Internet come servizio universale:
una battaglia da vincere
09.12.97
Potrebbe essere un'altra "svolta
storica", come quella del documento informatico: la Commissione bilancio
della Camera dei Deputati ha approvato un emendamento al disegno di legge
collegato alla legge finanziaria per il '98, volto a facilitare la diffusione
delle tecnologie dell'informazione.
L'articolo aggiunto al testo porta il numero 4-bis
e contiene due diversi provvedimenti. Il primo riconosce un contributo statale
di 200.000 lire per l'acquisto di un PC multimediale da parte delle università
e delle scuole, a condizione che il venditore pratichi uno sconto di pari
importo sul prezzo di vendita.
Il secondo, e più importante, assegna al ministro delle comunicazioni,
d'accordo con quello dell'università, l'incarico di emanare "provvedimenti
finalizzati a garantire la pari opportunità di accesso a Internet, anche al
fine di evitare discriminazioni di tipo territoriale".
Il meccanismo dello sconto di 400.000 lire
sull'acquisto dei PC multimediali per le università e le scuole (metà a carico
dello Stato e metà a carico del venditore) ricalca quello che ha avuto tanto
successo per le automobili, ma qui non c'è nulla da rottamare. C'è da
osservare, invece, che uno sconto di questa portata su prodotti che spesso
vengono venduti con margini molto ridotti potrebbe non essere accettato da molti
operatori: il minore incasso è immediato, il credito d'imposta no...
Lo stanziamento totale, fino al 31 dicembre
1998, è di 10 miliardi, che significano 50.000 sistemi a prezzo scontato. Non
sono pochi in assoluto, ma siamo lontani dalle cifre che segnano il ritardo
italiano nell'informatizzazione di massa. Il deputato Roberto Villetti, che ha
presentato e sostenuto con vigore l'emendamento, aveva in precedenza avanzato la
proposta di uno sconto per l'acquisto del PC da parte delle famiglie, ma l'onere
sarebbe stato eccessivo per le casse dello Stato (era stata calcolata una cifra
più alta di un ordine di grandezza). Il principio però è passato - e questo
è importante - anche se l'agevolazione è stata limitata al settore
dell'istruzione.
Ma la vera novità è nel terzo comma
dell'emendamento, che costituisce un punto fermo dal quale sarà impossibile
tornare indietro: le pari opportunità di accesso a Internet, anche (e
soprattutto, aggiungiamo noi) dal punto di vista territoriale. Il che significa
costi telefonici uguali per chi ha un provider nel suo settore telefonico e per
chi oggi deve collegarsi alla salatissima tariffa interurbana.
Su queste pagine abbiamo più volte affrontato il problema (per questo
consideriamo la proposta di Villetti anche come una piccola vittoria di
InterLex) e non è caso di ripetere per filo e per segno le argomentazioni già
esposte (si vedano gli articoli Accesso
a Internet e diritto all'informazione e Novità
importanti, ma restano molti problemi, a
proposito degli "sconti" annunciati alla fine di ottobre dal ministro
Maccanico). In sintesi: se è vero che il "bene informazione" è
fondamentale nella società in cui viviamo - non a caso definita "società
dell'informazione" - e se è vero che l'accesso a Internet costituisce uno
strumento essenziale per l'istruzione, la conoscenza e la crescita
socio-economica, allora esso deve essere assicurato a tutti i cittadini alle
stesse condizioni.
Insomma, la disponibilità del collegamento a
Internet alla tariffa urbana deve essere considerata come parte del servizio
universale. Ma che cos'è il servizio universale?
Lo definisce il Decreto
del Presidente della Repubblica n. 318 del 19 settembre 1997:
un insieme minimo definito di servizi di determinata qualità disponibile a
tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica e, tenuto conto
delle condizioni specifiche nazionali, ad un prezzo accessibile. L'articolo
3 dello stesso DPR, che riprende le
disposizioni europee, indica una serie di servizi veramente "minima",
al punto che per la trasmissione dati è prevista la velocità di 2.400 bps,
quando i modem che si possono trovare in tutti i negozi vanno come minimo a
33.600 bps e un modem da 14.400 è considerato un rottame.
Ma il comma 2 dello stesso articolo dice: Il contenuto del servizio
universale può evolvere sulla base del progresso tecnologico e degli sviluppi
del mercato e la relativa valutazione e la sua eventuale revisione sono
effettuate almeno ogni due anni dal Ministro delle comunicazioni, sentita
l'Autorità. Questa potrebbe essere la strada maestra per giungere
all'effettivo riconoscimento della natura sociale dell'accesso a Internet,
superando la concezione comunitaria del servizio universale che il ministro
belga delle telecomunicazioni ha definito "preistorica". E' probabile
però che il Governo preferisca ricorrere ad altri strumenti, che dovranno
essere valutati con molta attenzione.
Ora la parola spetta ai due rami del Parlamento,
e non è sicuro che il "4-bis" giunga in porto, soprattutto
se si considerano le resistenze che Telecom Italia continua a opporre
all'ipotesi di accesso a Internet allo stesso prezzo, indipendentemente dalla
distanza tra l'utente e il provider. Lo stesso provvedimento
annunciato il 29 ottobre scorso, se da un
parte testimonia la buona volontà del ministro delle comunicazioni, dall'altra
conferma la difficoltà di far accettare al gestore della rete pubblica
qualsiasi facilitazione per gli utenti di Internet: gli sconti, cifre alla mano,
sono tutt'altro che sostanziali proprio per gli utenti che ne avrebbero più
bisogno, quelli che sono costretti a limitare al massimo l'uso del telefono per
non ricevere una bolletta troppo salata per le loro tasche.
Dunque la battaglia per la parità di condizioni
di accesso a Internet è una battaglia da combattere con decisione. Non solo in
questi giorni, fino all'approvazione della legge finanziaria, ma anche nel
prossimo futuro, affinché il ministro delle comunicazioni attui nel modo più
sollecito ed efficace la previsione legislativa.
Nella discussione sui meccanismi per l'attuazione del terzo comma del "4-bis"
si dovrà tenere presente un punto fondamentale: la parità di condizioni per il
collegamento a Internet da parte degli utenti non dovrà significare disparità
di condizioni per i fornitori dell'accesso o scaricare su questi una quota del
costo di un servizio che, di fatto se non di diritto, è "universale".
Perché la connessione a Internet, che avviene sulla rete pubblica di
telecomunicazioni ed è di competenza degli organismi di telecomunicazioni
- art. 1, comma 1, lettera e) del DPR 318/97 - è cosa ben diversa dall'accesso
a Internet, che viene offerto dai fornitori di servizi pubblici di
telecomunicazioni - lettere q) ed r) dello stesso DPR.
A qualcuno questa precisazione potrebbe sembrare superflua, ma non a chi ha
seguito fino a oggi la vicenda italiana delle "agevolazioni" per
Internet.
M. C.
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