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 Le regole dell'internet

Chi difende gli italiani in Rete?
di Manlio Cammarata - 01.03.99

Oggi al Senato si svolge un convegno che potrebbe essere importante per il futuro dell'internet in Italia. Con il titolo "Internet: i diritti telematici", e un programma denso di interventi, il gruppo dei Verdi pone all'ordine del giorno una serie di problemi la cui soluzione non può più essere rinviata.

Questo è un momento critico per l'internet, e non solo in Italia.
Infatti al livello mondiale è iniziata quella che possiamo definire la "ristrutturazione globale" della Rete, in seguito alla costituzione di una nuova struttura per l'assegnazione dei "nomi a dominio" e dei "numeri IP". Questo organismo è l'
Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN), che riunisce le competenze fino a ieri divise tra vari enti (ARIN, LANA, InterNIC ecc.). Ma non è solo una questione di nomi e di numeri, perché l'ICANN si presenta come una sorta di "governo"mondiale della Rete. Le novità essenziali sono due: primo, sarà una struttura indipendente, fondata sulla rappresentanza globale, cioè verrà meno il controllo dell'amministrazione degli USA (ma per due anni sarà sotto la sorveglianza del Department of Commerce); secondo, l'assegnazione dei domini sarà gestita da una pluralità di enti, in concorrenza fra loro sulla base delle regole che la stessa ICANN dovrà stabilire fra pochissimo tempo.
In sostanza è incominciata una ridistribuzione del "potere" che avrà conseguenze a cascata in tutte le nazioni. Quando si parla di commercio elettronico la questione dei marchi e dei nomi a dominio coinvolge interessi enormi. In Italia, fra l'altro, è sperabile che venga meno il potere assoluto, spesso esercitato in modo discutibile, dell'attuale autorità di naming.

Nella nascita dell'ICANN c'è un aspetto da non trascurare: l'indicazione del Department of Commerce come "sorvegliante" del processo di trasformazione è significativa del cambiamento della natura della Rete. Essa infatti si è sviluppata come strumento di scambio di informazioni e di diffusione della conoscenza, con una connotazione libertaria e assolutamente nonprofit. Oggi è vista soprattutto come strumento di profit, di commercio, e gli interessi che si sviluppano intorno a questo settore sono giganteschi. Siamo quindi di fronte a un capovolgimento della concezione dell'internet. Non solo (e forse non più) un mezzo per diffondere conoscenza, affermare idee anche controcorrente, anche da parte di sparute minoranze, ma un gigantesco mercato nel quale vende più merce chi grida più forte. Fra l'altro non dobbiamo dimenticare che i mercanti hanno tutto l'interesse a lavorare in un ambiente tranquillo, frequentato da gente per bene e non percorso da squattrinati in blue-jeans (a meno che non siano firmati), da intellettuali libertari e scienziati distratti. E quindi ben vengano controlli e censure.

Anche in Italia molte cose si muovono, ma non tutte nel verso giusto. Se il mercato telematico nasce e si sviluppa in modo disordinato, senza che vengano sciolti i troppi nodi che legano ancora lo sviluppo della Rete, avremo perso l'occasione di fare dell'internet uno strumento di crescita culturale e sociale. E' urgente cercare soluzioni per evitare che si verifichi nella telematica quello che è successo nella televisione, dove vediamo contenuti di qualità paurosamente bassa, nessuno stimolo culturale, poca e cattiva informazione, di fronte al proliferare incontrollato di pubblicità, promozioni e televendite, con il condimento di telequiz che più imbecilli non si può.

In altri paesi - per esempio in Francia - la tempestiva alfabetizzazione telematica ha comunque dato a un discreto numero di utenti le basi culturali per l'uso "intelligente" dell'internet. Da noi si rischia di creare un popolo di internet-dipendenti in aggiunta, o in parziale sostituzione del popolo dei tele-dipendenti.
Cito un solo aspetto di questo sviluppo: il continuo aumento degli annunci pubblicitari che irrompono a tradimento con ingombranti finestre sullo schermo dei programmi di navigazione. Sono irritanti come e più delle interruzioni pubblicitarie della TV, perché:
a) coprono una parte del video e impediscono di leggere le informazioni che ci interessano;
b) assorbono risorse del sistema, in particolare la memoria;
c) rallentano la ricezione delle informazioni, perché sfruttano parte della poca banda disponibile, quindi fanno aumentare il tempo e il costo della connessione (già abbastanza salato).
Chi ci difende da questo uso (o abuso) dell'internet? Dal convegno di oggi dovrebbe venire qualche indicazione anche e soprattutto sulla tutela dei "diritti telematici", cioè i diritti dell'utente telematico, dell'abbonato all'internet.

