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 Nomi a dominio

Il progetto non va, le polemiche non centrano il bersaglio
di Manlio Cammarata - 17.04.2000

Se gli spazi di libertà assicurati da un ordinamento sono così ampi da lasciare campo aperto alla sopraffazione da parte del più forte, del più furbo o del più ricco, è necessario dettare qualche regola che restringa la possibilità di interpretazioni arbitrarie della libertà. Naturalmente è essenziale che le regole non restringano la libertà stessa, altrimenti si trasformano esse stesse in arbitrio.
Questo è, o dovrebbe essere, il principio che potrebbe legittimare la proposta del Governo per una legge sulla registrazione dei nomi a dominio, che sono il fondamento della struttura dell'internet.

Ma il disegno di legge approvato il 12 aprile scorso e illustrato dal sottosegretario all'innovazione Stefano Passigli - il "DDL Passigli" - ha suscitato un tale vespaio di polemiche da far perdere di vista i punti essenziali della questione. Inoltre molte argomentazioni dei detrattori della proposta sono inconsistenti, contraddittorie, strampalate, frutto a volte di disattenta lettura del testo o di totale ignoranza dei principi elementari del diritto (per esempio, quando si parla di "multa" a proposito del risarcimento minimo, o di "proprietà" del nome a dominio, confondendo un diritto soggettivo con un diritto reale).
Dunque è necessario riordinare le idee, leggere con calma la proposta normativa e valutare se e come risolve i problemi. Per maggiore chiarezza esamineremo non i singoli passaggi del testo, ma partiremo dai problemi sul tappeto, attribuendo un "voto" positivo o negativo alle soluzioni governative, con il vecchio sistema delle palline bianche e nere. Fermo restando, naturalmente, che sono opinioni personali di chi scrive e quindi del tutto discutibili.

E' necessario un intervento normativo? Le polemiche sorte in seguito alle recenti operazioni di domain grabbing su vasta scala hanno dimostrato l'insufficienza delle regole esistenti. Tuttavia della materia dovrebbe occuparsi l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, se non altro segnalando al Governo la necessità di provvedimenti, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, n. 15) della legge 249/97. Nello scandaloso letargo dell'Autorità per tutto quanto riguarda l'internet, il Governo ha preso l'iniziativa e incassa una pallina bianca.

Si deve distinguere tra "uso" e "registrazione". Il titolo e il testo del DDL parlano sistematicamente di "uso" dei nomi a dominio. E' una svista molto grave, perché i problemi interessano la registrazione dei nomi, non se e come i domini registrati vengono utilizzati dai loro titolari. Questa materia rientra nel campo delle libertà di espressione e di impresa, garantite dalla Costituzione, e già oggetto di leggi efficaci per reprimere eventuali abusi. Pallina nera.

Si devono limitare i fenomeni di domain grabbing e cybersquatting. Il DDL colpisce specificamente queste pratiche e determina le necessarie riserve per alcune categorie di nomi. Per i "nomi di genere" vieta l'uso - vedi il punto precedente - per trarne profitto mediante cessione o per recare danno, ed è una soluzione equilibrata. Inoltre sancisce l'applicabilità ai nomi a dominio delle norme sul diritto al nome e sui marchi commerciali, senza aggiungere nulla all'ordinamento, ma facendo giustizia delle inutili polemiche sulla questione. Polemiche che hanno registrato argomentazioni deliranti del tipo "Nel ciberspazio non valgono le regole del mondo reale" . Pallina bianca.

Le regole si estendono anche a domini di primo livello (TLD) diversi da quelli ".it". Se una violazione delle regole è operata da chi è soggetto alla legge italiana con la registrazione di domini .com, .net eccetera, si applicano le stesse norme relative ai domini .it. Questa norma, come altre del DDL, serve solo a chiarire quello che è già nella legislazione vigente. Pallina bianca.

Per le violazioni è previsto un risarcimento minimo di 3.000 Euro. Attenzione, non si tratta di una sanzione penale o amministrativa, come è stato da più parti interpretato, ma della definizione della misura minima del risarcimento al soggetto danneggiato. Si sottrae così al giudice ordinario una parte della competenza sulla valutazione del danno, che in qualche caso potrebbe essere irrilevante. Norma inconcepibile, pallina nera.

Sono nulli gli atti di disposizione dei domini ottenuti in violazione del primo comma. Quasi ovvio, pallina bianca. Qualcuno ha scritto che il DDL vieterebbe la "compravendita" di qualsiasi dominio: non è vero, la norma si riferisce solo ai nomi oggetto di registrazioni illegittime.

E' istituita l'Anagrafe dei nomi a dominio. Dovendo attribuire una rilevanza legale alla registrazione, la misura è necessaria. Ma il testo non chiarisce la natura giuridica dell'Anagrafe e, soprattutto, non assegna allo IAT le risorse necessarie per svolgere i compiti che gli sono affidati. Proprio questo (e forse solo questo) è il punto sul quale il Governo deve intervenire, attraverso il Ministero dell'università e della ricerca, per mettere la Registration Authority in grado di svolgere al meglio i compiti che le sono assegnati. Pallina nerissima.

Cancellazione della registrazione dopo 90 giorni di "non uso". Qui ci vorrebbe un intero camion di palline nere. Da una parte la norma è frutto di profonda ignoranza del funzionamento dell'internet, dall'altra esula pesantemente dalla materia che si dovrebbe regolare. Le norme che servono - se servono -  riguardano la registrazione dei nomi, non l'uso dei domini registrati, che coinvolge in primo luogo diritti sanciti dalla Costituzione e, come si è detto, già regolati per legge.

Competenza esclusiva del TAR. Nulla da aggiungere alle ampie argomentazioni di Monti, Sarzana e Venitucci.

Il problema delle omonimie. Dopo aver fatto anche troppo per la già scontata estensione della normativa sui nomi e sui marchi ai domini, il DDL avrebbe dovuto chiarire anche questo falso problema. Delle due l'una: o si lascia un semplice richiamo alle norme esistenti, o si chiarisce tutto quello che richiede un chiarimento, come dimostrano le inutili polemiche su questo punto. Pallina nera.
Di fatto non esiste altra soluzione possibile che il first come, first served. Per i marchi vale la stessa regola: nessuno può registrare un'azienda sotto la denominazione, per esempio, di "FIAT AUTO SpA", per il semplice motivo che c'è già. Se mai un eventuale pretendente alla denominazione può trattare con il detentore dei diritti...

Molto altro si potrebbe dire, ma lo scopo di questo articolo è solo quello di riportare la discussione nell'ambito del diritto, oltre che del buon senso. Resta solo da aggiungere, ancora una volta, che se il Governo avesse pubblicato una bozza sollecitando commenti e proposte, non sarebbe incorso nell'ennesima brutta figura in questa materia. Per fortuna all'ultimo momento è stata abbandonata la strada del decreto legge, che avrebbe comportato più gravi problemi.
Ora, con la discussione parlamentare, le questioni aperte possono trovare soluzioni più adeguate.