8. Il documento informatico
sostituisce sempre la carta?
di Manlio Cammarata e Enrico Maccarone -
23.12.99
8.1. Ancora sull'e-commerce
Nella puntata precedente abbiamo visto come il
documento informatico, munito di firma digitale ai sensi del DPR 513/97, sia
stato pensato in primo luogo come strumento essenziale per il funzionamento
della pubblica amministrazione in rete. L'importanza e la delicatezza degli
scambi di informazioni tra i diversi uffici, e tra gli uffici e i cittadini,
sono tali da richiedere l'osservanza di serie regole di sicurezza, anche in
considerazione del fatto che l'incipente "consumo di massa"
dell'internet porterà sulla rete un grande numero di soggetti poco informati e
poco propensi ad adottare noiose misure di protezione dei sistemi personali.
Nascono da questa esigenza sia i requisiti dei certificatori e gli standard che
essi devono rispettare, sia altre precauzioni fondamentali, come il
riconoscimento certo dell'utente e l'obbligo di usare un "dispositivo di
firma".
Abbiamo visto anche come questi requisiti e queste procedure costituiscano un
aggravio (anche di spese) che ordinariamente non giustifica l'uso della firma
digitale ex DPR 513/97 nel commercio elettronico, perché in questo settore il
cliente può essere identificato con sistemi più semplici ed economici.
Su questo punto abbiamo ricevuto qualche
osservazione discordante ed è quindi necessaria una precisazione, che comprende
anche un approfondimento delle informazioni che abbiamo dato una settimana fa.
La precisazione è questa: è vero che attraverso l'internet si consumano frodi
con le carte di credito, frodi che consistono in acquisti con carte il cui
numero è stato copiato abusivamente. Ma la cattura dei numeri non avviene
on-line, attraverso l'intercettazione delle informazioni che passano sulle linee
telefoniche, ma in maniera molto più semplice, copiando i dati delle carte
quando esse vengono usate per un pagamento in un esercizio commerciale.
Sembra che il sistema più diffuso sia quello della trascrizione dei numeri e
delle date di scadenza da parte di dipendenti infedeli di grandi magazzini, che
alla fine della giornata trattano migliaia di "scontrini" firmati dai
clienti, scontrini che riportano il numero della carta e la data di scadenza,
cioè i dati necessari e sufficienti per la transazione.
Dunque l'insicurezza del commercio elettronico
non è data dalla possibilità di intercettazione telematica dei numeri delle
carte, ma dall'uso fraudolento di numeri catturati, per così dire, nel mondo
"fisico". Questo punto deve essere molto chiaro, altrimenti non si
capisce in che cosa consista il problema dell'identificazione del cliente nelle
vendite telematiche.
Per motivi tecnici che esulano dal tema del nostro discorso, questa
identificazione non è facile, sicché il rischio di acquisti fraudolenti sembra
percentualmente più elevato di quello del commercio tradizionale. Per questo
motivo, in alcuni casi, i contratti tra i venditori e le strutture che
gestiscono le transazioni con carte di credito prevedono il riaddebito al
venditore delle cifre eventualmente reclamate da un titolare che dimostri di non
avere autorizzato un certo pagamento (si veda anche l'articolo
8 del decreto legislativo 185/99).
8.2. Firma digitale e codice civile
Naturalmente il discorso parte dall'articolo
2 del DPR 513/97: "1. Il
documento informatico da chiunque formato, l'archiviazione su supporto
informatico e la trasmissione con strumenti telematici, sono validi e rilevanti
a tutti gli effetti di legge...".
"Validi e rilevanti": affrontiamo a questo punto un argomento molto
complesso, per cui vale ancora una volta l'avvertenza che queste note intendono
solo chiarire alcuni aspetti di base del documento informatico, rinunciando in
partenza ai pur necessari approfondimenti, che rimandiamo a una sede più
adatta.
Saltiamo dunque l'analisi dei due predicati, per formulare una domanda cruciale:
sulla base dell'articolo 2, si può affermare che con il documento informatico
si possono ottenere in campo civile tutti gli effetti giuridici propri del
documento tradizionale?
La risposta è "non tutti". Vediamo
perché.
- L'articolo
4 stabilisce che il documento
informatico soddisfa il requisito legale della forma scritta.
- L'articolo
5 al comma 1 afferma che il
documento informatico ha efficacia di scrittura privata ai sensi dell'articolo
2702 del codice civile, e al comma 2 che ha l'efficacia probatoria prevista
dall'articolo 2712 e soddisfa l'obbligo previsto dagli articoli 2214 e
seguenti "e da ogni altra analoga disposizione legislativa o
regolamentare".
- L'articolo
6 completa ed estende la
validità e la rilevanza dei documenti informatici anche alle copie e stabilisce
che la copia informatica di un documento cartaceo può essere conservata ed
esibita invece dell'originale, purché soddisfi le prescrizioni tecniche.
