Vedi anche gli articoli Ammnistrazione
digitale: leggiamo il Codice
Raramente un pareredella Sezione
consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato è stato posto sotto i
riflettori come quello oggi in commento. Certamente si tratta di un documento di
notevole rilevanza, anche mediatica, in virtù delle dure bacchettate alla
disciplina contenuta nello schema di codice sul
documento informatico e sulle firme elettroniche, amplificate dalla
applicabilità di tale disciplina anche ai rapporti tra privati e quindi
incidente in maniera profonda sul regime giuridico delle transazioni telematiche
e, più in generale, del commercio elettronico.
“Bacchettate”, tuttavia, molto discutibili (vedi La solita confusione sulla firma digitale
di Manlio Cammarata in questo stesso numero).
Ma il parere in oggetto non è solo questo, anzi. In esso vi sono moltissimi
spunti di riflessione su questioni di rilievo prettamente pubblicistico,
rilevanti non solo con riferimento allo schema di codice a cui si riferiscono,
ma al più generale processo di modernizzazione e digitalizzazione della
attività amministrativa. Proviamo a riassumere quanto affermato dal Consiglio
di Stato su alcune questioni che ci paiono particolarmente rilevanti.
Sull’opera di riassetto della innovazione digitale nella PA
Come è ormai noto, lo schema di codice tenta di affrontare per la prima
volta, in modo organico, la tematica dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione
e della comunicazione (cd. ICT) nelle pubbliche amministrazioni (vedi Ammnistrazione digitale: leggiamo il Codice - 1). Ora,
secondo il CdS, la caratteristica primaria di questo riassetto dovrebbe essere
proprio la sua “esaustività e sistematicità”.
Tuttavia, lo schema, a detta dei giudici, si concentra solo sul DPR 445/2000 e
le sue successive modifiche, lasciando fuori dall’intervento altri impianti
normativi, allo stesso modo importanti, che qui avrebbero pieno diritto di
residenza. In particolare, ciò vale per l’altrettanto noto schema di DLgs sul
Sistema pubblico di connettività, che lo stesso ministro per l’innovazione
definisce uno degli assi portanti della riforma facente capo all’art. 10 della
legge 229/03.
Si legge nel parere: “se un intervento come la creazione dell’SPC non
può prescindere dal riassetto normativo e codificazione della normativa
primaria regolante la materia, vale a maggior ragione, il reciproco, perché un
codice non può non contenere, al suo interno, una innovazione così recente e
cruciale come quella di cui al richiamato schema”.
Ma non è tutto. I giudici di Palazzo Spada ritengono che il codice vada
integrato anche con la disciplina dell’Indice nazionale delle anagrafi (INA),
con il DPR sull’utilizzo della posta elettronica certificata, in attesa di
pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, e in generale, delle varie altre
normative sulla materia che non vi risultano comprese.
Tra queste, di particolare interesse per il processo amministrativo è la
segnalazione, nel parere in commento, del mancato recepimento dell’art. 19
della stessa L. 229/03, che afferma: 1. I dati identificativi delle questioni
pendenti dinanzi al giudice amministrativo e contabile sono resi accessibili a
chi vi abbia interesse mediante pubblicazione sul sistema informativo interno e
sul sito istituzionale della rete Internet delle autorità emananti. 2. Le
sentenze e le altre decisioni del giudice amministrativo e contabile, rese
pubbliche mediante deposito in segreteria, sono contestualmente inserite nel
sistema informativo interno e sul sito istituzionale della rete Internet,
osservando le cautele previste dalla normativa in materia di tutela dei dati
personali.
Si tratta di una norma, poco nota ai più, relativa alla accessibilità
informatica dei dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi al giudice
amministrativo e dei relativi provvedimenti, che trova la sua diretta
applicazione nel sito ufficiale della giustizia amministrativa
(www.giustizia-amministrativa.it), e che probabilmente ha costituito anche il
fondamento normativo del suo rinnovamento strutturale attualmente in corso (per
un quadro generale sull’ICT nel processo amministrativo, sia consentito
rinviare ancora a C. Giurdanella, Depositi
«elettronici» al Tar Catania: spunti per un processo amministrativo telematico,
su Giustizia Amministrativa).
