Uno scenario senza certezze e senza
confini
di Manlio Cammarata - 07.05.98
Con un convegno sul tema "Internet e
privacy, quali regole?" il Garante celebra il primo anniversario
dell'entrata in vigore della legge italiana sulla protezione dei dati personali.
La scelta dell'argomento è significativa, perché indica da una parte
l'importanza del problema della riservatezza nelle attività telematiche,
dall'altra l'urgenza di fare chiarezza in uno scenario tanto vasto quanto
confuso.
Il programma
del convegno, che prevede la
partecipazione di numerose personalità internazionali, rivela una corretta
impostazione del problema, che non può essere visto in un'ottica locale, ma
richiede una stretta cooperazione tra tutti gli stati del mondo. Tuttavia è
strano che non sia stata prevista una partecipazione delle associazioni degli
Internet provider, che sono i diretti interessati e potrebbero offrire un
contributo non trascurabile sui complessi aspetti - non solo tecnici - della
protezione dei dati sulla Rete.
Il fatto è che in Italia si pensa agli Internet provider solo per tartassarli
(quando non per multarli...) o per tentare di renderli responsabili,
indiscriminatamente, di tutto quanto passa per la Rete. Soprattutto non si
riesce a capire che tra gli Internet service provider devono essere
distinte due categorie del tutto diverse: quella dei fornitori di accessi (access
provider) e quella dei fornitori di contenuti (content provider),
che svolgono lavori del tutto diversi e hanno quindi diverse responsabilità.
Non a caso, nella proposta di Carta
delle garanzie di Internet formulata da
questa rivista, i diversi ruoli sono ben classificati nelle definizioni
contenute nell'articolo
2, mentre le responsabilità sono
specificamente e separatamente descritte nei diversi articoli dell Titolo
II.
La differenza di ruoli e di responsabilità tra le diverse categorie di provider
è di particolare rilievo anche per quanto attiene alla protezione dei dati
personali, perché sulla Rete si possono diffondere sia i dati personali degli
abbonati - il cui trattamento è sotto il controllo dei fornitori di accessi -
sia altre informazioni, trattate dai fornitori di contenuti, in particolare di
servizi on-line (commercio elettronico e altre attività che prevedono
l'acquisizione di dati degli utenti). Ne abbiamo discusso in dettaglio poche
settimane fa, a proposito della notificazione
dei trattamenti di dati personali da parte degli Internet provider
e non è il caso di ripetere qui le considerazioni già espresse nei diversi
articoli della serie.
Ora è necessario vedere la questione da un altro
punto di vista. Dal convegno che si apre domani, 8 maggio, il Garante ricaverà
molte indicazioni utili per formulare proposte adeguate al Governo, che entro la
fine di ottobre dovrà emanare un decreto legislativo per stabilire le
modalità applicative della legislazione in materia di protezione dei dati
personali ai servizi di comunicazione e di informazione offerti per via
telematica, individuando i titolari del trattamento di dati inerenti i servizi
accessibili al pubblico e la corrispondenza privata, nonché i compiti del
gestore anche in rapporto alle connessioni con reti sviluppate su base
internazionale, come prescrive la legge
676/96, articolo 1, comma 1, lettera n).
Tralasciamo, per il momento, le non poche
questioni che possono essere sollevate su questa previsione normativa e puntiamo
lo guardo sulle "connessioni con reti sviluppate su base
internazionale", che è una delle tante definizioni di Internet in
giuridichese. L'internazionalità di Internet è il problema essenziale, perché
nessuna legislazione nazionale può dettare regole efficaci per tutta le Rete, e
non solo nel campo della protezione dei dati personali.
Cerchiamo di mettere a fuoco il problema. Queste sono le disposizioni della legge
675/96 che riguardano il trattamento di
dati personali su Internet:
Art. 2. (Ambito di applicazione)
1. La presente legge si applica al trattamento di dati personali da chiunque
effettuato nel territorio dello Stato.
Art. 6. (Trattamento di dati detenuti
all'estero)
1. Il trattamento nel territorio dello Stato di dati personali detenuti
all'estero è soggetto alle disposizioni della presente legge.
2. Se il trattamento di cui al comma 1 consiste in un trasferimento di dati
personali fuori dal territorio nazionale si applicano in ogni caso le
disposizioni dell'articolo 28.
