Interpellanza al Senato per le
multe senza fondamento
Le interpretazioni del decreto del '95:
questa storia deve finire
di Manlio Cammarata - 09.04.98
L'interpellante chiede di sapere se non si
intenda intervenire per revocare le multe ingiustamente notificate e per dare
disposizioni interpretative del decreto legislativo n. 103 del 1995 che tengano
conto di una più chiara definizione delle fattispecie per le quali non è
richiesta alcuna autorizzazione e che, soprattutto, si muovano nella stessa
direzione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 318 del 1997 e delle
più recenti direttive europee. |
Si conclude così l'interpellanza
che il senatore
Antonello Falomi ha presentato il 7
aprile ai Ministri dell'interno e delle comunicazioni. E forse con questo si
avvia alla conclusione una vicenda che ha dell'incredibile. Ripercorriamone
bevemente la storia.
L'antefatto
L'inizio risale a ben otto anni fa, con la direttiva
europea n. 388 del 28 giugno 1990, che
stabiliva le prime regole per la liberalizzazione dei servizi di
telecomunicazioni. Direttiva accolta dal Governo con quasi cinque anni di
ritardo, attraverso il decreto
legislativo n. 103 del 17 marzo 1995.
Nella direttiva del '90 non si parlava di Internet, perché allora nessuno
immaginava lo sviluppo che avrebbe registrato quella che allora era una rete
usata quasi esclusivamente dal mondo accademico e da pochi appassionati sparsi
qua e là nel mondo.
Dunque il decreto legislativo 103/95, pedissequa (e in qualche punto, pedestre)
traduzione della direttiva, non prendeva esplicitamente in considerazione il
"fenomeno Internet". Sicché nessuno, nel mondo della Rete, si
accorgeva della sua esistenza, al punto che non veniva neanche citato nel
convegno del Forum multimediale "La società dell'informazione" del 28
giugno dello stesso anno.
Solo nell'autunno successivo, con la
pubblicazione del regolamento applicativo (decreto
ministeriale n. 420 del 4 settembre 1995)
a qualcuno veniva in mente che l'offerta di accessi a Internet poteva rientrare
nella previsione dei "servizi di telecomunicazioni" per i quali era
prescritta la dichiarazione (nel caso di offerta di accesso attraverso la rete
commutata) o una onerosa domanda di autorizzazione (nel caso di accesso
attraverso circuiti diretti). All'avvicinarsi della scadenza dell'adempimento
per i provider già attivi al momento della pubblicazione del decreto si apriva
un dibattito interpretativo sulle disposizioni dell'articolo 3: alcuni
sostenevano che l'offerta di accesso a Internet doveva essere considerata
"trasmissione di dati", altri che era comunque sempre soggetta alla
domanda di autorizzazione, perché a monte dell'offerta su rete commutata c'è
sempre un collegamento diretto.
Il ministero, più volte chiamato in causa, si guardava bene dal fornire
un'interpretazione ufficiale delle disposizioni che aveva emanato; solo in
alcuni colloqui informali qualche dirigente confermava l'interpretazione
sostenuta sulla rivista MCmicrocomputer e nel Forum multimediale, frutto di una
accurata analisi tecnico-giuridica del decreto e della direttiva europea: natura
di "servizio di telecomunicazioni" per l'accesso a Internet,
dichiarazione per l'offerta sulla rete commutata, autorizzazione per l'offerta
su circuiti diretti. Nessun obbligo, invece, per l'offerta di servizi diversi
dalla "trasmissione e instradamento di segnali sulla rete pubblica di
telecomunicazioni".
Tutta la discussione è nell'indice
di questa sezione.
Ma la polizia continua
Col passare degli anni la normativa europea è
cambiata e la direttiva 90/388 è stata modificata in molti punti, fra i quali
quello relativo alla disciplina dell'offerta di servizi di telecomunicazioni.
Sparisce la distinzione tra regime dichiaratorio e regime autorizzatorio, tutti
i servizi di telecomunicazioni sono soggetti a un'autorizzazione generale che si
ottiene sulla base di una semplice dichiarazione (articolo 2, comma 3 del testo
vigente).
La nuova disciplina dovrebbe entrare in vigore con la liberalizzazione totale
delle telecomunicazioni stabilita per il 1. gennaio 1998, ma la direttiva
97/13/CE rimanda questa parte al 1. gennaio 1999.
Il decreto
del Presidente della Repubblica 19 settembre 1997, n. 318,
che costituisce il nostro testo-base per la liberalizzazione del settore,
accoglie la nuova disciplina delle autorizzazioni generali, ma con una riserva:
fino a quando la nascente Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non
avrà varato le nuove norme, valgono quelle del vecchio DLgs 103/95.
Sembra un segnale: la polizia postale si scatena, incominciando dalla Toscana,
alla caccia di fornitori di accessi a Internet, perquisisce, verbalizza,
appioppa multe milionarie, per lo più ai soggetti sbagliati, sulla base di un'intepretazione
del 103/95 che tutti credevano ormai dimenticata.
InterLex denuncia la situazione, il Ministero delle comunicazioni continua
ufficialmente a ignorare il problema, ma ufficiosamente fa sapere che compirà
opportuni passi presso le strutture del Ministero dell'interno dalle quali
dipende la polizia postale.
Ma continuano - anzi, sembra che aumentino -
quelle che o sono "azioni di disturbo" (a vantaggio di chi?) o sono
frutto di uno zelo degno di miglior causa e di una grave incapacità di
interpretare la legge: si veda "Il
decreto legislativo 103/95: la Rete domanda..." che riporta
alcuni messaggi tra i tanti che sono giunti alla
nostra rivista.
Non ci sono più scusanti per la questione della
differenza tra regime dichiaratorio e regime autorizzatorio, anche se il testo
è oscuro, vista la pubblicità che a suo tempo ha avuto la discussione. E
sostenere che una biblioteca o un Internet-cafè sono obbligati alla domanda di
autorizzazione significa non conoscere i più elementari fondamenti tecnici
delle telecomunicazioni e non saper leggere le norme. In ultima analisi,
procurare un mucchio di fastidi (e di spese per gli avvocati) a pacifici
operatori del tempo libero e della cultura, sperperando per di più i soldi dei
contribuenti e procurando un danno all'erario con l'inutile contenzioso sulle
multe.
Ora non resta che seguire con attenzione gli
sviluppi dell'interpellanza rivolta dal senatore Falomi ai Ministri delle
comunicazioni e dell'interno.
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