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Pubblica amministrazione

Carta vince, carta perde: chi vince nel gioco della CIE? 

di Manlio Cammarata - 12.01.06

 

Tutti dovrebbero conoscere il "gioco delle tre carte", ma qualcuno ci casca ancora. Funziona così: un mariuolo con un paio di compari dispone delle carte da gioco su un banchetto improvvisato in un luogo affollato e invita i passanti a scommettere sulla posizione di una certa carta. Rimescola abilmente, dispone le carte e, sistematicamente, i compari vincono e i fessi perdono. Il trucco è semplice, ma funziona.

Qualcosa di simile accade in Italia con le carte elettroniche, ma non è facile capire a prima vista il trucco né chi sia veramente il mariuolo. I gabbati sono, è chiaro, tutti gli italiani, che pagano anche se non hanno scommesso. Per capire di che si tratta vediamo prima di tutto quali sono le tre carte: in ordine di importanza, la carta d'identità elettronica (CIE), la carta nazionale dei servizi (CNS) e la tessera sanitaria (TS).

E' utile partire dall'ultima, la tessera sanitaria, che molti italiani stanno ricevendo a casa. Si tratta di una normale carta magnetica, che svolge anche la funzione del vecchio tesserino del codice fiscale. Una tessera al posto di due: sembra un risparmio, invece è uno spreco, perché le due funzioni dovrebbero essere svolte dalla carta d'identità elettronica. Ma a che serve la tessera sanitaria?
Quasi a nulla: di fatto automatizza la trascrizione dei dati del paziente negli studi dei medici che si sono muniti dell'apposito software, nelle farmacie e nelle ASL, purché siano attrezzate.
E' ben altra cosa della carta sanitaria a microprocessore, utilissima, che la Repubblica di San Marino ha adottato fin dal lontano 1994 (vedi San Marino, la repubblica cablata).

La seconda "tessera intelligente" in distribuzione è la carta nazionale dei servizi. La CNS è un'idea del ministro dell'innovazione, per fornire ai cittadini uno strumento di riconoscimento per accedere ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni (quelle che li offrono, naturalmente), in attesa della diffusione della CIE (vedi Innovazione, le sfide del Ministro). L'idea di Stanca era buona, in considerazione del fatto che il progetto CIE appariva, e appare tutt'oggi, di problematica attuazione.
Purtroppo la CNS si è rivelata assai poco "nazionale", perché può essere emessa da tutte le pubbliche amministrazioni, con servizi diversi. E per di più c'è anche una CNS "anomala", quella della Regione Lombardia, che non è del tutto compatibile con gli standard nazionali. Per aumentare la confusione essa serve anche da tessera sanitaria, come altre carte regionali, mentre in un altro caso la CNS è incorporata nel dispositivo sicuro per la firma digitale (InfoCamere).

Ed eccoci alla carta d'identità elettronica, che in questo periodo è di attualità per due motivi: il primo è che dal 1. gennaio dovrebbe essere distribuita da tutti gli 8.100 comuni italiani in sostituzione del documento tradizionale, come previsto dall'art. 7 vicies-ter della legge 31 marzo 2005, n. 43; il secondo è il tentativo del Ministro dell'economia di "impadronirsi" del circuito di emissione della carta, con gli emendamenti (poi bocciati) alla legge finanziaria recentemente approvata (vedi Emendamenti in libertà: la baruffa sulla carta d'identità elettronica).

Partiamo dal primo punto. La norma citata dice: "1. A decorrere dal 1° gennaio 2006... la carta d'identità su supporto cartaceo è sostituita, all'atto della richiesta del primo rilascio o del rinnovo del documento, dalla carta d'identità elettronica, classificata carta valori, prevista dall'articolo 36 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. A tal fine i comuni che non vi abbiano ancora ottemperato provvedono entro il 31 ottobre 2005 alla predisposizione dei necessari collegamenti all'Indice nazionale delle anagrafi (INA) presso il Centro nazionale per i servizi demografici (CNSD) ed alla redazione del piano di sicurezza per la gestione delle postazioni di emissione secondo le regole tecniche fornite dal Ministero dell'interno".

Non si sa quanti siano i comuni italiani che hanno ottemperato agli obblighi preliminari (collegamenti e redazione del piano di sicurezza); certamente pochi, anche perché le misure di sicurezza previste dal Ministero dell'interno non sono a costo zero e i bilanci comunali sono quello che sono. Ancora meno, forse qualche centinaio, sono i comuni attrezzati per fornire le carte elettroniche. In sostanza la norma dovrebbe avere lo scopo di sollecitare i troppi comuni "riottosi" ad adottare la CIE. Riottosi perché le complicazioni tecniche e i costi sono a livelli insostenibili, soprattutto a causa della scelta di dotare la carta anche di una banda ottica, oltre che del microprocessore.

E' proprio questo il motivo del sostanziale "stop" subito dal progetto. La complessità tecnologica e il costo elevatissimo dell'emissione della carta "ibrida" sono ostacoli insuperabili, se lo Stato non apre i cordoni della borsa. E in ogni caso si dovrebbe rinunciare alla prassi consolidata del rilascio della carta "a vista", come è stato dimostrato nei comuni (qualche decina) che hanno partecipato alle due fasi di sperimentazione. Da queste prime esperienze emerge la necessità di concentrare in strutture esterne ai comuni le fasi di personalizzazione della carta, rinunciando quindi definitivamente alla consegna a vista. Ma sempre con i costi altissimi legati alla struttura ibrida (sui problemi determinati dalla banda ottica abbiamo pubblicato diversi articoli; si vedano in particolare Sulla Rete siamo tutti criminali?, il già citato Innovazione, le sfide del Ministro, Stanca: ripensiamo la CIE? Pisanu: no! e, da ultimo, l'intervista al consigliere scientifico di Stanca, Benzi i veri problemi della carta d'identità elettronica.

Ed ecco che si rivelano i "trucchi" del gioco al quale abbiamo paragonato la questione delle tre carte: occorrono strutture alle quali affidare l'emissione delle carte (ed eventualmente anche la loro produzione, con le regole delle "carte valori"), strutture che dovranno ricevere le ingenti somme necessarie al loro funzionamento. Per ora la normativa non le prevede, ma c'è da scommettere che presto la "lacuna" sarà colmata, con una revisione delle norme sul circuito di emissione.
Si spiega così l'interesse del Ministero dell'economia, dimostrato dai tentativi di emendamento alla legge finanziaria. Ma anche altri soggetti avrebbero fiutato l'affare (si veda Carte, crescete e moltiplicatevi sulla rivista telematica Contrappunti.info).

Dunque tutto si risolverà nell'ennesima, inutile distribuzione di soldi pubblici (cioè dei nostri soldi). Prima quelli della tessera sanitaria e della CNS, in attesa della CIE, poi quelli per la stessa CIE. Con le solite scuse dell'innovazione, della sicurezza e dell'efficienza.
Mentre la vera efficienza si otterrebbe con la riscrittura del progetto della carta d'identità elettronica, sostituendo la banda ottica con altre, meno costose misure di sicurezza che la tecnologia rende disponibili.

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