Art. 28. (Trasferimento di dati personali
all'estero)
1. Il trasferimento anche temporaneo fuori del territorio nazionale, con
qualsiasi forma o mezzo, di dati personali oggetto di trattamento deve essere
previamente notificato al Garante, qualora sia diretto verso un Paese non
appartenente all'Unione europea o riguardi taluno dei dati di cui agli articoli
22 e 24.
2. Il trasferimento può avvenire soltanto dopo quindici giorni dalla data della
notificazione; il termine è di venti giorni qualora il trasferimento riguardi
taluno dei dati di cui agli articoli 22 e 24.
3. Il trasferimento è vietato qualora l'ordinamento dello Stato di destinazione
o di transito dei dati non assicuri un livello di tutela delle persone adeguato
ovvero, se si tratta dei dati di cui agli articoli 22 e 24, di grado pari a
quello assicurato dall'ordinamento italiano. Sono valutate anche le modalità
del trasferimento e dei trattamenti previsti, le relative finalità, la natura
dei dati e le misure di sicurezza.
Ora cerchiamo di applicare queste disposizioni
alle normali attività in ambito Internet. Un fornitore di informazioni
italiano, con sede in Italia, che diffonde le sue pagine Web (contenenti dati
personali) da un server posto in un altro Stato, ricorre nella previsione
dell'articolo 6, commi 1 e 2, e dell'articolo 28. Fin qui è tutto chiaro. Ma
anche chi mette on line dall'Italia informazioni personali deve fare i
conti con l'articolo 28, per la globalità della Rete, e anche perché,
presumibilmente, i dati vanno anche verso paesi che "non assicurano un
livello di tutela delle persone adeguato" (escludiamo, in linea di
principio, che si tratti dei dati indicati dagli articoli 22 e 24, i cosiddetti
"dati sensibili").
Ma ora immaginiamo che un abbonato a un fornitore
italiano compili un modulo per un acquisto telematico inviato da un fornitore
estero. La prima fase del trattamento, che consiste nella raccolta dei dati,
avviene in territorio italiano, quindi è soggetta alla legge italiana, in forza
dell'articolo 2. Quindi il fornitore straniero dovrebbe, tanto per incominciare,
notificare il trattamento al nostro Garante. Il che appare alquanto
improbabile...
Ancora, facciamo l'ipotesi che un operatore straniero compia, interamente
all'estero, trattamenti su dati, disponibili sulla Rete, di cittadini italiani:
questi non avrebbero alcuna protezione dalla nostra legge.
E' evidente che nessuna regolamentazione
nazionale può risolvere questi problemi, che pure riguardano i diritti
fondamentali della persona. Sarebbe quindi necessario un concerto internazionale
per armonizzare le norme dei diversi paesi.
Ma se proviamo a immaginare quale accordo sia possibile tra una moltitudine di
stati, ciascuno con il proprio ordinamento sulla tutela della riservatezza (per
non parlare di quelli che non hanno una normativa in materia), ci rendiamo conto
che l'obiettivo è molto difficile da raggiungere, per non dire impossibile.
Allora tanto vale fare un passo più avanti e
cercare di rendere realistica quella che oggi a molti sembra ancora un'utopia:
regolare, con accordi internazionali, la Rete come "luogo". Creare
cioè una normativa comune che consideri i comportamenti su Internet, quando non
riconducibili a un ambito nazionale definito, come atti compiuti in un
territorio particolare (o "metaterritorio"), con un proprio
ordinamento. Ho avanzato questa tesi meno di un anno fa in Quali
leggi per il "territorio Internet"?,
articolo che ha riscosso qualche consenso e molte critiche.
Ma allora, se si continua a dire che Internet è "un territorio senza
leggi, un Far West" (facendo seguire la considerazione che le leggi
nazionali non sono adeguate), perché non si pone mano alla produzione delle
norme di cui si lamenta la mancanza?
In realtà Internet non è un territorio senza leggi, è un territorio senza
confini e con un ordinamento molto confuso.
E quale occasione migliore di un convegno
internazionale sul diritto alla riservatezza si può trovare per avviare lo
studio di una regolamentazione comune della Rete? Potrebbe essere questo il
motivo di fondo delle "celebrazioni" del primo anno di vita della
legge 675/96.
Non dimentichiamo che, solo pochi anni fa, molti consideravano utopistica, per
non dire folle, l'idea di una moneta comune del "territorio Europa"...
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