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 Le regole dell'internet

Ma l'internet è già una lobby!
di Manlio Cammarata - 08.03.99

Piano piano si fanno strada alcune idee sensate su come si possano risolvere alcuni problemi dello sviluppo dell'internet in Italia. Troppo piano.
L'evoluzione della Rete è molto più veloce della politica italiana, sicché quelle che per da noi sono proposte per il futuro, altrove sono già ricordi del passato. Un solo esempio: negli Stati Uniti e in Canada, per molti utenti privati che fanno un uso intenso dell'internet è conveniente affittare una linea dedicata, perché il costo è nell'ordine di poche centinaia di dollari l'anno, per una larghezza di banda che si avvicina a un Mbit al secondo. Invece da noi una linea da 128 kbit costituisce la regola per un punto di presenza di un provider sul territorio e il suo costo è nell'ordine del reddito annuale di una famiglia. Però ci impegnamo in accanite discussioni sulla TUT e su che cosa si intenda per "uso prolungato della Rete"...
Questa è la prima considerazione che mi è venuta in mente alla conclusione del convegno "Internet: i diritti telematici", che si è tenuto a Roma il 1. marzo per iniziativa del gruppo Verde del Senato.

Da più di quattro anni l'internet è - con ogni probabilità - l'argomento su quale si sono tenuti più convegni, conferenze, seminari e dibattiti. Mentre noi dibattiamo, la società dell'informazione si evolve, ma troppi non se ne accorgono. Sicché, a questo punto, non possiamo fare considerazioni sulla "evoluzione dell'internet in Italia", ma dobbiamo limitarci a considerare la "evoluzione del dibattito sull'internet in Italia". Il che, ne converrete, non è proprio la stessa cosa.

Dunque parliamo dei progressi del dibattito, senza dare conto dei tanti e anche interessanti interventi che si sono succeduti nel pomeriggio del 1. marzo (dovreste trovarli, un po' alla volta, sulle pagine del sito del gruppo dei Verdi del Senato). Come punti di riferimento si possono prendere la relazione introduttiva del senatore Semenzato e l'intervento in chiusura di Paola Manacorda, componente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (il testo non è ancora disponibile, seguo i miei appunti sonori).

Semenzato articola il suo discorso in cinque punti:
1. lo sviluppo di internet: diffusione dei computer e libertà di accesso;
2. l'alfabetizzazione informatica;
3. i servizi di pubblica utilità;
4. libertà per Internet;
5. una lobby per Internet.

Sul primo punto il senatore dei Verdi riprende la sua proposta di incentivi statali all'acquisto dei PC e soprattutto insiste sull'abolizione della TUT. "Non sono affatto convinto della tesi di chi dice che non si può abolire la tut perché altrimenti si andrebbe ad un intasamento delle linee e della banda", afferma. Ma cade in un equivoco, perché il problema non è di linee e di banda, ma di macchine, cioè delle strutture di accesso dei provider, e del costo della banda.
Il vero ostacolo, insormontabile, all'abolizione secca della TUT per l'accesso alla Rete è nelle norme comunitarie, che vietano l'applicazione di tariffe diverse per servizi analoghi, e poiché l'accesso all'internet via linea commutata è a tutti gli effetti una telefonata, si dovrebbe abolire la TUT per tutte le chiamate urbane. Lo ha ricordato Paola Manacorda, richiamando anche l'annunciato passaggio dalla TUT alla TAT (cioè alla tariffa a tempo generalizzata - vedi il
documento dell'Autorità del 22 dicembre 1998). Però Manacorda ha detto che, nell'ambito dell'imminente riordino tariffario, si terrà conto delle esigenze degli utenti dell'internet, anche sulla base della disposizione del "collegato" alla legge finanziaria, e interpretando la dizione "collegamenti prolungati" anche nel senso di molti collegamenti brevi nel corso della giornata.
Su due punti la componente dell'Autorità è stata chiara: primo, si deve eliminare la pesante disparità di costi tra chi ha e chi non ha un provider adeguato nella propria area locale, e a questo porrà rimedio la "tariffa di prossimità". Secondo, deve assolutamente scendere il costo delle linee affittate, in Italia ancora a livelli esagerati, che non hanno paragoni in Europa.
Un altro punto importante toccato da Manacorda è quello dell'accesso all'internet come parte del "servizio universale", affrontato in diversi interventi e soprattutto dal sottosegretario al Ministero delle comunicazioni, Vincenzo Vita. E' prematuro, ha detto, fino a quando l'internet non sarà diventata un fenomeno di massa e l'indisponibilità dell'accesso sarà quindi una causa di esclusione sociale.
Ragionamento impeccabile, purché si incominci seriamente ad agire affinché la telematica diventi un fenomeno di massa.
Tuttavia dal convegno è finalmente emersa una constatazione importante: non sono i costi, con ogni probabilità, il maggiore ostacolo alla diffusione dell'internet in Italia. Giancarlo Livraghi (ALCEI), ha fatto notare che il telefono cellulare ha avuto uno sviluppo fortissimo, nonostante sia molto caro, e per l'accesso alla Rete non serve un costoso computer dell'ultima generazione.

