata attraverso i
mezzi di comunicazione di massa è in questo momento di grande attualità in
Italia: può essere questa l'occasione di considerare l'opportunità di una
regolamentazione delle forme di propaganda che possono realizzarsi attraverso le
reti telematiche? (Almeno nella fase della campagna elettorale, periodo
particolarmente delicato nel quale è essenziale garantire la più ampia
attuazione del diritto di informazione, quale diritto ad informare e ad
essere correttamente informati).
La tutela della libertà di scelta del singolo da indebite ed eccessive
pressioni che possano provenirgli dall'esterno e la garanzia di pari opportunità
di accesso ai mezzi di informazione per i soggetti politici in competizione sono
le ragioni che rendono cos~ì pressante il problema della regolamentazione della
propaganda radiotelevisiva di partiti e candidati, ragioni che possono
riproporsi anche in relazione all'utilizzo delle reti telematiche.
2.4. Nel caso si ritenga opportuna la regolamentazione, le strade
percorribili sembrano essere due: autodisciplina o "eteroregolamentazione"
statale.
Sotto il primo profilo interessanti spunti di riflessione offre la
"Ipotesi di codice di autodisciplina per la comunicazione telematica"
presentata da Giuseppe Corasaniti. Di particolare rilievo risulta per la materia
che ci interessa la previsione dell'articolo 7 che richiede pari trattamento e
pari opportunità per i fornitori di informazioni e per i soggetti
interconnessi.
Potrebbero poi ipotizzarsi: in deroga alla previsione dell'articolo 2,
l'obbligo di comunicazione della propria identità e recapito (previa verifica
della veridicità di tali dati da parte del gestore) per tutti coloro che
immettono in rete messaggi di propaganda elettorale ed inoltre lo studio di
forme di controllo, affidate ad organi di autodisciplina, di tali messaggi
(analogamente a quanto è proposto in materia di pubblicità commerciale).
Una regolamentazione statale sarebbe, d'altro canto, in primo luogo,
pienamente legittima: l'attività di propaganda è una forma di manifestazione
del pensiero, come tale tutelata dall'articolo 21 della Costituzione, ma la
Corte costituzionale (sentenza n. 48 del 1964) ha riconosciuto la legittimità
di interventi legislativi di disciplina delle forme di propaganda, in quanto, in
tal modo, si regola esclusivamente l'esercizio del diritto di libera
manifestazione del pensiero, non intaccando la sostanza del diritto stesso.
Un ruolo importante potrebbe svolgere in questo settore una Autorità
Indipendente, una Autorità Garante, cioè, le cui decisioni in una materia cos~ì
delicata, sono sottratte alle scelte delle maggioranze di governo. Più
incisivo, poi, potrà essere il ruolo da questa svolto se le verranno attribuiti
non esclusivamente compiti di accertamento della violazione di divieti
formali (con i relativi poteri inibitori) ma anche, più in generale, una
funzione propositiva, di raccordo fra le esigenze dei gestori e quelle
dei soggetti fornitori di informazioni e dei soggetti interconnessi.
Indubbiamente, però, occorrerà preliminarmente chiedersi se una
soddisfacente regolamentazione della propaganda possa immaginarsi al di fuori di
una più ampia considerazione e regolamentazione complessiva della comunicazione
telematica.
2.5. La nascita, alla fine degli anni Settanta, delle emittenti televisive
private ha fatto segnare una svolta di fondamentale rilievo nel modo di
comunicare la politica (e più in radice nel modo stesso di fare politica e
anche di intendere la partecipazione democratica). Una svolta che si è
concretizzata in un ampliamento notevolissimo delle possibilità espressive dei
soggetti politici ed in una maggiore incisività e costanza nel tempo dei
contatti di questi con i cittadini elettori.
Per la fine degli anni Novanta si prospetta una nuova - probabilmente ancora
più incisiva - svolta (la democrazia elettronica), i cui primi segni si
colgono ampiamente in alcuni Paesi (Francia e Stati Uniti in testa) suscitando
già riflessioni sulle prospettive future.