Queste previsioni costituiscono il punto di forza
del documento informatico, ma implicitamente ne indicano i limiti. Infatti il
documento informatico (naturalmente se munito di firma digitale ai sensi del
regolamento):
a) fa piena prova, fino a querela di falso,
della provenienza delle dichiarazioni di chi l'ha sottoscritto, se colui contro
il quale il documento informatico è prodotto ne riconosce la sottoscrizione,
ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta, come si
evince da un semplice adattamento dell'articolo 2702 cc.
b) ha l'efficacia probatoria delle riproduzioni e registrazioni meccaniche (e
fotografiche, cinematografiche...) previste dall'articolo 2712 cc., se colui
contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle
cose;
c) "fa fede" come le copie di atti pubblici spedite nelle forme
prescritte da depositari pubblici autorizzati e in tutte le altre ipotesi
previste dagli articoli 2714 e seguenti.
Si deve notare che tutte queste disposizioni si
riferiscono al valore probatorio del documento, cioè a tutti i casi in cui la
forma scritta è richiesta ad probationem. Invece il regolamento non
dice nulla dei casi in cui la scrittura è necessaria ad substantiam,
per la costituzione di un diritto o per la produzione di determinati effetti
legali.
L'esempio più immediato, già fatto in altre occasioni, è quello della
cambiale: una cambiale, allo stato attuale della normativa, non può esistere
come documento informatico perché la sottoscrizione da parte del debitore non
è il solo elemento necessario per la costituzione del credito in capo al
soggetto che la riceve; occorre una particolare "forma" del documento
che non può essere soddisfatta dalla rappresentazione informatica. Questa può
avere solo valore probatorio, e ricade quindi nelle ipotesi appena elencate.
Qui però si apre un altra intricata questione,
che ci limitiamo ad accennare: il richiamo all'articolo 2712 cc. equipara il
documento informatico alle riproduzioni meccaniche, che sono cosa ben diversa
dalla scrittura privata di cui all'articolo 2702: quest'ultima ha come requisito
essenziale la sottoscrizione, che costituisce anche l'oggetto dell'eventuale
disconoscimento, mentre delle riproduzioni meccaniche l'oggetto del
disconoscimento è la conformità ai fatti o alle cose.
Il documento informatico (intendiamo sempre quello ai sensi del regolamento)
vale dunque sia come scrittura privata, sia come riproduzione meccanica. A ben
guardare è logico perché, come si legge nelle definizioni dell'articolo
1 del DPR 513/97, il documento
informatico è "la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati
giuridicamente rilevanti". Dunque se prendiamo una registrazione sonora o
un'immagine digitale e applichiamo la firma digitale alla sequenza di bit,
otteniamo un documento informatico che ha lo stesso valore probatorio delle
riproduzioni meccaniche dell'articolo 2712 cc.
Ecco il punto: la stessa riproduzione sonora o la stessa immagine digitale,
sprovviste della sottoscrizione, non possono avere lo stesso valore probatorio?
E se, invece della firma digitale ai sensi del DPR 513/97, recano una firma
digitale "libera", certificata da una Certification Authority
non iscritta nell'elenco pubblico dei certificatori, non possono ricadere nella
stessa previsione dell'articolo 2712?
8.3. Non si può comperare una casa
on-line
Nei giorni scorsi diversi organi di informazione
hanno riportato con notevole evidenza una notizia assolutamente falsa, nata
dalla solita lettura incompetente e frettolosa delle norme: "Potremo
comperare la casa on-line!". Il punto di partenza è lo schema di decreto
legislativo che prevede, fra l'altro, un'unica trasmissione telematica per gli
atti notarili di natura immobiliare al fine di provvedere con un'unica richiesta
al pagamento delle imposte di registro e dei diritti per l'esecuzione delle
formalità di trascrizione e voltura catastale, nonché all'invio delle copie
d'atto e delle note occorrenti (vedi Ma
intanto il Governo si inventa una bit tax).
Ebbene, questo non significa che si possa comperare o vendere una casa via
internet, perché l'annotazione nei registri è solo l'ultimo passaggio di una
procedura complessa.
Infatti il notaio deve compiere una serie di
operazioni, alcune delle quali non possono essere svolte a distanza. Si legge
nell'atto: "...innanzi a me notaio sono presenti i signori.... della cui
identità personale sono certo". Questa è la premessa all'accertamento, da
parte dello stesso notaio, della capacità e della volontà dei comparenti di
stipulare il contratto. Si può oggi affermare che la "presenza
telematica", anche in videoconferenza, anche asseverata dalla firma
digitale degli interessati, è condizione sufficiente a legittimare la
dichiarazione che "davanti a me sono presenti"? Evidentemente no,
perché da nessuna parte è scritto che la firma digitale è equivalente alla
persona fisica che ne è titolare. Dovremo aspettare molto tempo prima che la
tecnologia renda possibile la "fungibilità" di un individuo con la
sua rappresentazione digitale e che una norma ne sancisca la rilevanza e
l'efficacia giuridica, oppure che si butti all'aria tutta la costruzione
ordinamentale dell'atto pubblico.
Questa è solo una delle tante ragioni per dare una risposta negativa alla
domanda di partenza, se il documento informatico possa sostituire in ogni caso
il documento cartaceo.
Tutto questo significa che il documento
informatico, così come delineato dalla normativa che discende dal secondo comma
dell'articolo 15 della legge 59/97, si affianca o può sostituire solo una parte
dei documenti contemplati dal diritto privato.
Dov'è che non funziona? In pratica in tutti i casi in cui l'ordinamento prevede
come necessaria qualche forma di "materialità", perché il documento
informatico ha natura immateriale. Ne parleremo sul prossimo numero. |