Interlex ricorda ai suoi lettori che oggi sono trascorsi
vent'anni dall'entrata in vigore della legge 675/ 96, la prima normativa
italiana sulla protezione dei dati personali. Ma la tematica della riservatezza
e della protezione dei dati personali ha radici ben più lontane, sicuramente
ultra trentennali.
Negli anni ‘70, con la possibilità di accedere a banche dati a distanza
utilizzando le linee telefoniche, quindi con la convergenza tra l'informatica e
le telecomunicazioni, cominciarono a porsi riflessioni, particolarmente
nell'ambito giuridico (in molti paesi europei si stavano costituendo banche dati
del tipo Italgiure), al fine di accedere ad informazioni e sentenze emesse dai
diversi tribunali, sulla liceità di utilizzare liberamente informazioni e
motivazioni che caratterizzavano i profili dei cittadini.
In quel contesto iniziò a prendere corpo il tema della tutela dei dati
personali ed in alcuni paesi europei si cominciarono a studiare e emanare
normative finalizzate ad offrire garanzie sulla loro protezione. Già nel 1973
ebbe una compiuta normativa in Svezia una legge per il diritto di libertà
informatica; a questa seguirono norme analoghe, che prevedevano nelle
costituzioni portoghesi e spagnole l'emanazione di compiute leggi organiche.
La Commissione europea concentrò l'attenzione sul diritto alla libertà
della circolazione delle persone nell'ambito europeo e quindi dei limiti che
dovevano essere posti al trattamento dei dati personali. Nel 1995 il Parlamento
europeo e il Consiglio emanarono una direttiva, la 95/46, destinata ad entrare
in vigore in ognuno degli Stati della comunità europea entro il 23 ottobre del
1998. L'Italia si allineò a questa direttiva nel dicembre del ‘96 con la
legge sulla protezione dei dati personali numero 675.
A vigilare sull'impianto della legge e sul rispetto della normativa venne
costituita una apposita autorità di carattere costituzionale, denominata
"Garante per la protezione dei dati personali". All'articolo 30 si
prevedeva che l'autorità doveva essere composta da un collegio di quattro
componenti, due eletti dalla Camera e due dal Senato, che a loro volta dovevano
eleggere tra loro il presidente. Il mandato in carica durava quattro anni e
poteva essere rinnovato una sola volta. Successivamente, nel 2008, tale durata
è stata modificata a sette anni, ma per un unico mandato.
Quel che vale la pena sottolineare è la traccia descrittiva del profilo che
debbono avere i componenti il collegio: il corpo sostanziale delle disposizioni
contenute nella legge 675 è entrato in vigore l'8 maggio del ’97, ma alcune
disposizioni concernenti l'attuazione dell'accordo di Schengen e la nomina della
nuova autorità indipendente hanno trovato applicazione già nel gennaio del ‘97.
Ciò ha permesso al Parlamento di dar vita all'organo collegiale.
L'articolo 30, comma 2 della legge stabilisce che il Garante opera con piena
autonomia e con indipendenza di giudizio di valutazione, collocando così questo
organo nelle autorità indipendenti, ma di garanzia; queste funzioni di garanzia
e vigilanza sull'attuazione di valori costituzionali svincolano la designazione
dei componenti il Collegio da qualsiasi riferimento al circuito dell'indirizzo
politico, o almeno dovrebbero svincolarla.
L'elezione dei componenti da parte delle assemblee parlamentari rafforza
l'investitura stessa in termini di imparzialità e terzietà, e questa
indipendenza è rafforzata dalla previsione di poteri effettivi di intervento
nella specifica materia. Una ulteriore legittimazione democratica dell'organo e
dei suoi componenti deriva anche dei criteri di nomina dei componenti stessi,
scelti tra persone che assicurino indipendenza e che siano esperti di
riconosciuta competenza nelle materie del diritto o dell'informatica, in modo da
garantire nell'organo la presenza di entrambe le qualificazioni.
In qualità di componente nominato dalla Camera dei deputati nel primo
collegio di quella autorità, penso di poter affermare che molti dei
parlamentari chiamati al voto non avevano ben compreso di quali funzioni il
Garante si sarebbe dovuto occupare e quale impatto avrebbe avuto sulla vita
pubblica e privata. Il sottoscritto veniva eletto in quel collegio, forte della
sua esperienza più che trentennale in materie ICT e con alle spalle
significative esperienze in applicazioni innovative interbancarie.