Il nostro legislatore ha, in verità, dimostrato fino ad ora scarsa
sensibilità verso questo tema: la legge n. 515 del 1993, recante norme per la
disciplina delle campagne elettorali, non si occupava in alcun modo, nella parte
relativa alla regolamentazione della propaganda elettorale, delle reti
telematiche, caratterizzandosi, quindi, come non pienamente adeguata alla
attuale dinamica della competizione politico elettorale.
L'esperienza che l'Italia si è trovata e si trova tuttora a vivere in tema
di disciplina della propaganda elettorale radiotelevisiva fa s~ che il nostro
Paese si trovi attualmente in una situazione di grande attenzione al problema più
generale del rapporto fra informazione e propaganda politica: potrebbe essere
questo il momento giusto per affrontare anche il tema che si è brevemente
delineato.
3. Diritto d'autore e nuove tecnologie di Sandro Di Minco
Il punto 3 della bozza di "codice di autodisciplina per la comunicazione
telematica" proposta da Giuseppe Corasaniti, introduce in questo Forum
il tema del diritto d'autore ed in particolare la necessità di predisporre
strumenti che ne assicurino, nella società dell'informazione, un'adeguata
tutela.
L'argomento è quanto mai attuale; infatti, a partire dal Libro Verde "Il
diritto d'autore e le sfide tecnologiche - Problemi di diritto d'autore che
richiedono un'azione immediata", si assiste ad un interessante
dibattito in materia.
A tale proposito è opportuno richiamare alcuni passaggi fondamentali di tale
dibattito, con particolare riferimento a come esso si è andato sviluppando in
seno a talune sedi particolarmente qualificate.
Infatti, negli ultimi tempi vi sono stati almeno tre momenti fondamentali di
studio ed approfondimento dedicati all'argomento introdotto:
- il 26 maggio 1994 la Commissione Bangemann ha presentato al Consiglio
d'Europa il Rapporto "L'Europe et la société de l'information planétaire
- Recommandations au Conseil de l'Europe" (http://www.earn.net/- EC/bangeman.html);
- il 2 giugno 1994, in Francia, la Commissione presieduta dal prof. P.
Sirinelli ha presentato il Rapporto "Industries culturelles et nouvelles
techniques" (La Documentation Fran‡aise - Paris, 1994) elaborato su
incarico del Ministero della Cultura e della Francofonia, con il compito di
affrontare in particolare il quesito circa la necessità di riformare il diritto
d'autore in relazione alle nuove tecnologie;
- dal 1. al 3 giugno 1994 al Louvre di Parigi si è svolto il "Colloque
mondial de l'OMPI sur l'avenire du droit d'auteur et des droits voisins"
dedicato anch'esso alle nuove tecnologie.
Senza alcuna pretesa di completezza, s'intende qui introdurre, in chiave
problematica, solo alcune delle questioni giuridiche d'un certo interesse emerse
nelle sedi sopracitate.
Innanzitutto è stato fatto rilevare come la diffusione delle nuove
tecnologie, in particolare della tecnica digitale, ponga problemi (in tema di
diritto d'autore) non solo con riferimento al momento della circolazione
dell'opera tutelata (il problema cui il punto 3 della proposta Corasaniti si
riferisce), ma riguardi anche, ben più a monte, il momento stesso della
creazione.
Da una lato, dunque - di fronte al primo ordine di problemi e con particolare
riferimento alla necessità d'individuare e tutelare gli autori di opere che si
vogliano "digitalizzare" ed incorporare ad esempio in un prodotto
multimediale -, è stata evidenziata la possibilità che le stesse nuove
tecnologie offrano soluzioni alle nuove inquietudini che pure esse sollevano (ad
esempio, con il ricorso a tecniche di marcatura, al cosiddetto
"tatuaggio" delle opere messe su supporto digitale, integrate dalla
creazione di un grande schedario che costituisca una sorta di "cadaste"
(registro) in cui siano censite tutte le opere ancora protette e in cui siano
allo stesso tempo identificati gli aventi diritto)(1).