Non parliamo, in questo caso, delle difese civili e penali che possono essere adottate nel caso di violazioni della legge, difese che si applicano a qualsiasi atto illecito, sia in ambito "fisico", sia in ambito telematico. Parliamo invece della tutela del "cittadino on-line" in quanto tale.
La
legge 249/97 ha dato vita a un organismo denominato "Autorità per le garanzie delle comunicazioni" che, sulla carta, dovrebbe essere l'ente di tutela di tutti gli utenti delle telecomunicazioni, oltre che degli operatori.
Bene, la legge in questione ha assegnato all'Autorità per le garanzie il controllo della pubblicità, sulla base della normativa specifica, che esiste per la televisione, ma non per le attività telematiche. Si dirà che i tentativi di controllo nazionale sui contenuti della Rete fanno ridere, ma il problema deve essere posto e la nostra Autorità deve avere anche qualche strumento per intervenire.
Ancora, la stessa legge ha assegnato alla stessa Autorità il compito di verificare "il rispetto nel settore radiotelevisivo delle norme in materia di tutela dei minori anche tenendo conto dei codici di autoregolamentazione relativi al rapporto tra televisione e minori e degli indirizzi della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi", ma nulla è stato prescritto per i codici di autoregolamentazione degli Internet provider. La più recente legislazione italiana si occupa di loro solo con quell'infame inciso "anche per via telematica" della legge 269/98, la cui abolizione è stata proposta dal senatore Semenzato, ma che resterà comunque a testimoniare la visone delle tecnologie dell'informazione che ha il nostro Parlamento .

La norma in questione richiama l'eterno punto dolente nel campo dei "diritti telematici": quello della responsabilità dei provider per i contenuti immessi dagli utenti. Una recente sentenza emessa in Francia, pur negando a se stessa un valore di principio, condanna un provider a pagare un risarcimento - e nello stesso tempo lo costringe alla chiusura - per un contenuto immesso da un utente.
Lo ripeto da anni: su questo punto sono necessarie norme chiare, perché rendere un fornitore di spazi o di accessi responsabile dei contenuti del sito significa trasformarlo in censore. E siccome è materialmente impossibile controllare anche una minima parte di quello che normalmente passa su un server connesso al web, attribuire al provider la responsabilità sui contenuti significa spegnere tutte le voci indipendenti, libere e alternative che fino a oggi si sono espresse grazie alla telematica. Occorre stabilire con urgenza quali sono gli obblighi del provider per la protezione contro i contenuti "pericolosi" o illegali: l'identificazione dell'abbonato che è abilitato a immettere contenuti in aree accessibili al pubblico è una misura necessaria, anche se si devono prevedere meccanismi di tutela dell'anonimato, per chi lo richiede.

Ma l'identificazione degli abbonati - ecco un argomento del quale dovrebbe occuparsi il "governo" dell'internet - è un campo minato, perché la normativa sulla tutela dei dati personali (il decreto legislativo 171/98) prevede che i log dei collegamenti vadano cancellati subito dopo la chiusura della sessione, se non vi sono necessità di fatturazione.
Tutto questo mentre ci troviamo di fronte alla prospettiva di accessi a Internet completamente gratuiti, senza fatture e senza preventiva identificazione degli abbonati. Prospettiva
disastrosa, come ho scritto una settimana fa, anche senza considerare i problemi della prevenzione e della repressione di atti illeciti.

Attenzione: se il provider ha il diritto di lavorare senza la spada di Damocle della responsabilità per i contenuti critici o illegali immessi da terzi, l'abbonato ha il diritto di essere protetto contro questi contenuti. Dunque è necessaria una normativa molto equilibrata, che contemperi le diverse responsabilità e concili i diversi diritti. Lo strumento potrebbe essere il codice di autoregolamentazione dei fornitori, del quale si parla inutilmente da molto tempo. Inutilmente, perché da una parte manca una previsione legislativa che gli conferisca obbligatorietà ed efficacia, dall'altra i provider italiani non sembrano particolarmente interessati all'adozione di un insieme di regole deontologiche.

Per concludere, l'elenco dei "diritti telematici" che oggi non sono tutelati in misura efficace (anche quando ci sono le norme) è lungo. In rapidissima sintesi, e senza pretesa di completezza, possiamo elencare:
1. il diritto di accedere alla Rete a prezzi ragionevoli e uguali per tutti, più convenienti dell'attuale TUT, anche perché il numero degli abbonati in Italia è ancora troppo basso;
2. il diritto all'informazione pubblica e alla conoscenza delle leggi: i siti della pubblica amministrazione devono essere strutture di servizio e non vetrine;
3. il diritto di scelta dei contenuti e la protezione contro i contenuti illegittimi, fastidiosi o pericolosi per i minori, ma senza censure più o meno mascherate;
4. il diritto alla riservatezza, con il controllo dell'uso dei dati che vengono raccolti a scopo commerciale;
5. il diritto di non essere presi in giro.

Quest'ultimo punto può sembrare una battuta, invece è ben motivato dalla realtà italiana. Bisogna finirla con le promesse non mantenute, con le offerte "convenienza" che si rivelano assai poco convenienti per la maggioranza degli utenti, con i miraggi dell'internet gratis o della NO-TUT. E' necessario mettere i piedi per terra e discutere di quello che si può e si deve fare.
Si deve ricordare che l'
articolo 22 del DPR 318/97, che recepisce molte disposizioni comunitarie nel settore delle telecomunicazioni, assegna all'Autorità per le garanzie anche il compito di emanare disposizioni sulla qualità dei servizi. In quest'ambito si potrebbe trovare la soluzione ad alcuni di questi problemi.

Da più di quattro anni si continuano a organizzare convegni e dibattiti sull'internet, le opportunità, i problemi, i diritti e quant'altro. Manca un solo dibattito su questi temi: quello che dovrebbe svolgersi nelle aule del Parlamento.