"Ammazzainternet" sì, "Salvaprovider"
no!
di Manlio Cammarata - 14.03.01
Nella nostra materia sono molti i problemi aperti
di cui ci dovremmo occupare. Proviamo a fare un breve, e certo non esaustivo
elenco.
- I costi di connessione alla Rete (linee
dedicate, dial-up, flat, xDSL). Telecom continua a ostacolare lo
sviluppo della concorrenza con listini esorbitanti, mentre L'Autorità
cosiddetta "per le garanzie" fa dà sponda al gioco dell'ex (?)
monopolista, con ritardi e rinvii che danneggiano lo sviluppo della new economy
nel nostro Paese. Per maggiori dettagli si veda il sito dell' AIIP.
- Anche a causa di questa situazione, centinaia di
piccoli fornitori di accesso rischiano la chiusura (maggiori informazioni sul
sito di Assoprovider). Un disegno di
legge approvato alla Camera (C.7208),
che avrebbe esteso a questi fornitori di servizi la "retrocessione" di
una parte del ricavato di Telecom, ora riconosciuta solo agli operatori di
telecomunicazioni, non è passato al Senato per la fine anticipata della
legislatura.
- Una legge approvata definitivamente e in attesa
di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale (S.4985)
obbliga tutti i siti che fanno qualche tipo di informazione a strutturarsi come
organi di stampa, con la designazione di un direttore responsabile iscritto
all'Albo dei giornalisti e l'iscrizione presso il tribunale locale. La stessa
legge, con disposizioni alquanto confuse, prevede un'alternativa, che
consiste nell'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione istituito
dalla legge 249/97 (vedi Non ci resta che chiudere?).
Ma quest'alternativa non è praticabile, perché la summenzionata Autorità non
ha ancora provveduto a costituire il registro. Non ci sono disposizioni
transitorie che regolino la fase di passaggio, sicché quindici giorni dopo la
pubblicazione della legge migliaia e migliaia di siti saranno "stampa
clandestina" e passibili di multe, sequestri e chiusura.
- La responsabilità dei provider per i contenuti
illegittimi. Una questione che si trascina da anni e che viene continuamente
sollevata a proposito dei siti per pedofili. Si cerca in tutti i modi di far
passare qualche ipotesi di responsabilità penale "oggettiva", contro
i principi del diritto e contro il senso comune. La recente direttiva europea
sul commercio elettronico (2000/31/CE) fissa
alcuni paletti, non del tutto soddisfacenti, ma i parlamentari italiani non
l'hanno letta.
Da anni si ripete che l'unica soluzione ragionevole è nell'obbligo di
identificazione degli utenti e nella tenuta di registri di accesso nel rispetto
della legge sui dati personali, ma non si riesce a venirne a capo.
Ci fermiamo qui, ma si potrebbe continuare a
lungo, citando la normativa sul diritto d'autore, il completamento della legge
675/96 e via elencando. Come si vede, sono problemi gravi, che richiedono
soluzioni urgenti e tutt'altro che facili.
Invece da settimane dobbiamo occuparci di un problema non marginale, ma che
potrebbe essere risolto in poche battute: le regole per la registrazione dei
nomi a dominio, per prevenire l'accaparramento dei nomi e risolvere rapidamente
le eventuali controversie. Tutto a causa del disegno di legge S.4594,
proposto un anno fa dall'allora "sottosegretario all'innovazione"
senatore Stefano Passigli.
Tutto incominciò - può essere utile ricordarlo
- con la trovata di un signore che registrò nomi e cognomi di una quantità di
personaggi noti, affermando che nessuna legge lo vietava. Affermazione falsa,
come fu subito fatto notare da esperti del diritto, ma tanto bastò a sollevare
un polverone. Il sottosegretario all'innovazione seppe che anche il suo nome era
stato registrato e, invece di adire il giudice come qualsiasi cittadino che vede
leso un suo diritto, come primo atto fece scrivere una letteraccia all'ente di
registrazione (vedi Gli accaparramenti dei nomi a
dominio: lei non sa chi sono io!). Quindi preparò un disegno di legge, che
suscitò critiche così forti che restò per mesi sepolto in un cassetto.
Ma, all'approssimarsi delle elezioni politiche, lo fece riesumare ed approvare
dal Senato, con emendamenti inaccettabili, incompatibili con il funzionamento
della Rete e con lo sviluppo della società dell'informazione (vedi i numerosi
articoli nell'indice di questa sezione e, da ultimo, Cina
e Italia, Passigli visto da lontano). La fine anticipata della legislatura
ha fermato l'iter del DDL, ma il rischio non è cessato.
L'aspetto più grave di tutta la questione è
l'assoluta indifferenza dei senatori - e dei deputati che hanno poi ripreso il
testo - a tutte le critiche, qualificate e circostanziate, che sono state
sollevate durante la discussione del progetto "ammazzainternet".
Lo stesso Passigli continua imperterrito a difendere la sua creatura, anche con
affermazioni offensive nei confronti degli operatori della Rete. Nell'ultima
uscita, in un'intervista pubblicata da Repubblica.it
il 9 marzo scorso, minaccia addirittura un decreto-legge: "Provate a
immaginare cosa potrebbe accadere fra qualche settimana: i candidati nei collegi
apriranno probabilmente loro siti web. E potrebbero avere la sgradita sorpresa
di trovare quei domini già occupati, magari dai loro avversari. Vista la
delicatezza del momento mi pare che non possiamo correre il rischio di
alimentare altre polemiche. E quindi potremmo decidere di intervenire con un
provvedimento urgente".
Così si torna al punto di partenza. Con un
sovrappiù di affermazioni poco cortesi nei confronti degli operatori - i
mantainer - e della Naming Authority. Che avrà i suoi difetti, ma almeno ha
fatto tutto quello che poteva ragionevolmente fare per lo sviluppo dell'internet
in Italia e per risolvere problemi che le "competenti autorità" hanno
colpevolmente ignorato per anni.
L'aspetto incredibile dell'ultima intervista dell'ex sottosegretario
all'innovazione è l'affermazione che per la legge "salvaprovider",
invece, si può aspettare. La risposta del presidente
di Assoprovider è fin troppo cortese.
Certo non si può rimproverare al senatore
Passigli il ricorso a iniziative demagogiche per strappare qualche voto in più
alle ormai vicine elezioni politiche...
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