Dall'altro un'attenzione particolare è stata dedicata (soprattutto dalla
Commissione Sirinelli) alla creazione dell'opera multimediale, e più
precisamente alle ipotesi in cui l'attività creativa avvenga senza il ricorso
ad opere preesistenti (creazione ex nihilo), con l'individuazione di
almeno tre ordini di problemi:
a) in primo luogo si pone il quesito circa l'inquadrabilità del risultato
ottenuto mediante l'utilizzo di strumenti informatici nella nozione di opera, e
dunque la sua tutelabilità attraverso lo strumento del diritto d'autore. Se
classicamente si ritiene che non ci sia creazione se non quando il supposto
creatore abbia a priori un progetto circa la creazione che si accinge a
realizzare, evidentemente quanto più tale attività creativa sia affidata a
degli strumenti informatici e la partecipazione umana sia ridotta al minimo,
tanto più ci si allontanerà dalla nozione di opera creativa tutelabile sulla
base del diritto d'autore;
b) in secondo luogo va analizzato il problema circa l'esatta definizione
della nozione di autore. L'informatico, creatore del sistema che viene usato per
la creazione, potrà rivendicare dei diritti sull'opera ottenuta? La risposta a
tale quesito sarà tanto più difficile e tanto meno netta, quanto più la
partecipazione dell'utilizzatore del sistema, nell'attività creativa, risulti
ridotta, essendo state previste tutte le ipotesi dall'ideatore del programma;
c) in terzo luogo va analizzato il caso dell'opera realizzata da più
soggetti, a distanza tra loro, in grado di interagire attraverso reti
telematiche (pare che casi del genere si siano già verificati su Internet). Il
problema è quello di determinare chi sia l'autore dell'opera quando questa sia
il risultato della partecipazione di migliaia di soggetti. Ed inoltre - tenendo
conto della rilevanza che ad esempio le Convenzioni Internazionali (di Berna o
di Ginevra) assegnano al luogo della prima pubblicazione dell'opera o al suo
paese di origine ai fini della disciplina applicabile - si pone il delicato
quesito della localizzazione dell'opera.
Le problematiche, sin qui sommariamente esposte, conducono direttamente ad
affrontare quella che è poi la questione fondamentale, ovvero l'idoneità delle
regole del diritto esistente a dare adeguate soluzioni in materia, in altre
parole "faut-il réformer le droit d'auteur ?".
A questo punto di fronte ad una netta differenza d'impostazione di base tra
chi (soprattutto i soggetti operanti nella cosiddetta industria culturale)
rivendica la necessità d'una profonda riforma del diritto d'autore e dei
diritti connessi per risolvere le inevitabili incertezze che comporta in questo
settore il progresso tecnologico e chi al contrario ritiene che "la
propriété littéraire et artistiques est assez plastique pour s'adapter"(2),
sembra prevalere, negli ambienti scientifici, l'approccio improntato ad una
maggiore prudenza.
In altre parole si tende a ritenere (talvolta in maniera inconfessata) che le
evoluzioni attuali (in particolare il passaggio dall'analogico al digitale)
comportino più che una "transformation de nature du droit d'auteur
actuel", più semplicemente "une modification de degrés"(3).
Il diritto d'autore non è dunque cos~ì inadatto al fenomeno digitale cos~ì
come potrebbe apparire in prima analisi, per cui la via dell'adattamento
sembrerebbe al momento essere quella privilegiata senza la necessità di
intraprendere una modificazione radicale che potrebbe rivelarsi come il
risultato d'una esigenza soltanto congiunturale.
Evidentemente il dibattito su questi temi, che tra l'altro coinvolgono
rilevanti interessi economici, è tutt'altro che chiuso.
