Qualcosa si muove contro "spammatori"
e spioni
di Manlio Cammarata - 12.09.02
L'Europa fa sul serio, o almeno ci prova. Questo potrebbe essere la
conclusione dopo una prima lettura della direttiva
2002/58/CE "relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela
della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche". Sono
infatti molte le novità in positivo rispetto alla abrogata 97/66/CE (nota come "direttiva ISDN),
recepita con il decreto legislativo 171/98.
La nuova normativa, che formalmente integra la 95/46/CE,
la "madre di tutte le direttive" sulla protezione dei dati personali,
segna di fatto l'inizio di una nuova generazione di norme sulla delicata materia
e mette alcuni punti fermi in una discussione che va avanti da anni, sul
bilanciamento tra gli interessi dell'industria e i diritti dei cittadini.
In questo articolo vediamo in sintesi solo alcuni punti essenziali del testo,
che sarà oggetto di altre più approfondite analisi nel prossimo futuro.
Mail spamming
L'articolo 13 della direttiva
disciplina nel dettaglio le comunicazioni indesiderate di tutti i tipi,
includendo esplicitamente la posta elettronica, ma solo "a fini di
commercializzazione diretta", lasciando fuori quindi tutta la massa di
comunicazioni politiche, messaggi "umanitari" e spazzatura varia
che ingombra le nostre mailbox. Il paragrafo 1 stabilisce il principio
dell'opt-in, cioè i messaggi possono essere inviati solo "agli
abbonati che abbiano espresso preliminarmente il loro consenso".
Costituisce un'eccezione il secondo paragrafo: la commercializzazione diretta ai
propri clienti è consentita se il cliente non si è "inizialmente"
opposto all'uso delle proprie coordinate se in ogni comunicazione è indicata
"in modo chiaro e distinto" la possibilità di opporsi a ulteriori
utilizzi.
Ma con il terzo paragrafo la direttiva fa un mezzo passo indietro, lasciando
ai singoli Stati membri la facoltà di decidere tra opt-in e opt-out,
"in casi diversi da quelli di cui ai paragrafi 1 e 2". Questo
significa (in accordo con il "considerando"
n. 42) che potrebbe essere scelta la soluzione dell'opt-out per le
chiamate non automatiche.
Un altro aspetto molto importante è nel paragrafo 4: In ogni caso, è
vietata la prassi di inviare messaggi di posta elettronica a scopi di
commercializzazione diretta camuffando o celando l'identità del mittente da
parte del quale la comunicazione è effettuata, o senza fornire un indirizzo
valido cui il destinatario possa inviare una richiesta di cessazione di tali
comunicazioni.
Più che un divieto, nel contesto della Rete, sembra una dichiarazione di
principio. Meglio di niente...
Il quinto paragrafo specifica che queste disposizioni si applicano agli abbonati
che siano persone fisiche e rimanda alle normative nazionali per quelli che la
nostra legge 675/96 definisce "altri soggetti".
Cookie e spyware
Anche su questo delicato capitolo la direttiva, finalmente, fa un po' di
chiarezza. In realtà non c'è nulla che non fosse ricavabile dalla normativa
generale, ma il terzo comma dell'art. 5
specifica che l'uso di reti di comunicazione elettronica per archiviare
informazioni o per avere accesso a informazioni archiviate nell'apparecchio
terminale di un abbonato o di un utente sia consentito unicamente a condizione
che l'abbonato o l'utente interessato sia stato informato in modo chiaro e
completo, tra l'altro, sugli scopi del trattamento in conformità della
direttiva 95/46/CE e che gli sia offerta la possibilità di rifiutare tale
trattamento da parte del responsabile del trattamento.
Le conseguenze di questa norma possono essere molto importanti. Infatti non
solo viene proibito l'uso dei cookie senza una dettagliata informativa sul loro
scopo e senza il consenso dell'interessato, ma si pongono fuori legge tutte le
informazioni che il sistema operativo registra sulle operazioni compiute
dall'utente (mettendole, di fatto, a disposizione di chiunque sappia come
catturarle), senza che l'utente stesso sappia quali dati sono registrati e in
quali misteriosi recessi del computer siano archiviati. Si deve pensare non solo
ai comportamenti sospetti di una nota software house statunitense, ma anche alla
possibilità che l'amministratore di una rete aziendale raccolga dati
sull'attività dei dipendenti, leggendo le informazione archiviate in ogni
macchina collegata (vedi anche Principi importanti, ma
l'applicazione è difficile).