Serve, piuttosto. l'alfabetizzazione telematica, che Semenzato ha messo al secondo punto della sua relazione, annunciando due iniziative legislative, una per l'insegnamento della materia nelle scuole e una per l'alfabetizzazione degli adulti.
Ma nella maggior parte degli interventi - ricordo quelli di Franco Carlini, di Giuseppe Rao e, ancora, di Paola Manacorda, il problema è stato posto in termini diversi: non è tanto un problema di "alfabetizzazione", quanto di "cultura". E' stata citata un'indagine molto seria, dalla quale risulterebbe che negli Stati Uniti l'internet si è sviluppata rapidamente perché gli americani sono abituati agli acquisti a distanza, che da noi - anche a causa del disastroso stato dei servizi postali - sono miseramente falliti.

Ma il concetto di "cultura telematica" si lega a un altro aspetto, il terzo punto della relazione introduttiva. "Che me ne faccio di Internet?" sembra la domanda-chiave che si pongono moltissimi italiani. Finché sulla Rete non ci sarà una massa critica di servizi utili - questa è l'opinione prevalente - non si avrà il decollo.
Su questo punto Manacorda ha avanzato un'ipotesi molto interessante: assegnare ai fornitori di contenuti una quota dei proventi dell'accesso, sull'esempio del Minitel francese. Oggi i contenuti sono insufficienti, è il ragionamento, anche perché sono forniti gratis. Se troviamo il modo di finanziare i fornitori, i contenuti aumenteranno. Bisognerebbe però spiegare da quali proventi e secondo quali meccanismi potrebbero ricavarsi i soldi per questa iniziativa, perché se si pensa di assegnare ai provider di servizi il compito di pagare i contenuti, allora non si troverebbe neanche uno spicciolo, allo stato attuale. Se invece si guardasse ai ricavi degli operatori di comunicazioni, la soluzione potrebbe essere praticabile.

Ora consideriamo in prospettiva questi due punti e ci accorgiamo che in essi c'è una significativa evoluzione della visione dei problemi dell'internet in Italia. Si tratta ora di passare dai dibattiti ai progetti, e dai progetti alla loro realizzazione.

Andiamo avanti. Tutti d'accordo sul quarto punto di Semenzato: "Libertà per Internet", Vale la pena di citare qualche passaggio della relazione: " Vorrei però sottolineare come stia assumendo forza una posizione tecnofoba, una tendenza culturale che tende ad opporsi ad internet perché ne ha paura e che tende perciò a connotarla come luogo dannato e insito di pericoli... la cosa più preoccupante è che abbiamo visto come questo atteggiamento si riverberi dai titoli dei giornali ai testi legislativi. Non riprendo qui il noto caso del connubio internet-pedofilia e di come si è riflesso nel relativo testo di legge.. Da qualche settimana titoli di giornale indicano internet come luogo privilegiato per il riciclaggio di soldi sporchi. Si sta ovviamente parlando delle reti telematiche che ormai da anni collegano le borse di tutto il mondo, ma i giornali nostrani che mai titolerebbero "la borsa ricicla denaro sporco" per paura di danneggiare i mercati azionari, sono pronti a criminalizzare internet. Questa pressione censoria come è noto tende poi a scaricarsi sugli operatori del settore, sui provider. Su questo terreno delle libertà intendiamo proporre una mozione parlamentare contenente principi ed indirizzi per l'attività del governo e per quella del legislatore. Ci sembra cioè utile che ci sia un punto di riferimento parlamentare, una sorta di dichiarazione di diritti (e anche di doveri) cui poter fare riferimento".

Infine la proposta di "una lobby per Internet". Ci sono in Italia molte forze - osserva il senatore - che hanno un interesse comune allo sviluppo dell'internet, pur partendo da punti di vista e interessi diversi. Queste forze dovrebbero coalizzarsi per "fare lobby", cioè fare pressioni sulle autorità, sulle istituzioni, sull'opinione pubblica, per superare gli ostacoli che oggi vedono l'Italia agli ultimi posti in Europa per lo sviluppo della Rete.
Proposta interessante, ma forse difficile da realizzare conoscendo lo spirito individualista degli italiani e la loro scarsa propensione all'associazionismo o alla conciliazioni di posizioni differenti. Certo un tentativo si può fare.
Lo stiamo facendo, per esempio, proprio con questa rivista, che cerca di sostenere gli interessi degli utenti senza trascurare i punti di vista e le legittime esigenze dei fornitori.

A ben guardare, una lobby dell'internet c'è già, ed è la stessa internet. Dove chiunque può - almeno fino a oggi - far conoscere le proprie opinioni e le proprie esigenze, avanzare proposte e indicare soluzioni. Il problema è che i destinatari di queste spontanee azioni di lobbying in molti casi mancano della "cultura" (il gatto si morde la coda...) che spinge ad andare a vedere che cosa la Rete chiede, che cosa la Rete propone. O, in qualche caso, fanno finta di ignorare il tutto, con il pretesto che le domande e i suggerimenti non sono avanzati nelle forme dovute, o non sono dirette specificamente alla autorità competente, o non provengono da soggetti "legittimati" (da chi?) a svolgere il ruolo di portavoce... Occorre aprire la pratica, esaminare il carteggio, fare audizioni... Non c'è "audizione" più significativa ed efficace di un giro tra i siti che si occupano di queste materie, non c'è "carteggio" più esauriente di quello che si può sfogliare in una quantità di pagine web.

Ma non ci scoraggiamo. Batti e ribatti, qualche risultato si ottiene. Vedi, per esempio, Dichiarazioni e autorizzazioni: l'impegno dell'Autorità per le garanzie, sulle vecchie questioni del DLgs 103/95: finalmente c'è una risposta, sia pure interlocutoria.

Appuntamento al prossimo convegno...