Viene criticato, inoltre, proprio l’unico sopra accennato intervento sulla
normativa previgente. Il DPR 445/2000, infatti, era già frutto di un riordino
– operato secondo il superato sistema della semplificazione per testi unici
– per cui oggi l’intervento di riassetto rischierebbe di causare una nuova,
inutile frammentazione.
Sul rapporto tra Stato e Regioni
Preoccupazioni vengono espresse anche con riferimento al rapporto tra Stato e
Regioni.
Secondo il Consiglio di Stato, il riassetto in commento pur nella opportuna
centralizzazione di alcuni profili della disciplina, deve tenere in maggiore
considerazione le esigenze di raccordo con le reti regionali e locali.
In particolare, ci sembra rilevante l’espresso auspicio di tale raccordo
con riferimento alla disciplina generale del procedimento amministrativo come
disciplina valevole anche per le Regioni, che tuttavia consenta, in conformità
al disposto costituzionale di cui all’art. 117, comma 2, lett. r), a Regionali
ed Enti locali di sviluppare i propri sistemi informativi pubblici in piena
autonomia. In tal modo anche il Consiglio di Stato, in definitiva, pare
riconoscere notevole forza ed ampiezza al suddetto potere statale di
coordinamento informatico (vedi, per questi profili, Ammnistrazione
digitale: leggiamo il Codice -2).
Sulla stessa lunghezza d’onda, il richiamo relativo alla disciplina dei
siti istituzionali della amministrazioni centrali, delle Regioni e degli enti
locali (vedi Ammnistrazione digitale: leggiamo il Codice
- 4). I giudici di Palazzo Spada, infatti, affermano, anche ai sensi del
suddetto art. 117, comma 2, lettera r), l’opportunità di affidare ad un
organismo centrale, con funzioni consultive e di coordinamento, l’esame
preventivo dei progetti diretti alla realizzazione e modificazione di tali siti,
a garanzia di conformità di essi alle prescrizioni di cui all’art. 56, commi
1 e 2.
Nella stessa prospettiva, il parere prospetta altresì l’opportunità di
istituire un sito unitario che rechi l’elenco generale aggiornato
periodicamente dei siti di tutte le amministrazioni pubbliche italiane. In
effetti il sito auspicato esiste già, anche se può essere reso più efficace: www.italia.gov.it.
In quest’ottica di forte raccordo tra Stato e Regioni, il Consiglio,
condividendo le indicazioni contenute nel parere della conferenza unificata del
13 gennaio 2005, ha peraltro auspicato l’istituzione della “agenzia
nazionale federata per l’e-government”(così come prevista dal documento
della conferenza unificata, “L’e-goverment per un federalismo efficiente.
Una visione condivisa, una realizzazione cooperativa", del 24 luglio 2003).
Sul rapporto tra digitalizzazione della PA e procedimento amministrativo
Di particolare interesse è, senza dubbio, il problema dei rapporti tra
procedimento amministrativo e disciplina della “digitalizzazione”. Secondo i
giudici romani, il codice risolverebbe sommariamente il problema, in quanto si
limita a “duplicare” alcune parti della disciplina del procedimento (vedi Ammnistrazione digitale: leggiamo il Codice - 3), dando
a questi istituti “doppioni” un taglio informatico. Lo schema di codice non
chiarirebbe poi, se e quali fasi del procedimento amministrativo possano
svolgersi con modalità informatiche e telematiche.
L’obiettivo della delega era invece quello di operare un riordino della
disciplina del procedimento amministrativo, provando a ripensarlo “a livello
informatico”, ciò che peraltro - come accennato sopra - era stato già fatto
nel 2000 con il testo unico sulla documentazione amministrativa: in quella sede,
infatti, erano state raccolte in un’unica fonte normativa le disposizioni
relative alla tradizionale documentazione amministrativa cartacea (certificati,
autocertificazioni, dichiarazioni, etc.), e quelle relative alla documentazione
informatica (documento elettronico, firma digitale, etc.), favorendo così la
progressione da un modello di documentazione ad un altro, con l’ausilio dello
strumento informatico (sullo schema del TUDA, si veda Cons. Stato, Ad. Gen., 18
settembre 2000, n. 147).
