Seat-Tmc, il problema
non è la legge 249
di Manlio Cammarata - 22.01.01
Questo matrimonio non s'ha da fare, ha detto
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il "no" al
primo e tardivo progetto di digital collision nel nostro Paese ha dato il
via all'ennesima rissa mediatica tra maggioranza e opposizione, con toni
polemici che impediscono di distinguere con chiarezza gli aspetti sostanziali
della questione. Come al solito.
In realtà la posta in gioco è molto alta,
perché riguarda il futuro prossimo dello sviluppo della società
dell'informazione nel nostro Paese, in tutti i suoi aspetti: il mercato
televisivo, quello delle telecomunicazioni, i servizi internet. Cioè la
"convergenza digitale" di cui si parla da troppi anni e che è sempre
bloccata dal "combinato disposto" di due situazioni anacronistiche: il
duopolio televisivo e il perdurante, sostanziale monopolio di Telecom Italia
nelle telecomunicazioni e nei servizi internet.
Il quadro è delineato con chiarezza nel provvedimento
C4158, con il quale l'Antitrust ha aperto l'istruttoria sulla fusione
Seat-Tmc, un testo da leggere con molta attenzione per capire la dimensione
reale di un'operazione che sembra di importanza marginale per la relativa
esiguità del suo prezzo.
Ma cerchiamo di capire, prima di tutto, la
posizione dell'AGCOM. E' bene premettere che si commenta una decisione che si
conoscere nei dettagli, perché il testo non è ancora stato pubblicato.
Ma comunque le dichiarazioni di Enzo Cheli, presidente dell'Autorità, riportate
dalla stampa, delineano un quadro abbastanza preciso.
Cheli si è richiamato al "combinato disposto" degli
articoli articoli 2, commi 17 e
18, e 4, comma 8,
della legge 249/97, che con molta chiarezza vieta al titolare di "diritti
speciali" o "esclusivi" nel settore delle TLC di acquisire un
controllo diretto o indiretto di un'impresa che opera nel settore
radiotelevisivo. Sembra ineccepibile, ma un dettaglio non va trascurato: il DPR
318/97, successivo alla 249/97 ha recepito la direttiva 97/13/CE, abolendo i
diritti speciali o esclusivi e sostituendoli con la "licenza
individuale". L'abolizione, secondo l'articolo
2, comma 3, decorre dal 1. gennaio 1998. Siccome il DPR 318, in forza
della delega, può disporre l'abrogazione delle norme vigenti (legge 400/98), e
dal momento che incide sulla stessa materia della 249/97, si potrebbe affermare
che le disposizioni sulle licenze individuali hanno implicitamente abrogato le
precedenti norme sui diritti speciali o esclusivi. Inoltre la concessione di
Telecom è stata trasformata in licenza individuale.
Dunque sarebbe sostenibile, sul piano formale,
che con la fine della concessione non si possono applicare le disposizioni sui
diritti speciali o esclusivi. Ma l'Autorità, sempre secondo le dichiarazioni
del suo presidente riportate dai mezzi di informazione, ha ritenuto che la
situazione di monopolio di Telecom Italia non sia ancora cessata del tutto e che
quindi le limitazioni dell'articolo 4, comma 8, della legge 249/97 siano ancora
in vigore.
Ma subito dopo Cheli ha detto che la legge è vecchia, e che tocca al Governo
adeguarla al continuo mutamento del mercato, per rendere legittima l'operazione
Seat-Tmc. E il Governo ha replicato che sarebbe inopportuno emanare un
regolamento (peraltro previsto dalla legge) per consentire l'acquisizione e che
dovrebbe essere il Parlamento a decidere. Però, siccome la legislatura è agli
sgoccioli... il regolamento si potrebbe fare.
Ma nella sostanza il problema non è nel divieto
posto dalla legge 249.
L'Autorità e il Governo sembrano d'accordo sull'opportunità dell'acquisizione
di Tmc da parte di Telecom Italia (attraverso la Seat), e quindi sull'urgenza di
eliminare il divieto posto dalla legge 249/97. Divieto previsto da una legge
nata vecchia, sulla base di un progetto del '96, che fin dalla presentazione
mostrava di non tenere conto delle prospettive della convergenza digitale (vedi Manca
l'informazione nella legge sull'Autorità e Editoria
elettronica, un pasticcio legislativo - i due articoli sono del '97). Il
fine, dichiarato e condivisibile, è la creazione del "terzo polo"
televisivo e la fine del duopolio Rai-Mediaset.
Tuttavia la scelta dell'AGCOM di negare il consenso all'operazione non deve
passare in secondo piano di fronte al suggerimento di rivedere la legge. Scelta
che, fra l'altro, sembra confermare una correzione di rotta dell'Autorità nei
confronti del non ancora ex-monopolista, come dimostra anche la delibera
15/00/CIR sull'offerta xDSL, che impone fra l'altro uno sconto del 30% sulla
fornitura del servizio ai concorrenti.
Ora il compito di sbrogliare la matassa tocca al
TAR, al quale i "fidanzati" faranno ricorso contro la decisione
dell'AGCOM, e all'Antitrust, che si pronuncerà in settimana. Sulla base di
queste decisioni, il Governo valuterà se emanare il decreto per salvare il
"matrimonio".
In estrema sintesi, l'alternativa è questa: se il progetto di acquisizione va
avanti, ne guadagna il sistema televisivo, ma si rafforza la posizione di
Telecom e ne soffre la concorrenza sul mercato delle TLC; se il progetto non
passa, il sistema televisivo resta bloccato, ma Telecom Italia non si
avvantaggia ulteriormente. Insomma, allo stato dei fatti, non è possibile
conciliare lo sviluppo della TV con quello delle telecomunicazioni, cioè in
Italia non è possibile attuare la convergenza digitale.
L'Antitrust potrebbe tentare una difficile conciliazione dei due opposti rischi,
autorizzando l'operazione, ma con pesanti obblighi e limitazioni per Telecom
Italia.
Una soluzione, comunque non a breve scadenza,
potrebbe essere trovata nell'accelerazione dell'introduzione della TV digitale
terrestre, che determinerebbe effetti positivi a cascata, come si può leggere
nell'interessantissimo Libro
Bianco che l'Autorità per le garanzie ha pubblicato sull'argomento.
Anche la rapida soluzione dei problemi del local loop (liberalizzazione
effettiva dell'ultimo miglio e avvio dell'accesso wireless), con la fine
sostanziale del monopolio Telecom, farebbero venir meno alcune delle principali
obiezioni al progetto di convergenza che oggi è in discussione.
Ma nel nostro Paese la parola "accelerazione", in questo contesto, non
sembra avere successo.
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