Fatturazioni, elenchi e altro
La nuova direttiva riprende anche molte disposizioni dell'abrogata 97/66
relative alle fatturazioni dettagliate, al trattamento dei dati contenuti negli
elenchi, all'identificazione della linea chiamante, ai trasferimenti di chiamata
e via elencando. Anche su questi punti non c'è nulla di sostanzialmente nuovo,
se non una maggiore chiarezza e la previsione di alcune fattispecie che non
sembravano particolarmente rilevanti al legislatore di sei anni prima. Si
tratta, fra l'altro, dei dati relativi all'ubicazione dei terminali mobili (art. 9), oggi molto importanti per la
fornitura di servizi di tele-assistenza. In ogni caso, le prescrizioni
specifiche non sono altro che l'applicazione dettagliata delle disposizioni
della direttiva 95/64 e, almeno a prima vista, non sembrano prestarsi a
interpretazioni "di comodo".
Prime considerazioni
Per concludere questa prima lettura della direttiva è opportuna qualche
considerazione generale. Come si diceva all'inizio di questa pagina, essa
appartiene a una "seconda generazione" di norme sulla tutela dei dati
personali, che fa tesoro delle esperienze applicative della direttiva generale
del '95 e delle legislazioni nazionali che ne sono derivate.
Ma per capire l'evoluzione della visione comunitaria è necessario leggere
con molto attenzione i "considerando" iniziali, che tracciano un
quadro dettagliato e realistico del contesto in cui si inseriscono le le nuove
disposizioni. Ed è utile anche considerare la direttiva alla luce di altri due
importanti documenti, prodotti dal Working Party costituito ai sensi
dell'art. 29 della 95/46. Si tratta della Raccomandazione relativa ai requisiti minimi per
la raccolta di dati on-line nell'Unione Europea del 17 maggio 2001e del Working document on determining
the international application of EU data protection law to personal data
processing on the Internet by non-EU based web sites del 30 maggio di
quest'anno. La novità, della quale anche il nostro legislatore dovrebbe tener
conto, è nella visione globale del problema alla luce dell'effettiva evoluzione
tecnologica. Sono almeno in parte superate le genericità e le astrazioni delle
norme di prima generazione, per scendere sul terreno dei fatti concreti. E per
dettare, quindi, disposizioni che hanno un riferimento alla realtà non troppo
vago.
E' significativo lo sforzo di stabilire principi giuridici che assicurino la
protezione dei cittadini dell'Unione anche nei confronti di trattamenti svolti
da responsabili insediati fuori dell'Unione stessa, come si vede nel Working
Document di quest'anno. E' evidente che il percorso dai principi giuridici
alla loro reale applicazione non sarà né facile né breve, ma almeno ora
disponiamo di una base sulla quale si potranno fondare azioni legali di qualche
rilievo, in attesa di un concerto internazionale sulla materia.
Passando alle cose di casa nostra, vediamo che la nuova direttiva si
inserisce in un delicato momento di passaggio. Infatti entro il 31 dicembre
dovrebbe essere emanato il testo unico sulla materia, previsto dal DLgv 467/01, che non può tener conto delle
disposizioni di una direttiva non ancora recepita e dovrà quindi essere rivisto
nel giro di un anno o poco più.
Con il testo unico dovrebbe essere pubblicato anche il codice di
autoregolamentazione dei fornitori di servizi, previsto dallo stesso decreto e
"promosso" dal Garante con la deliberazione
del 10 aprile 2002.
Tuttavia alla "promozione" non sembra che siano seguiti altri
passaggi concreti verso l'elaborazione del codice, e non si è verificato quel
dibattito che il segretario generale del Garante auspicava all'inizio dell'anno
proprio su queste pagine (vedi Il dibattito sulla
privacy è sempre aperto di Giovanni Buttarelli).
Appare quindi problematico che il codice possa essere varato prima del 31
dicembre, considerando l'entità degli interessi in gioco e il numero dei
soggetti interessati (compresi quelli interessati a evitare l'autodisciplina)...
Dobbiamo dunque rassegnarci a continuare a ricevere per un bel pezzo
tonnellate di mail indesiderate, che per di più affermano spudoratamente di non
costituire spam, inviate da fantasmi telematici. Almeno le nuove disposizioni
potrebbero diminuire lo spam nazionale e comunitario, perché per il resto siamo
ancora alle dichiarazioni di principio, come si è detto.
Intanto, però, l'Europa potrebbe costringere lo spione globale di Redmond a
venire a patti e a farci almeno sapere dove nasconde i nostri dati e come
possiamo cancellarli o evitare che vengano registrati. Una semplice informativa
ai sensi delle disposizioni vigenti. |