Con ciò ribadendo, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il ruolo meramente
strumentale della digitalizzazione rispetto alla più generale esigenza di
miglioramento del servizio pubblico, e non, viceversa, la necessità di piegare
il servizio pubblico all’ICT, come il tentativo di frammentazione del TUDA
farebbe temere.
In altri termini, si legge nel parere, va tenuta ben presente la
strumentalità del cambiamento portato dalle tecnologie dell’informazione
rispetto al più generale cambiamento necessario, e in parte già in atto, nella
fonction publique del nostro Paese.
Ciò viene ribadito nel parere con riferimento specifico alla disciplina dell’accesso
telematico ai documenti amministrativi, che dovrà essere compiutamente
definita non mediante autonomi regolamenti ai sensi dell’art. 55, comma 1, del
nuovo codice, “bensì mediante regolamenti che novellino la vigente disciplina
regolamentare della materia, adottata in attuazione della legge n. 241 del 1990”.
Si veda, a tal proposito, proprio la legge 15/05, di riforma della
disciplina generale del procedimento (legge 11 febbraio
2005, n. 15, recante “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990,
n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”, in G. U. n.
42, del 21 febbraio 2005).
La riforma, in via del tutto autonoma rispetto all’intervento di riordino
oggetto del parere, da un lato introduce un principio, solo generale e
programmatico, sull’uso della telematica nelle amministrazioni pubbliche (art.
3 bis), dall’altro già riforma alcuni istituti “vecchi”, prevedendo per
essi l’utilizzo dello strumento informatico.
Si veda, come esempio, la conferenza di servizi ex artt. 14 e segg. legge
241/90, ora informatizzata dalla suddetta novella, a fronte del quale, oltre che
una “norma doppione”, pare ben poca cosa l’art. 37, comma 3, schema di
codice, che si limita a prevedere: “la conferenza di servizi può essere
convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, previo
accordo tra le amministrazioni coinvolte e secondo i tempi e le modalità
stabiliti dalle amministrazioni medesime.”
Il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, dunque, per quanto
concerne più specificamente il procedimento amministrativo, sarebbe dovuto
intervenire, collocando alcune delle disposizioni ora comprese nel codice in
altri contesti normativi organici o generali, in particolare nella legge
generale sul procedimento da ultimo riformata.
Conclusioni
I suesposti rilievi ci sembrano tutti degni di particolare attenzione. In
particolare, ci pare importante la riaffermazione dell’informatica come
strumento al servizio dei cittadini, delle imprese e delle pubbliche
amministrazioni, per questo da inserire direttamente nella disciplina dei
relativi procedimenti amministrativi, “conservando - si legge nel parere in
commento - una maggiore visione d’insieme delle varie politiche perseguite
senza asservirle tutte a quella della pur fondamentale «digitalizzazione» dell’amministrazione”.
Una integrazione che, peraltro, appare alla Sezione consultiva, “una
condizione di credibilità della riforma nei confronti dei (non pochi) cittadini
più restii ad accettarla, e in ultima analisi un elemento per la riuscita della
stessa”.
Malgrado queste riserve, il Consiglio di Stato ha espresso un parere favorevole,
e ciò per aver riconosciuto e sottolineato più volte l’enorme portata
innovativa e di stimolo all’innovazione del provvedimento normativo in esame,
tanto da non poter rischiare la scadenza del termine per la sua emanazione,
fissato dalla legge delega nell’ormai imminente 9 marzo 2005.
Anche per questo, il codice vedrà la luce nei termini previsti ma, su
suggerimento dello stesso Consiglio, ne verrà quasi certamente rinviata l’entrata
in vigore di 180 o 240 giorni. Ciò consentirà di approntare tutte le
modificazioni necessarie, anche con uno o più decreti legislativi correttivi,
consentiti dall’art. 10, comma 3, della norma di delega, nonché di
predisporre la raccolta di norme regolamentari, necessarie per l’operatività
del codice, che potranno così entrare in vigore quasi contemporaneamente ad
esso.
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