Riservatezza e bollette telefoniche:
l'eccesso di tutela
di Manlio Cammarata - 21.05.99
Il Governo ha modificato e la Gazzetta ufficiale
ha pubblicato il decreto
legislativo sul trattamento dei dati sensibili da parte degli enti pubblici.
I cambiamenti introdotti nel testo rispetto alla versione
iniziale dimostrano che le obiezioni
sollevate nell'articolo pubblicato sul numero scorso non erano infondate. Ma,
come si può leggere anche nel resoconto
della discussione alla Camera, non c'era
il tempo di rifare di sana pianta il provvedimento... E così, ancora una volta,
con la scusa della fretta dobbiamo tenerci norme che fanno acqua da tutte le
parti: esattamente come è successo con la 675/96, fatta passare in fretta e
furia (ma dopo anni di discussioni) per non restare fuori dal trattato di
Schengen. Avremo occasione di tornare presto su questo decreto legislativo.
Ora è il caso di segnalare un'altra questione che riguarda la normativa sulla
protezione dei dati personali: la querelle sulla documentazione del
traffico nelle bollette di Telecom Italia, che sembra trovare tutti i pretesti
possibili per non dare agli utenti la possibilità di controllare la congruità
degli addebiti.
La questione è nota: applicando l'articolo
5 del decreto legislativo 171/98,
l'operatore comunica ai clienti gli estremi delle telefonate effettuate,
mascherando le ultime cifre dei numeri chiamati. Di fatto questo rende molto
difficile il controllo, anche senza considerare che la documentazione si limita
alle conversazioni che durano più di quattro scatti (in pratica resta fuori
buona parte delle chiamate urbane) e si può ottenere il numero completo solo in
caso di azioni giudiziarie, come ricorda il Garante nel suo comunicato
del 6 ottobre 1998.
Si solleva l'utenza (vedi Operazione
trasparenza e il Comitato
vittime della Sip-Telecom), mentre il
difensore civico di Trento scrive una lettera
al Garante reclamando la piena
trasparenza delle bollette. Che il Garante non può approvare, perché la legge
non lo consente. In realtà ci sono molti casi in cui la documentazione completa
può violare il diritto alla riservatezza, non tanto della persona chiamata,
quanto del chiamante: si pensi, per esempio, alle telefonate che un dipendente
può fare dal luogo di lavoro a numeri che il suo "principale" è bene
che non conosca (a parte le possibili violazioni dello Statuto dei lavoratori).
Diverso è il caso delle utenze familiari. Un genitore dovrebbe poter
controllare le telefonate dei figli, tanto per fare un esempio, e non si riesce
a capire perché il Garante possa invadere la riservatezza delle famiglie
stabilendo che cosa un genitore possa o non possa sapere dei figli o un coniuge
dell'altro coniuge.
Questo è uno dei tanti problemi sollevati dalla
legge 675/96 e dai suoi derivati. Problemi che non sorgerebbero se il
legislatore avesse un po' di buon senso nella stesura delle norme e si limitasse
a stabilire norme generali, semplici e chiare, affidando magari a opportuni
regolamenti i dettagli di alcune fattispecie. Vediamo come stanno le cose, per
quanto riguarda la documentazione del traffico telefonico.
La direttiva
europea 97/66 non contiene una
disposizione specifica sul mascheramento delle ultime cifre nella documentazione
degli addebiti. C'è solo un "considerando":
(18) considerando che l'introduzione di
fatture dettagliate ha aumentato le possibilità dell'abbonato di verificare
l'esattezza delle somme addebitate dal fornitore del servizio e, al tempo
stesso, può mettere in pericolo la vita privata degli utenti dei servizi di
telecomunicazione offerti al pubblico; che pertanto, per tutelare la vita
privata degli utenti, gli Stati membri devono incoraggiare lo sviluppo di
opzioni diverse di servizi di telecomunicazione, ad esempio possibilità
alternative di pagamento che permettano un accesso anonimo, o rigorosamente
privato, ai servizi di telecomunicazione offerti al pubblico, quali carte
telefoniche, oppure possibilità di pagamento con carta di credito; che, in
alternativa, gli Stati membri possono prescrivere, allo stesso scopo, che nei
numeri chiamati menzionati nelle fatture dettagliate, siano cancellate alcune
cifre.
Dunque gli Stati membri "possono
prescrivere". E il legislatore italiano non perde l'occasione di
prescrivere, come si vede dal terzo comma dell'articolo
5 del DLgs 171/98:
3. Gli abbonati hanno diritto di ricevere in
dettaglio, a richiesta e senza alcun aggravio di spesa, la dimostrazione degli
elementi che compongono la fattura relativi, in particolare, alla data e all'ora
di inizio della conversazione, al numero selezionato, al tipo, alla località,
alla durata, al numero di scatti addebitati per ciascuna conversazione. In ogni
caso, nella documentazione fornita all'abbonato non sono evidenziate le ultime
tre cifre del numero chiamato.
Ecco l'inutile accanimento normativo, la mancanza
di buon senso: l'inciso "in ogni caso" risolve totalmente a favore
della riservatezza il difficile discrimine tra riservatezza e trasparenza.
Mentre sarebbe stata necessaria una norma flessibile, che desse la possibilità
all'utente di ottenere la documentazioni completa, in presenza di determinate
condizioni. In questo modo la Telecom ha un'ottima scusa per rifiutare di
giustificare nel dettaglio gli importi delle bollette.
Così da una parte abbiamo le posizioni estremistiche di chi vorrebbe, sempre e
comunque, la totale trasparenza, e dall'altra quelle di chi nega anche la minima
trasparenza trincerandosi dietro lo schermo di una normativa discutibile. E non
se ne viene fuori.
Un altro esempio di "eccessiva" tutela
della riservatezza è quello relativo alla videosorveglianza (sul quale dovrebbe
arrivare un decreto legislativo... speriamo bene!), oggetto di un'importante
pronuncia del Garante (si veda il comunicato
del 4 febbraio '99): si indicano misure
per la protezione dei dati rilevati dalle telecamere (cifratura del contenuto,
doppia chiave per la lettura, cancellazione dei nastri dopo 24 ore in assenza di
denunce eccetera) più che sufficienti per evitare intrusioni nella vita privata
delle persone riprese dai dispositivi anticrimine. Ma si prescrive anche di
indicare il campo di azione delle apparecchiature, così i criminali possono
evitare di essere ripresi...
E' sempre lo stesso problema: dalla legge del
'96, fino all'ultimo provvedimento sul trattamento dei dati sensibili da parte
degli enti pubblici, l'eccesso di norme o di dettaglio delle norme finisce col
rendere difficili anche le attività più comuni. E quindi si ritorce contro
l'efficacia della stessa normativa.
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