In quel primo collegio gli altri tre componenti erano insigni giuristi; poi i
partiti presero consapevolezza del ruolo che potevano avere presso quel collegio
e alla fine del primo mandato cominciarono a candidare politici trombati, al
fine di garantir loro una ulteriore sopravvivenza economica e nel contempo
liberare spazi nei collegi elettorali. Più nessun esperto in materie
tecnologiche è da allora sbarcato in quel board.
L'autorità impiegò i primi anni di funzionamento ad adattare alla realtà
del mondo commerciale, finanziario, privato e pubblico tale normativa; infatti
la schematicità della legge mal si conciliava, ad esempio, con l'organizzazione
complessa del mondo finanziario ed in particolare dei sistemi di pagamento
basati su carte bancomat o di credito e sulla circolazione degli assegni.
Vennero concepite ulteriori figure organizzative che si integravano con le
denominazioni più semplicistiche di titolare, incaricato, responsabile del
trattamento dei dati personali. In molti altri settori del trattamento dei dati,
sia in applicazioni pubbliche che private, fu necessario adeguare o implementare
la normativa e questo fu il massimo impegno dell'autorità garante nel suo primo
quinquennio di vita.
A questi adeguamenti si aggiungevano anche le deliberazioni dell'autorità su
specifici argomenti e avvenimenti che, anche tenendo conto del costante processo
di innovazione dell'ICT nel trattamento dei dati, richiedevano interventi di
chiarimento dell'Autorità, che di conseguenza costituivano nuovi elementi di
normativa. Fu quindi necessario, nel 2003 riordinare in un corpo unico tutto il
complesso della normativa esistente e si produsse il codice per il trattamento
dei dati personali, il decreto legislativo 196/2003, che sostituì la legge
originaria.
Sino a quel periodo la protezione dei dati personali e il diritto alla
privacy erano concetti molto forti e l’Autorità era spesso chiamata a
bloccare iniziative di natura innovativa che sembravano indebolire il concetto
di riservatezza e protezione del dato.
Ricordo qui le dispute con i rappresentanti della stampa che consideravano l’autorità
una sorta di censore delle loro libertà a diffondere notizie e quelle con gli
istituti di credito che desideravano controllare l’accesso alle loro
dipendenze ricorrendo a sistemi di rilevamento delle impronte digitali. Ogni
caso andava esaminato nel dettaglio, approfondito e ricercata la soluzione meno
invasiva.
Anche il ricorso alla videosorveglianza per la protezione di luoghi e accessi
era rigorosamente ristretta a casi di natura esclusiva. Ma dal 2003 ad oggi
molta evoluzione è stata compiuta, grazie alla costante convergenza delle
diverse tecnologie e attraverso i nuovi protocolli di rete, sino a prefigurare
un nuovo e prossimo scenario denominato IoT: Internet delle cose.
La telefonia mobile si è nel frattempo fusa con l'elaborazione dei dati
portatile e con la capacità di gestire media (filmati, voce, dati). Con lo
smartphone e il tablet ogni individuo ha capacità di muoversi sul territorio
portandosi dietro la potenza di calcolo e di comunicazione che un tempo era
caratteristica dei soli grandi computer. Quindi una sorta di terminale in grado
non solo di ricevere informazioni in ogni formato, ma anche di trasmetterle, a
volte anche senza che il suo portatore se ne renda conto.
Il must dell'individuo moderno risponde all'obbligo dell'essere
connesso: "to be connected". La produzione di auto moderne si
preoccupa di montare a bordo del veicolo dispositivi in grado di colloquiare sia
Bluetooth con il telefonino del conducente che sistemi in grado di connettersi
ai più diffusi browser e alle centrali di controllo e di allarme per il
traffico, nonché alle centrali di gestione dei sistemi di navigazione.
I telefonini, gli attuali smartphone, sono sempre dotati di cosiddette
procedure di assistenza, come ad esempio Siri, che se non attentamente impostate
sono in grado sempre di trasferire i movimenti e la posizione sul territorio del
loro proprietario.