4. Diritti di libertà sulle "autostrade digitali" di
Maria Antonietta Laura Mazzola e Rosanna Ortu
Lo sviluppo della comunicazione telematica ormai da tempo pone il problema
dell'apprestamento di idonee forme di tutela per garantire lo scambio e la
diffusione di informazioni tra soggetti interconnessi. Si tratta, a ben vedere,
d'un problema di non poco momento stante da un lato la natura particolare degli
strumenti di comunicazione informatici e telematici e stante, dall'altro, la
peculiarità dei sistemi di controllo in ordine ai dati posti in circolazione.
Quanto qui sommariamente descritto sta alla base del dibattito
politico-culturale che sta interessando, negli ultimi tempi, l'opinione pubblica
americana. Più segnatamente si discute sulla configurabilità come fatto di
reato della diffusione di notizie aventi ad oggetto l'illustrazione delle
modalità di confezionamento di ordigni esplosivi. La problematica, che trae
origine dal recente attentato verificatosi ad Oklahoma City, pone in rilievo la
questione dei limiti contenutistici delle notizie diffusibili via rete e, di
conseguenza, delle eventuali limitazioni alla fondamentale libertà di
manifestazione del pensiero.
Il dibattito americano ruota intorno alla proposta di emendamento avanzata
dal Senatore Feinstein alla legge generale del terrorismo attualmente pendente
innanzi al Senato degli Stati Uniti. L'emendamento, più precisamente, mira a
reprimere la diffusione di informazioni relative alla fabbricazione di
esplosivi, nell'ipotesi in cui colui che diffonde l'informazione è consapevole
che i materiali indicati risultano essere idonei al compimento d'un crimine
federale. Come può ben intendersi, la proposta avanzata ha sollevato notevoli
reazioni allarmate nella comunità telematica americana, dove si guarda con
crescente preoccupazione ai continui tentativi del Congresso degli Stati di
regolamentare in qualche modo l'uso della comunicazione interattiva,
introducendo subdolamente forme si censura e di limitazione. L'American Civil
Liberties Union (ACLU) si è fatta promotrice di un'azione di opposizione
all'emendamento, mettendo in evidenza la sua incostituzionalità, in quanto mira
a reprimere la mera trasmissione di informazioni - su stampa, radio,
televisione, ciberspazio - prive di qualsiasi finalità criminale, nonché la
sua stessa superfluità data la sussistenza d'una norma (18 U.S.C. sec. 231) che
reprime come reato l'insegnamento delle tecniche di fabbricazione di esplosivi
nell'ipotesi in cui si abbia conoscenza dell'altrui intento di far uso
dell'informazione per sviluppare un preciso disegno criminoso. E' stato,
inoltre, rilevato che l'emendamento in questione comporterebbe l'allargamento
della soglia di punibilità, in quanto richiede una forma minima di colpevolezza
per determinare l'incriminazione, con conseguente violazione del primo
emendamento della Costituzione americana che assicura una notevole protezione
della libertà di manifestazione del pensiero. Come può ben intendersi il caso
in questione involge problemi di ordine penale e costituzionale che evidenziano
la duplice esigenza di assicurare la libertà di comunicazione e di prevedere, là
dove ne ricorrono i presupposti, forme di responsabilità.
La fattispecie in esame, di cui si è provveduto a dare una descrizione
sommaria, è stata assunta ad oggetto del nostro intervento al fine di
ravvisare, in un tentativo di comparazione giuridica, la sussistenza nell'ambito
del diritto penale italiano di disposizioni normative che prevedano, per
l'appunto, l'incriminazione nell'ipotesi di mera divulgazione di notizie
afferenti alle modalità di fabbricazione del materiale esplosivo.
