Non ci resta che chiudere?
di Manlio Cammarata - 01.03.01
Due argomenti sono all'ordine del giorno,
purtroppo ancora per la serie delle iniziative parlamentari in grado di
stroncare lo sviluppo dell'internet in Italia. Il primo riguarda l'iter del
disegno di legge "Passigli" sui nomi a dominio, il secondo è legato
alla nuova legge sull'editoria, salutata con inconsulto giubilo da chi non l'ha
letta con attenzione, almeno per le parti che riguardano il digitale.
DDL Passigli, l'arroganza del potere
Una rivolta senza precedenti ha accolto il
disegno di legge AS4598 sui nomi a dominio e sui controlli impossibili e
illegittimi a carico di provider, registrar e mantainer. Si oppongono al
provvedimento AIIP, ALCEI, Assoprovider, Puntoit,
Società Internet, cioè tutte le associazioni che in
qualche modo rappresentano l'internet italiana.
Persino dalla stampa tradizionale si sono levate critiche: Affari &
Finanza il 26 febbraio ha titolato "Il testo delle Camere contro le
norme UE sulla responsabilità dei provider - La legge italiana sui domini
Internet si sta allontanando da quella europea".
Eppure il progetto va avanti. L'accordo tra le
attuali maggioranza e opposizione è chiaro: quale delle due vinca le prossime
elezioni, dovrà avere il controllo dell'internet nazionale. Sicché, non solo
nei prossimi giorni l'aula del Senato approverà il testo, ma esso potrà
ricevere l'imprimatur definitivo dell'altro ramo del Parlamento in tempi
compatibili anche con il sempre più probabile scioglimento anticipato delle
Camere. E questo grazie a un "trucco" istituzionale: la stessa Camera
dei Deputati ha riesumato un vecchio DDL (AC
6910) dell'opposizione e lo ha "emendato" con il trapianto
integrale del testo del Senato. Il questo modo, quando il testo approderà in
commissione, potrà ricevere una fulminea approvazione in sede deliberante.
Vedremo nei prossimi giorni se qualche
parlamentare si dissocerà concretamente da questa manifestazione di arroganza
del potere. Le elezioni sono sempre più vicine.
(Per saperne di più sul DDL: Delirio normativo o lucida
premeditazione? e Quando sento la parola
"internet"...)
Editoria, la semplificazione al contrario
Un caos giuridico-amministrativo nella
registrazione degli organi di stampa si verificherà con l'applicazione della
legge sull'editoria (AS 4985), approvata
definitivamente il 21 febbraio. La novità più rilevante del provvedimento,
accolta con generale quanto sconsiderato entusiasmo, è il formale accoglimento
dell'informazione digitale nell'ambito dell'editoria. Ma in che forma e con
quali conseguenze pratiche? Vediamo.
Art. 1 (Definizioni e disciplina del prodotto
editoriale)
1. Per «prodotto editoriale», ai fini della presente legge, si intende il
prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto
informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di
informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso
la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici
o cinematografici.
2. Non costituiscono prodotto editoriale i supporti che riproducono
esclusivamente suoni e voci, le opere filmiche ed i prodotti destinati
esclusivamente all'informazione aziendale sia ad uso interno sia presso il
pubblico [...]
Dunque un'edizione della Divina Commedia su
CD-ROM, con solo voci, destinata ai non vedenti, non sarebbe un prodotto
editoriale. Ma il bello viene ora:
3. Al prodotto editoriale si applicano le
disposizioni di cui all' articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47.
Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e
contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del
prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall'articolo 5
della medesima legge n. 47 del 1948.
Il problema era - e rimane! - l'estensione del
regime della stampa all'informazione on line, distinguendo quella professionale
dalla libera manifestazione delle idee. Il criterio adottato non è
soddisfacente, perché una testata costituente elemento identificativo del
prodotto è presente su ogni sito del web, mentre la periodicità
regolare è una disposizione senza effetto: basterebbe infatti uscire a
intervalli non regolari per sfuggire alla norma.
Il tutto si completa con le disposizioni
dell'articolo 16:
Art. 16
(Semplificazioni)
1. I soggetti tenuti all'iscrizione al registro degli operatori di
comunicazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5), della
legge 31 luglio 1997, n. 249, sono esentati dall'osservanza degli
obblighi previsti dall'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. L'iscrizione
è condizione per l'inizio delle pubblicazioni.
Siamo di fronte a una norma che
stride, e non poco, con l'ordinamento. Infatti l'iscrizione ai sensi
dell'articolo 5 della legge sulla stampa avviene in seguito a una valutazione,
operata dal giudice, dei requisiti formali della richiesta ed è costitutiva di
un particolare regime di obblighi e responsabilità, oltre che di protezione ai
sensi dell'art. 21, terzo comma, della Costituzione.
La legge 249/97, che istituisce l'Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni e il registro degli operatori di
telecomunicazioni (non ancora attivo), non contiene alcuna previsione di questo
tipo e, soprattutto, non attribuisce all'Autorità alcun potere di controllo dei
requisiti del richiedente.
In questo modo si verificherà una disparità di diritti e doveri tra testate
registrate presso i tribunale e testate registrate dall'AGCOM.
Ma non basta. Al registro dell'AGCOM
si dovranno iscrivere le "imprese" editrici, secondo il dettato dell'art.
1. comma, 6, lettera a), n. 5). Dunque i giornali di proprietà di persone
fisiche si dovranno registrare presso i tribunali. Avremo così questa
situazione:
a) testate di proprietà di imprese, iscritte al registro dell'Autorità, senza
gli obblighi e le tutele della legge sulla stampa;
b) testate di proprietà di persone fisiche, iscritte nei registri dei
tribunali, con conseguenti obblighi e tutele;
c) testate di proprietà di chiunque, ma senza periodicità regolare, che non
saranno iscritte da nessuna parte e avranno il solo obbligo previsto dall'art. 2
della legge del '48: Ogni stampato deve indicare il luogo e l'anno della
pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste,
dell'editore (così si evince dalla prima parte del citato terzo comma del
art. 1 della nuova legge).
La rubrica dell'art. 16 appare
quindi come una manifestazione di involontario e intempestivo umorismo del
legislatore: "Semplificazioni"!
E si deve vedere quali semplificazioni possano derivare da queste norme,
nel possibile combinato disposto con quelle previste dagli emendamenti
al disegno di legge AC 7992, che pretendono di estendere a tutta
l'informazione telematica il regime della stampa, compreso il reato di
"stampa clandestina" (vedi ancora Quando
sento la parola "internet"...).
Non ci resta che chiudere o
trasferire le nostre aziende e i nostri bit in qualche nazione in cui la
libertà di impresa e la libertà di stampa non siano continuamente
minacciate dal potere legislativo.
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