Nell'ultima conferenza annuale sulla sicurezza che si tiene negli USA,
denominata "black hat", è anche stato riferito che attraverso le TV
smart dotate di micro webcam incorporata è possibile catturare dati personali
riguardanti lo stile di vita delle famiglie che utilizzano quei tipi di
televisore: in effetti la Samsung che dal 2012 produce questo tipo di televisori
lavora costantemente attraverso adeguamenti del firmware per superare i buchi
dello stesso attraverso i quali gli intrusi possono catturare le informazioni.
Il produttore coreano suggerisce alla propria clientela gli eventuali rimedi
da prendere per evitare intrusioni nella privacy: ad esempio coprire la webcam
quando non è in uso; disconnettere il televisore dalla rete Internet;
addirittura staccare l'alimentazione dal televisore. Ma allora c'è da chiedersi
qual è il motivo che spinge il consumatore a tuffarsi a pesce nelle innovazioni
tecnologiche salvo poi dolersi degli inconvenienti derivanti dal loro uso.
La costante crescita delle capacità di memorizzazione e delle potenze di
elaborazione spinge le organizzazioni pubbliche e private a ricercare soluzioni
sempre più complesse, atte ad esaltare la competenza, l'efficacia, l'economicità
e la sicurezza nelle loro azioni verso il mercato cui si riferiscono.
Al bisogno di sicurezza che sempre più pervade la società le pubbliche,
amministrazioni centrali e locali rispondono con una capillare diffusione di
sistemi di prevenzione attraverso videosorveglianza, identificazione digitale e
biometrica, sino ad arrivare a metodi di intercettazione delle comunicazioni e
di interpretazione e di correlazione della grande massa di dati raccolti.
In questi giorni i media danno notevole risalto alle ipotesi di attività di
intercettazione e spionaggio da parte degli USA, tramite la C.I.A., delle
comunicazioni dell'Europa e del resto del mondo. Nello stesso tempo gli USA
protestano per sospettate attività di hackeraggio da parte della Russia a
favore delle attività elettorali di Trump.
Il risultato di questo scenario ad alta tecnologia è che ormai nessuno si
fida più di nessuno. Il concetto di privacy e della protezione dei dati
personali, che tanta enfasi aveva conseguito con la nascita della normativa
vent'anni fa, ha dovuto retrocedere sotto la spinta delle soluzioni per
garantire sicurezza e i bisogni degli operatori sul mercato consumer. Si sta
così delineando la tendenza verso una concentrazione sempre maggiore presso
poche realtà globali e multinazionali di banche dati che contengono
profilazioni di tutta la clientela e della maggior parte dei cittadini. Su
questa concentrazione, definita big data, il presidente dell'Autorità garante
ha lanciato l'allarme, sottolineando che questo nuovo enorme potere mette a
rischio non solo la privacy, ma anche la democrazia.
Il Parlamento europeo, consapevole della necessità di adeguare le norme di
protezione dei dati ai cambiamenti determinati dall'incessante evoluzione delle
tecnologie, ha approvato in via definitiva un nuovo regolamento di protezione
dei dati che si pone anche l'obiettivo di assicurare una disciplina uniforme ed
armonizzata tra tutti gli Stati membri, eliminando le numerose asimmetrie che
nel tempo si erano create. Questo regolamento è entrato ufficialmente in vigore
il 24 maggio 2016 e diverrà definitivamente applicabile in tutti i paesi UE a
partire dal 25 maggio 2018.
Ma un fatto è certo: così come i nostri parlamentari hanno preso l’abitudine,
ad ogni scadenza di mandato, i considerare il Collegio del Garante come una
riserva di poltrone, così i nostri governanti, ma a livello world, considerano
la privacy solo un fastidio, a meno che tocchi i loro interessi, e questa, in
base a necessità di sicurezza e ragioni di mercato, è costantemente costretta
a retrocedere.
Per fare il verso a Calvino potremmo definire questo scritto "la privacy
dimezzata", ma se preferiamo lo sport nazionale diciamo pure che la privacy
è retrocessa in serie B.
* Ingegnere, già
componente del Garante per la protezione dei dati personali (1997-2001) e del
Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (2001-2009)
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