Il Garante tra l'incudine e il
martello propone la revisione dell'articolo 25
di Manlio Cammarata - 22.01.98
"Non si uccidono così anche le
notizie?" titola l'Espresso del 15 gennaio. E aggiunge:
"Confusione fra traffici di dati personali e informazioni legittime,
sanzioni spropositate... La Carta dei diritti e dei doveri dei giornalisti va
cestinata. Lettera aperta al garante Rodotà".
La lettera, a firma di Roberto Martinelli, presenta un nutrito elenco di ragioni
per le quali il codice
deontologico, elaborato dall'Ordine dei
Giornalisti con la collaborazione di insigni giuristi e dello stesso Garante,
può costituire un limite alla libertà di stampa. Il primo motivo è che le
regole di condotta per i giornalisti non possono essere suggerite da
un'autorità di nomina politica, quale sarebbe il Garante, come prevede
l'articolo 25 della legge sulla tutela dei dati personali. La seconda è che
"si confonde il concetto di notizia giornalistica con quella di dato
personale" e che il Garante dovrebbe occuparsi solo dei dati raccolti a
fini commerciali, dei quali si è fatto "un uso e un commercio indegni di
un paese civile". Il terzo punto è che nella discussione parlamentare sul
disegno di legge "qualcuno ha pensato di equiparare il giornalista a colui
che gestisce, manipola e vende dati personali: Per analogia, gli archivi dei
giornali sono stati assimilati a potenti centrali spionistiche"
Si passa poi all'obbligo del'informativa che, secondo Martinelli, ucciderebbe
"il giornalismo d'inchiesta sui grandi scandali, sui misteri di Stato, sui
gialli irrisolti, sulle ruberie e gli intrallazzi di regime". Ancora, le
sanzioni introdotte dalla legge sui dati personali si aggiungono a quelle
civili, penali, e disciplinari già previste per i giornalisti. Infine, e siamo
al sesto punto, c'è la presunzione di colpevolezza in sede civile (il
famigerato articolo
18, che estende al trattamento dei dati
personali le norme sulle attività pericolose sanzionate dall'articolo 2050 del
codice civile): "il cronista sarà messo nella pratica impossibilità di
provare la verità di quello che scrive... Con buona pace della libertà di
stampa".
Un secondo pezzo, di Pierluigi Ficoneri, riassume
i punti salienti del codice e ne ripercorre la storia. Conclude un articolo di
Oreste Flammini Minuto, che considera un errore dell'Ordine l'essersi adeguato
alla previsione della legge: "Avrebbe lasciato la patata bollente nelle
mani del Garante. e non avrebbe dato mostra di accettare la limitazione
dell'esercizio delle attività di informazione".
A giro di posta il Garante risponde, punto per
punto, con un lungo comunicato,
nel contesta le non poche inesattezze contenute negli articoli dell'Espresso,
ribadisce i principi della legislazione sui dati personali e annuncia: "Ora
che la legge ha avuto otto mesi di sperimentazione e lo schema del codice di
deontologia è stato consegnato al Garante, si stanno determinando le condizioni
per una correzione di questo punto della legge, peraltro già ipotizzata dalla
Camera in sede di approvazione finale della legge e ribadita dal Governo in
occasione del Consiglio dei ministri del 9 maggio 1997".
E pochi giorni dopo, intervenendo ad un convegno, comunica di aver scritto una
lettera al Ministro di grazia e giustizia con l'invito a modificare l'articolo
25.
Il problema è nella legge
A questo punto è necessario fare un po' di
chiarezza e riportare la discussione a toni più pacati, perché la foga
polemica può far perdere di vista la sostanza delle cose. Alcuni fatti non
possono essere ignorati.
1. La confusione tra trattamento di dati personali a fini commerciali (e
altri...) e attività giornalistica è nella direttiva europea, che la legge
italiana non può non rispettare. Si potrebbe - anzi, si dovrebbe - discutere di
molte assurdità della normativa comunitaria, e soprattutto si dovrebbe evitare
di aggravare la situazione, come fa in molti punti la 675/96.
2. Che la 675/96 sia un guazzabuglio di norme inapplicabili era chiaro allo
stesso legislatore nel momento in cui la ha approvata, al punto che ha
contemporaneamente approvato una seconda legge, per dare al Governo la
possibilità di correggere la normativa, con un lunghissimo elenco di situazioni
da regolamentare a parte.
3. L'assurdità dell'articolo 25 è stata rilevata immediatamente dal Governo e
dal Garante, che hanno posto un primo rimedio con il decreto
legislativo n. 123, emanato proprio il
giorno dell'entrata in vigore della legge.
4. Non si può ignorare che in molti casi l'informazione giornalistica non ha
rispettato - e qualche volta non rispetta ancora oggi - il diritto alla
riservatezza delle persone. Contro eventuali abusi della libertà di
informazione c'è già il codice penale, ma una carta dei doveri consente di
mantenere nell'ambito dell'autodisciplina la valutazione di comportamenti ai
limiti della correttezza, lasciando al giudice solo i casi in cui con tutta
evidenza è stato commesso un reato.
Su un punto la discussione è aperta: il codice
elaborato dall'Ordine dei giornalisti soddisfa l'esigenza di conciliare il
diritto-dovere di cronaca con il diritto alla riservatezza degli interessati,
oppure - come sostiene l'Espresso - è un attentato alla libertà di
informazione? O ancora, come si potrebbe affermare dopo un attento confronto con
gli articoli della legge 675, contiene disposizioni contrarie alla legge stessa?
Questo è il punto fondamentale. Le norme oggi in
vigore non offrono una via di scampo al Garante, che da una parte deve applicare
la legge e dall'altra non può e non vuole imporre comportamenti che possono
limitare la libertà della stampa. Preso tra l'incudine di un testo legislativo
che non può essere disapplicato o aggirato e il martello brandito dalle robuste
mani della categoria dei giornalisti, il Garante non può fare altro che passare
la patata bollente nelle mani del Governo: riscrivi l'articolo 25, o non ne
veniamo fuori. Compito non facile, perché la legge
676 impone nei decreti correttivi della
675 il "rispetto dei principi e della impostazione sistematica della
legislazione in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al
trattamento dei dati personali", il che comporta l'impossibilità di
cambiamenti sostanziali.
C'è solo da sperare che si arrivi a una vera
riscrittura, chiara e applicabile, invece di aggiungere commi, codicilli ed
eccezioni varie, come è stato fatto per altri punti della sempre più
complicata normativa sulla tutela dei dati personali.
Dopo di che si potrà porre mano a un codice deontologico che soddisfi tutti,
magari scritto meglio di questo, che reca il titolo: "Norme deontologiche
per la tutela della privacy nell'utilizzazione di informazioni personali al fine
dell'esercizio della professione giornalistica (art. 25 Legge 675/96)". E'
singolare che proprio dai professionisti dell'informazione giunga un testo che
scimmiotta il peggior "giuridichese", invece di far vedere come anche
un testo normativo possa essere scritto in un italiano corretto e comprensibile.
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