C’è una costante nelle iniziative che riguardano il processo di
digitalizzazione della pubblica amministrazione in Italia: l’affermazione che
queste vengono assunte per migliorare il rapporto tra cittadini e pubblica
amministrazione; questa affermazione è accompagnata dalla negazione dei
progressi fatti precedentemente e delle possibilità di miglioramento con
proposte diverse.
Ora, nel privato, le scelte sbagliate dei manager sono sottoposte, se c’è
un mercato, al giudizio del cliente che può, quando è possibile, rivolgersi
altrove: se il prodotto non riscuote successo, il cliente cambia fornitore e il
datore di lavoro cambia il manager.
Nel pubblico, il cittadino utente di un pubblico servizio ha meno
possibilità di scelta, ma, quando può, manifesta le proprie preferenze.
Facciamo l’esempio dello SPID, che, nel pur intenso dibattito sulla
digitalizzazione della pubblica amministrazione, nessuno si azzarda a criticare.
In questo caso, quando i cittadini hanno avuto la possibilità di scelta per l’accesso
ai servizi della pubblica amministrazione tra lo SPID e altri sistemi di
identificazione dell’utente già attivi presso le pubbliche amministrazioni,
hanno chiaramente scelto i sistemi in uso presso queste ultime, meno bizantini,
farraginosi e costosi dello SPID.
Tant’è vero che dopo un anno e mezzo dal
lancio dello SPID, il numero di credenziali rilasciate (1.800.000) non raggiunge
neanche il numero di cittadini che avevano interesse a richiederle, pur essendo
lo SPID l’unico strumento utilizzabile per chiedere il bonus cultura o
il bonus 18 anni o l’anticipo pensionistico. Ciononostante, lo
SPID può benissimo essere imposto per legge, anzi, per decreto ministeriale,
viste le ultime proposte di modifica del Codice dell’Amministrazione Digitale,
nonostante sia l’esatto opposto dei principi di semplicità e usabilità.
Evidentemente, nonostante siano passati parecchi anni dalla sentenza della
Corte di Cassazione n. 500 del 1999 in materia di risarcibilità degli interessi
legittimi, che definiva come isola di immunità e di privilegio1 la
posizione della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini, permane
una situazione nella quale le pubbliche amministrazioni si pongono su un gradino
più elevato rispetto ai cittadini.
Solo così diventa comprensibile che i diritti dei cittadini, dei
contribuenti, dei malati - sanciti nelle leggi da tanti anni, dalla legge 241
del 1990 in poi - siano costantemente negati, come con la vicenda della
certificazione delle vaccinazioni da presentare alle scuole; o come con la carta identità elettronica, resa obbligatoria con circolare,
con liste d’attesa di mesi, invece della carta d’identità cartacea,
rilasciata a vista con un costo pari a un quarto di quella elettronica.
In realtà, i diritti del cittadino digitale non sono esigibili senza che
siano affermati i diritti del cittadino.
L’esperienza del Freedom Of Information Act for Italy, ha dimostrato
che l’azione comune di diverse associazioni della società civile sul tema
della trasparenza della pubblica amministrazione può raggiungere dei risultati,
se non altro in termini di crescita della consapevolezza dei diritti.
Sarebbe auspicabile che iniziative analoghe venissero assunte anche su altre
tematiche, come quella del rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini,
digitali e non. L’avvio della consultazione pubblica sulle proposte di
modifica del Codice dell’Amministrazione Digitale potrebbe essere una buona
occasione di confronto.
1. “Ora,
non può negarsi che dal descritto stato della giurisprudenza deriva una
notevole limitazione della responsabilità della P.A. nel caso di esercizio
illegittimo della funzione pubblica che abbia determinato diminuzioni o
pregiudizi alla sfera patrimoniale del privato. Ma una siffatta isola di immunità
e di privilegio, va ancora rilevato, mal si concilia con le più elementari
esigenze di giustizia.”
* Presidente Comma 22 onlus – associazione per i diritti dei cittadini
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