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 Tutela dei dati personali - Legge 675/96

Scusi, ma lei è "optinista" o "optautista"?
di Marco Maglio* - 26.07.01

Pare che nel nostro Bel Paese, dopo le laceranti divisioni tra chi è di Destra e chi è di Sinistra, tra chi parteggia per Bartali e chi per Coppi e chi ama il Nord e chi sostiene il Sud, un altro dualismo si stia facendo strada con prorompente vitalità. Infatti, nei dialoghi tra chi si occupa di privacy e dintorni, risuona ormai sempre più frequentemente la domanda : "scusi, ma lei è per l'opt in o per l'opt out"?

Non amo le contrapposizioni; preferisco il dialogo e la ricerca dei punti di contatto, anche perché penso che in ultima analisi solo ascoltando, comprendendo e rispettando le ragioni di tutti sia possibile capire i fatti della vita. In ogni caso proprio non sopporto di appartenere ad uno schieramento: non amo il coro perché mi piace, se lo voglio, essere libero di stonare.
Quindi non appartengo al gruppo che definisco degli optautisiti (optoutisti per gli anglografi) cioè di coloro che ritengono che la possibilità di comunicare con potenziali lettori o clienti non debba essere preclusa fino a quando l'interessato non abbia espressamente detto che non vuole ricevere quel tipo di informazioni.

Anche a me le invadenze dei "professionisti della comunicazione" non piacciono e mi dà fastidio ricevere messaggi che non ho richiesto (almeno fino a quando non scopro, grazie a qualcuna di queste offerte, quello di cui avevo bisogno: capita, magari raramente, ma capita ed io cerco di tenere viva la mia curiosità intellettuale e la mia fiducia verso il prossimo).
Peraltro anche lo schieramento di quelli che chiamo gli optinisti, cioè di coloro che invece ritengono che l'invio di messaggi indirizzati possa essere legittimo solo se colui al quale ci si rivolge ha dato il suo preventivo consenso espresso, non risolve le mie difficoltà di appartenenza: credo che questo approccio al problema della privacy limiti fortemente la libertà di comunicazione, riduca gli spazi per lo sviluppo della personalità di ognuno di noi e solo apparentemente garantisca la protezione dei dati personali.
Credo poi che se in passato fosse stata limitata sulla base del consenso preventivo la possibilità di promuovere la vendita di nuovi prodotti, lo sviluppo economico ed il progresso tecnologico sarebbero stati assai più lenti.

Anche a me piace pensare ad un mondo in cui i miglioramenti della qualità di vita arrivano in modo disinteressato grazie alla creazione di qualche geniale filantropo; ma mi dicono che invece la gran parte delle innovazioni sono il frutto di un calcolo interessato fatto da parte di chi cerca di tratte vantaggio economico dal suo ingegno.
Così ad esempio credo che il signor Biro inventò la penna che porta il suo nome con l'intenzione di commercializzarla, offrendola a chi non poteva chiedergliela perché nemmeno sapeva che esistesse. Insomma nel sistema economico virtuoso, quello che tende alla crescita ed allo sviluppo sostenibile, l'Offerta precede sempre la Domanda. Forse su questo dovremmo riflettere visto che, piaccia o no, proprio l'Offerta è uno dei motori che muovono l'esistenza e fanno progredire l'uomo.

Stiamo parlando di privacy, d'accordo: ma non dimentichiamoci i fondamentali.
Per tutti questi motivi invece di una dichiarazione di appartenenza ad uno schieramento (optinista o optautista?) preferisco esprimere una preoccupazione: credo che il consenso preventivo ed informato, vero baluardo difensivo di quel diritto di autodeterminazione, che chiamiamo ormai convenzionalmente privacy, rischi di rimanere ingabbiato entro gli angusti confini della terra dell'opt in e dell'opt out. Temo che lungo questa strada il consenso diventerà simile a quei Totem impagliati che ricordo di aver visto nel Museo Nazionale di Antropologia di Città Del Messico: un Totem, un tempo temuto e rispettato, ma carico solo dell'energia che gli veniva trasmessa da chi lo venerava ed oggi è assolutamente inerte, un oggetto da esposizione.
Così non vorrei sacrificare al mito del consenso preventivo, informato e documentato per iscritto l'intera esistenza della privacy nel mio Paese. Credo che per garantire la riservatezza dei dati personali ci si debba sforzare di essere più fantasiosi e meno statici, modellando davvero le strategie di difesa sulle multiformi aggressioni, reali o potenziali, che "i grandi comunicatori" mettono in atto.

Credo che il consenso preventivo sia uno strumento essenziale in alcuni casi (per esempio quando muta sostanzialmente la finalità di trattamento rispetto a quella per la quale il dato personale era stato raccolto); in altre situazioni invece il consenso preventivo non serve a nulla ed anzi diventa una beffa il chiederlo, il conservarlo e l'esibirlo a richiesta dell'interessato (ai sensi dell'articolo 13 della cosiddetta legge sulla privacy): il consenso può essere comprato, a basso costo, alla faccia della consapevolezza e della dignità delle persone; ed anzi sarà molto facile comprare per poco il consenso preventivo ed informato di chi è più debole ed indifeso, sia economicamente sia culturalmente: la partecipazione ai concorsi a premi, i gadget, i buoni omaggio e i carnet di sconti esprimono, con le suadenti note del marketing, questo processo di "acquisto" del consenso.