La problematica s'inserisce nel quadro più generale della previsione
costituzionale del diritto di libera manifestazione del pensiero (art. 21) e del
rapporto che interviene tra tale diritto e la necessità di reprimere tutte
quelle manifestazioni che ledono o pongono in pericolo beni oggetto di
protezione da parte dell'ordinamento. Espressione di tale conflitto è dato
rinvenire in reati contro l'ordine pubblico e più segnatamente nei reati a
pericolo presunto i quali pongono problemi di costituzionalità, dato che
l'adozione di tale categoria crea il rischio che la repressione penale si
risolva in un'inammissibile limitazione delle libertà ideologico-politiche
costituzionalmente garantite (si consideri, a titolo di esempio, il reato di
apologia di delitti previsto all'art. 414 c.p.).
Tuttavia, però, proprio in tale tipologia delittuosa si registrano i più
marcati interventi interpretativi volti a punire non la manifestazione di
pensiero in quanto tale, ma quella che per le sue modalità integra un
comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti.
Viene, dunque, punita l'esposizione di idee diretta a provocare l'azione e
non la manifestazione di pensiero in quanto tale. Si recupera in tal modo,
inoltre, il principio della necessaria lesività da intendersi nell'accezione più
lata comprensiva sia della lesione che dell'effettiva messa in pericolo del bene
protetto. A tutto ciò si aggiunga la scelta da parte del legislatore penale di
assumere la Costituzione a fondamento o a criterio di riferimento di ciò che può
legittimamente assurgere a reato. Ne risulta la vincolatività di ricorrere allo
strumento penale nei soli casi di stretta necessità. Inoltre, il riferimento
alla rilevanza costituzionale del bene delimita l'area di ciò che non potrebbe
mai assurgere a reato con la conseguenza - là dove ne ricorrano gli estremi -
di condizionare la scelta del "se e come punire" alla presenza di
ulteriori fattori.
Da quanto detto è facile evincere l'assenza di punibilità per tutte quelle
ipotesi in cui un soggetto si limiti a diffondere notizie che, sebbene passibili
di essere utilizzate per scopi illeciti, di per sé non si traducano nell'offesa
ad un bene giuridico.
A ritenere diversamente si finirebbe con l'imporre eccessivi limiti alla
piena esplicazione del diritto costituzionalmente riconosciuto. Del resto, il
costituente, proclamando la libertà di manifestazione del pensiero, ha ritenuto
che, fuori dai casi direttamente vietati, l'esercizio di questo diritto non
costituisca un pericolo generale per la saldezza degli istituti o per la pace
sociale, non potendosi reprimere quelle affermazioni potenzialmente pericolose i
quanto ciò si tradurrebbe in un innegabile censura.
A questo punto della nostra analisi sorge spontaneo chiedersi se le
considerazioni sin qui poste in essere possano valere per le divulgazioni di
notizie mediante comunicazione telematica.
Si potrebbe azzardare una risposta affermativa tenuto conto della natura di
principio fondamentale di libertà riconosciuta al diritto di manifestazione del
pensiero, anche se non si esclude la necessità imprescindibile di fissare delle
regole che disciplinino in misura puntuale lo scambio di informazioni mediante
comunicazione telematica tenuto proprio conto della specificità dei mezzi di
comunicazione in oggetto. Unitamente a ciò, si postula la necessità di
predisporre apposite normative finalizzate a reprimere la commissione di reati
attraverso la comunicazione telematica.
(18.06.95)
Note
1) Si veda, in tal senso, il Rapport de la Commission présidée par Pierre
Sirinelli, Industries culturelles et nouvelles techniques, cit., pp. 98 e ss. e
OMPI, Colloque mondial de l'OMPI sur l'avenir du droit d'auteur et des droits
voisins, cit. , Publication OMPI n. 731 (F) 1994, in particolare l'intervento di
Péter Gyertyànfy, pp. 199 e ss.
2) A. Lucas, in OMPI ecc., op. cit., p. 284.
3) Cfr. OMPI ecc., op. cit., pp. 35 e ss.