Brevetti software, anche gli USA ci ripensano?
di Manlio Cammarata - 10.11.03Brevetti e proprietà intellettuale: montano le
polemiche su due proposte di direttiva in discussione a Bruxelles. Si tratta del
testo emendato "sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di
elaboratori elettronici" e di un emendamento presentato per la
proposta di direttiva "relativa alle misure e alle procedure volte ad assicurare
il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale".
Cerchiamo di capire i motivi di tanto clamore. La prima proposta di direttiva
è stata
definita, con qualche imprecisione, "sulla brevettabilità del
software" e ha suscitato critiche fortissime durante tutto il suo iter,
perché offre una iper-protezione in contrasto con i principi stessi della
disciplina dei brevetti. Critiche tanto serie e tanto numerose da portare
all'approvazione di una serie di emendamenti che ne attenuano la portata, ma che ancora non convincono gli osservatori
più attenti (vedi,
per incominciare, il n. 256: Diritti
digitali: qualcosa si muove?).
La sostanza del problema, al di là di tutte le considerazioni di dettaglio
che si possono fare sul nuovo articolato, è più semplice di quanto
possa apparire a prima vista. Vediamola in estrema sintesi.
Le invenzioni e le opere dell'ingegno possono essere protette, a seconda della
loro natura, con due strumenti diversi, efficaci e collaudati da tempo: la
disciplina dei brevetti e quella del diritto d'autore. Sono due regimi del tutto
diversi, che si applicano a fattispecie diverse, ma che hanno in comune il punto
di equilibrio tra la tutela dei legittimi interessi degli inventori e degli
autori da una parte e l'esigenza di non bloccare la diffusione della conoscenza
e il progresso dall'altra (per maggiori dettagli sulle differenze tra i due
istituti si veda Le modifiche non cambiano
i termini del problema di A. Monti).
Il testo originario (prima degli "emendamenti McCarthy") sembrava
fatto apposta per annullare il principio della "non brevettabilità delle
idee": espressione non del tutto esatta, ma che aiuta a capire la
ragione della fortissima opposizione al progetto. Gli emendamenti attenuano
senza dubbio la portata delle disposizioni più critiche, ma siamo ancora molto
lontani da un testo condivisibile: non tutti i problemi sono stati risolti e
nessuno può onestamente chiedere che la direttiva possa essere approvata senza ulteriori modifiche.
Ma, a ben guardare, l'intero quadro della proposta non sta in piedi.
Con l'attuale impostazione del progetto potrebbero sorgere controversie
ancora più intricate di quelle che abbiamo visto fino a oggi, perché gli
strumenti di protezione nel regime brevettuale e in quello del copyright sono inconciliabili (Vedi La brevettabilità del software: perché non può funzionare
di N. W. Palmieri). Sarebbe sempre più difficile
(e costoso) per una media o piccola software house difendersi da rivendicazioni
avanzate da qualche multinazionale; la dimostrazione dell'originalità di un
codice sorgente potrebbe essere impossibile.
E tutto questo a vantaggio dei giganti americani e a svantaggio della più
gracile industria europea del software, per non parlare di quella italiana,
fondata per lo più su imprese piccole o piccolissime.
Non basta. In tutto il mondo, e in particolare in Europa, si afferma
l'opportunità di adottare su vasta scala il software open source. In Italia,
dopo i risultati della "Commissione Meo", il ministro Stanca ha
emanato una direttiva per stimolare l'adozione del software libero nella
pubblica amministrazione (il testo non è ancora disponibile).
Anche in altri Paesi, come l'Olanda, l'open source viene visto sempre più come
una scelta vincente per il settore pubblico. Ma il contenuto della proposta di
direttiva è concettualmente agli antipodi dei principi del software libero,
tanto che non sarebbe esagerato dire che si tratta, nella sostanza, di una proposta
"contro l'open source".
Insomma, nella migliore delle ipotesi la direttiva sarebbe inutile,
soprattutto perché non detta regole certe per le decisioni dell'Ufficio europeo
dei brevetti. Decisioni che sempre più spesso suscitano perplessità perché sembrano
conformarsi alla tendenza americana di concedere brevetti per qualsiasi idea o
ideuzza che passi per la testa del primo arrivato, purché assistito da abili e
ben pagati consulenti.
Ma c'è una novità che i parlamentari europei dovrebbero considerare con molta
attenzione: proprio dagli USA giunge potente il segnale di un ripensamento sulla
politica di concessione dei brevetti. Potente perché è opera nientedimeno che
della Federal Trade Commission. In un recentissimo, ponderoso rapporto
intitolato "To Promote Innovation: The Proper Balance of Competition and
Patent Law and Policy" la FTC propone una completa revisione dei
criteri di concessione e rivendicazione dei brevetti, riportando l'istituto
brevettuale ai suoi principi originari (qui il
rapporto completo - pdf 2,28 MB - e qui
l'Executive Summary - pdf 149 kB)
Ora a Bruxelles qualcuno si chiede se, a pochi mesi dalla scadenza del
mandato di questo Parlamento, sia opportuno proseguire la discussione, nella
quasi certezza di non fare in tempo ad approvare il testo definitivo. Sembra un
ottimo motivo per lasciare che la tanto discussa proposta cada nel
dimenticatoio: ci sono cose più importanti da decidere nel poco tempo a
disposizione prima che gli eurodeputati facciano le valigie.
Fra le altre (ma non è certo la più importante) la "Proposta di
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure e alle
procedure volte ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale".
Un testo che viene definito "di armonizzazione" e, come tutta la
recente normativa in materia di diritto d'autore, tende a rafforzare i diritti
dell'industria dei contenuti e a colpire soprattutto la pirateria su scala
industriale. A una prima lettura sembra addirittura più "permissivo"
degli articoli 171-bis e seguenti
della nostra legge sul diritto d'autore.
Ma ecco l'immancabile proposta
di emendamenti, di chiara origine "industriale", che fa di ogni
erba un fascio e mette sullo stesso piano la riproduzione abusiva a scopo
commerciale e il singolo utente che scarica occasionalmente un file coperto da
copyright (per i dettagli vedi Beneficiari inconsapevoli o inconsapevolmente
vessatori? di P. Nuti e Futuro incerto per Internet: anche le corporation contro i brevetti
di Puntoit). Le proteste sono così forti e generalizzate che gli emendamenti
hanno ben poche probabilità di essere approvati. Ma è il caso di
vigilare e, comunque, di leggere la proposta, perché è un chiaro esempio di
come le multinazionali dei contenuti insistano nell'ottusa e feroce applicazione
di strumenti superati e ormai inefficaci, invece di proporre forme nuove e
realistiche di sfruttamento della proprietà intellettuale.
|