Proprio per questo credo che la vera partita della tutela della riservatezza, almeno nel settore della comunicazione commerciale, si giochi non tanto sul terreno scivoloso del consenso (sia esso raccolto con tecniche opt-in o opt-out, poco cambia nell'economia di questo ragionamento) ma su quello assai più solido dell'informativa.
Perché se l'interessato sa, davvero, che qualcun altro raccoglie informazioni su di lui, per quale scopo e con quale finalità ad ha ben chiaro a chi deve rivolgersi per esercitare i suoi diritti potrà effettivamente , come è stato ben detto "essere garante di se stesso".
Se invece ci si concentrerà solo sul modo in cui il consenso viene raccolto e non ci si preoccupa del livello di informazione dal quale il consenso nasce credo che la privacy resterà un diritto vuoto.
Quindi , chiedo scusa a tutti e spero di non deludere nessuno ma io a questo dibattito tra out in ed out out preferirei proprio non partecipare: non sono interessato a questo tipo di discussioni estetiche sulle forme del consenso: mi occupo della natura delle cose. Vorrei che si parlasse di infomativa, di effettività dei diritti promessi dalla legge n. 675 e di strategia integrata (basata sulla legge, sull'autodisciplina, sulle tecnologie e sui sistemi di cancellazione centralizzata come il www.cancellami.it proposto dall'AIDiM) per la difesa vera della privacy.

C'è poi un problema di coerenza normativa che l'Unione europea ha ben presente e che ha recentemente riaffermato, riequilibrando la bilancia che si era spostata a favore dell'opt in, come ho ricordato nel comunicato stampa pubblicato dal numero scorso di InterLex: chi voglia dedicare due minuti del suo tempo per rendersene conto, potrebbe rileggersi l'articolo 10 (limiti all'impiego di talune tecniche di comunicazione a distanza) della direttiva 97/7/CE del 20 maggio 1997 riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza e l'articolo 7 (comunicazione commerciale non sollecitata) della direttiva 2000/31/CE dell'8 giugno 2000, la cosiddetta "direttiva sul commercio elettronico". Basterebbe questo piccolo sforzo per rendersi conto che, stando alle direttive comunitarie:

  • il consenso preventivo del consumatore è richiesto per i messaggi inviati attraverso un sistema automatizzato di chiamata senza intervento di un operatore e per i fax;
  • le tecniche di comunicazione a distanza diverse da queste, qualora consentano una comunicazione individuale cioè personalizzata, possono essere impiegate solo se il consumatore non si dichiara esplicitamente contrario;
  • coloro che inviano per posta elettronica comunicazioni commerciali non sollecitate sono tenuti a consultare regolarmente e rispettare i registri negativi in cui possono iscriversi le persone fisiche che non desiderano ricevere tali comunicazioni commerciali (ancora una volta www.cancellami.it).

Insomma non mi sembra che ci sia una assoluta ed incondizionata affermazione di favore per l'opt in. Peraltro è anche vero che in Italia, il Garante, operando in un sistema che ha adottato in modo chiaro il meccanismo dell'opt-in, ha opportunamente riequilibrato la situazione, facilitando l'utilizzo dei pubblici elenchi (penso agli elenchi telefonici, ai registri anagrafici ed alle liste elettorali) per finalità di comunicazione commerciale. In Germania, ad esempio le scelte dell'Autorità di garanzia sono state molto più restrittive, ma non credo si sia innalzata la soglia di protezione della privacy.

Ma ripeto non è questo il vero problema, a mio avviso. Chiederei quindi, sommessamente ma fermamente, con la stessa mite fierezza dello scrivano Bartleby (il personaggio creato da Herman Melville), di non essere iscritto d'ufficio al partito degli optouttisti per il solo fatto di occuparmi di rappresentare anche le ragioni del direct marketing: come direbbe Bartleby "Preferirei di no"; preferirei che anche su questo potesse impostarsi un dialogo aperto che miri a cogliere l'essenza delle cose, avendo ben chiara la natura dei fatti che si devono regolare e stabilire meccanismi di protezione efficaci, fuori dai pregiudizi, dalle dietrologie e dalle ragioni delle lobbies..

Quanto al Galateo invertito dello spam builder che Andrea Monti con una bella immagine evoca nel suo commento del numero scorso di InterLex, che ho apprezzato e analizzato con interesse, mi viene in mente una cosa: un principio fondamentale che Monsignor Della Casa indicava come un precetto era quello per cui "le azioni si devono fare non a proprio arbitrio ma per il piacere di coloro coi quali si è in compagnia". Credo che questo sia il fondamento sul quale oggi come in futuro si deve fondare la corretta comunicazione interattiva, che non può esistere se si suscita fastidio nel proprio interlocutore. Nessuna inversione di regole, quindi, per quello che mi risulta. Anzi.

Questo per sottolineare che lo spamming con la comunicazione commerciale indirizzata e con il direct marketing non ha proprio niente a che spartire. Purtroppo spesso si verifica questa spiacevole e grossolana sovrapposizione (è il caso ad esempio del doppio intervento di Andrea Putignani ospitato da Interlex ed intitolato Consenso, informativa e direct marketing, studio assai informato ma sorprendentemente dedicato, a dispetto del titolo, a tutto fuorché al direct marketing, ancora una volta confuso con lo spamming).
Ma questo è un altro discorso che un giorno o l'altro varrà la pena di iniziare seriamente. E senza pregiudizi.