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 Tutela dei dati personali - Legge 675/96

Il Garante tra l'incudine e il martello propone la revisione dell'articolo 25
di Manlio Cammarata - 22.01.98

"Non si uccidono così anche le notizie?" titola l'Espresso del 15 gennaio. E aggiunge: "Confusione fra traffici di dati personali e informazioni legittime, sanzioni spropositate... La Carta dei diritti e dei doveri dei giornalisti va cestinata. Lettera aperta al garante Rodotà".
La lettera, a firma di Roberto Martinelli, presenta un nutrito elenco di ragioni per le quali il
codice deontologico, elaborato dall'Ordine dei Giornalisti con la collaborazione di insigni giuristi e dello stesso Garante, può costituire un limite alla libertà di stampa. Il primo motivo è che le regole di condotta per i giornalisti non possono essere suggerite da un'autorità di nomina politica, quale sarebbe il Garante, come prevede l'articolo 25 della legge sulla tutela dei dati personali. La seconda è che "si confonde il concetto di notizia giornalistica con quella di dato personale" e che il Garante dovrebbe occuparsi solo dei dati raccolti a fini commerciali, dei quali si è fatto "un uso e un commercio indegni di un paese civile". Il terzo punto è che nella discussione parlamentare sul disegno di legge "qualcuno ha pensato di equiparare il giornalista a colui che gestisce, manipola e vende dati personali: Per analogia, gli archivi dei giornali sono stati assimilati a potenti centrali spionistiche"
Si passa poi all'obbligo del'informativa che, secondo Martinelli, ucciderebbe "il giornalismo d'inchiesta sui grandi scandali, sui misteri di Stato, sui gialli irrisolti, sulle ruberie e gli intrallazzi di regime". Ancora, le sanzioni introdotte dalla legge sui dati personali si aggiungono a quelle civili, penali, e disciplinari già previste per i giornalisti. Infine, e siamo al sesto punto, c'è la presunzione di colpevolezza in sede civile (il famigerato
articolo 18, che estende al trattamento dei dati personali le norme sulle attività pericolose sanzionate dall'articolo 2050 del codice civile): "il cronista sarà messo nella pratica impossibilità di provare la verità di quello che scrive... Con buona pace della libertà di stampa".

Un secondo pezzo, di Pierluigi Ficoneri, riassume i punti salienti del codice e ne ripercorre la storia. Conclude un articolo di Oreste Flammini Minuto, che considera un errore dell'Ordine l'essersi adeguato alla previsione della legge: "Avrebbe lasciato la patata bollente nelle mani del Garante. e non avrebbe dato mostra di accettare la limitazione dell'esercizio delle attività di informazione".

A giro di posta il Garante risponde, punto per punto, con un lungo comunicato, nel contesta le non poche inesattezze contenute negli articoli dell'Espresso, ribadisce i principi della legislazione sui dati personali e annuncia: "Ora che la legge ha avuto otto mesi di sperimentazione e lo schema del codice di deontologia è stato consegnato al Garante, si stanno determinando le condizioni per una correzione di questo punto della legge, peraltro già ipotizzata dalla Camera in sede di approvazione finale della legge e ribadita dal Governo in occasione del Consiglio dei ministri del 9 maggio 1997".
E pochi giorni dopo, intervenendo ad un convegno, comunica di aver scritto una lettera al Ministro di grazia e giustizia con l'invito a modificare l'
articolo 25.

Il problema è nella legge

A questo punto è necessario fare un po' di chiarezza e riportare la discussione a toni più pacati, perché la foga polemica può far perdere di vista la sostanza delle cose. Alcuni fatti non possono essere ignorati.
1. La confusione tra trattamento di dati personali a fini commerciali (e altri...) e attività giornalistica è nella direttiva europea, che la legge italiana non può non rispettare. Si potrebbe - anzi, si dovrebbe - discutere di molte assurdità della normativa comunitaria, e soprattutto si dovrebbe evitare di aggravare la situazione, come fa in molti punti la 675/96.
2. Che la 675/96 sia un guazzabuglio di norme inapplicabili era chiaro allo stesso legislatore nel momento in cui la ha approvata, al punto che ha contemporaneamente approvato una seconda legge, per dare al Governo la possibilità di correggere la normativa, con un lunghissimo elenco di situazioni da regolamentare a parte.
3. L'assurdità dell'articolo 25 è stata rilevata immediatamente dal Governo e dal Garante, che hanno posto un primo rimedio con il
decreto legislativo n. 123, emanato proprio il giorno dell'entrata in vigore della legge.
4. Non si può ignorare che in molti casi l'informazione giornalistica non ha rispettato - e qualche volta non rispetta ancora oggi - il diritto alla riservatezza delle persone. Contro eventuali abusi della libertà di informazione c'è già il codice penale, ma una carta dei doveri consente di mantenere nell'ambito dell'autodisciplina la valutazione di comportamenti ai limiti della correttezza, lasciando al giudice solo i casi in cui con tutta evidenza è stato commesso un reato.

Su un punto la discussione è aperta: il codice elaborato dall'Ordine dei giornalisti soddisfa l'esigenza di conciliare il diritto-dovere di cronaca con il diritto alla riservatezza degli interessati, oppure - come sostiene l'Espresso - è un attentato alla libertà di informazione? O ancora, come si potrebbe affermare dopo un attento confronto con gli articoli della legge 675, contiene disposizioni contrarie alla legge stessa?

Questo è il punto fondamentale. Le norme oggi in vigore non offrono una via di scampo al Garante, che da una parte deve applicare la legge e dall'altra non può e non vuole imporre comportamenti che possono limitare la libertà della stampa. Preso tra l'incudine di un testo legislativo che non può essere disapplicato o aggirato e il martello brandito dalle robuste mani della categoria dei giornalisti, il Garante non può fare altro che passare la patata bollente nelle mani del Governo: riscrivi l'articolo 25, o non ne veniamo fuori. Compito non facile, perché la legge 676 impone nei decreti correttivi della 675 il "rispetto dei principi e della impostazione sistematica della legislazione in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali", il che comporta l'impossibilità di cambiamenti sostanziali.

C'è solo da sperare che si arrivi a una vera riscrittura, chiara e applicabile, invece di aggiungere commi, codicilli ed eccezioni varie, come è stato fatto per altri punti della sempre più complicata normativa sulla tutela dei dati personali.
Dopo di che si potrà porre mano a un codice deontologico che soddisfi tutti, magari scritto meglio di questo, che reca il titolo: "Norme deontologiche per la tutela della privacy nell'utilizzazione di informazioni personali al fine dell'esercizio della professione giornalistica (art. 25 Legge 675/96)". E' singolare che proprio dai professionisti dell'informazione giunga un testo che scimmiotta il peggior "giuridichese", invece di far vedere come anche un testo normativo possa essere scritto in un italiano corretto e comprensibile.