Non è una questione di sconti,
ma di diritti
di Manlio Cammarata - 12.03.98
Cresce l'attenzione verso la grande questione del
"diritto di accesso a Internet", nei suoi due aspetti fondamentali: le
"pari opportunità" tra tutti gli utenti sotto il profilo dei costi di
connessione e il diritto dei cittadini di conoscere anche per via telematica, e
gratis, i testi delle leggi e di tutti gli atti della pubblica amministrazione.
Su quest'ultimo tema registriamo una replica dell'avvocato Giorgio Rognetta,
promotore dell'iniziativa LEGGIGRATIS, all'articolo "Serve
una legge per l'accesso alla legge?"
pubblicato in gennaio.
Qui invece ci occupiamo del primo tema, quello
dei costi di connessione (si vedano, fra l'altro, due segnalazioni nella rubrica
InBox).Ce
ne siamo occupati recentemente in "Accesso
alla legge e pari opportunità: due facce della stessa medaglia",
a proposito del disegno di legge "Agevolazioni
per l'accesso alla rete Internet",
che propone una soluzione per molti versi impraticabile. Ma il problema è
presente anche nel disegno
di legge S2305, "Norme per la
promozione e l'incentivazione del telelavoro", in discussione al Senato,
che prevede una serie di azioni e finanziamenti a favore di progetti di
telelavoro e che, all'articolo 5, recita testualmente:
Il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, di concerto con il
Ministero dei trasporti e della navigazione, presenta entro il 1997 un piano per
l'abbattimento o la riduzione delle barriere tariffarie all'interno dei grandi
bacini di mobilità quotidiana e per il contenimento delle tariffe per le
comunicazioni a lunga distanza, specialmente lungo le direttrici nord-sud e
continente-isole, per quanto riguarda le utenza telefoniche dedicate ai
collegamenti telematici necessari al telelavoro, anche favorendo la concorrenza
tra tutti i potenziali fornitori delle linee e dei servizi di base.
Non è questa la sede per affrontare le numerose
questioni inerenti la materia del telelavoro. Desidero solo osservare che è
quanto meno anacronistico affrontare il problema prendendo in considerazione
soltanto il lavoro dipendente e le collaborazioni coordinate e continuative,
quando si diffonde sempre di più e acquista maggior peso economico il lavoro
autonomo indipendente, non "contrattualizzato", anche e soprattutto
nelle sue forme telematiche. E' comunque importante che il disegno di legge (che
peraltro presenta molti aspetti interessanti) affronti in maniera specifica la
questione dei costi di connessione e anche "la concorrenza tra tutti i
potenziali fornitori dei servizi di base". Aspetto che oggi sembra
ignorato, come si può vedere dalla convenzione tra Telecom Italia e il
Ministero della Pubblica Istruzione, che mette fuori gioco gli Internet provider
privati con "numeri verdi" gratuiti e tariffe agevolate largamente al
di sotto dei costi.
Che le tariffe di connessione per gli utenti di
Internet che non risiedono in aree servite da un fornitore di accessi siano
troppo alte è un fatto sotto gli occhi di tutti e non richiede commenti.
La falsa soluzione proposta da Telecom Italia con la cosiddetta "Formula
convenienza" presenta una serie di aspetti negativi che non possono essere
ignorati. Prima di tutto, come abbiamo dimostrato, cifre alla mano, conviene
solo agli abbonati più assidui (vedi "Internet
"formula convenienza..."). Ma,
soprattutto, non risolve una serie di questioni che qui è bene schematizzare:
1. Non elimina il forte divario dei costi tra chi ha un provider nella propria
area e chi non lo ha.
2. La clausola che prevede l'applicabilità dello sconto solo a chi non ha un
provider nella propria area rende di fatto assai modesto il numero degli utenti
che hanno diritto all'agevolazione, perché l'Italia è ormai piena di piccoli
provider, che in moltissimi casi non sono in grado di offrire un servizio
decente perché dispongono di una banda passante limitata, e questo a causa del
costo elevatissimo dell'affitto dei circuiti diretti.
3. La limitazione dell'offerta alle utenze private non favorisce in alcun modo
lo sviluppo delle attività economiche su Internet, o anche solo l'uso di
Internet da parte di un altissimo numero di piccole e medie aziende che
risiedono in zone marginali.
4. Ancora di più sono penalizzati i lavoratori autonomi (che pagano già una
bolletta più salata di quella delle utenze familiari, a pena dell'indeducibilità
dei costi telefonici dal reddito)
Se sommiamo le considerazione esposte nel secondo
e nel terzo punto giungiamo alla sconfortante conclusione che l'attuale
struttura tariffaria non solo non favorisce, ma scoraggia decisamente la
diffusione del telelavoro e dell'uso professionale di Internet.
Anche la soluzione proposta nel disegno di legge
sul telelavoro non è del tutto soddisfacente, soprattutto perché limita la
riduzione delle tariffe ai collegamenti strettamente connessi alle attività dei
lavoratori dipendenti o con contratti fissi di collaborazione, tralasciando
"il resto di Internet" e soprattutto l'attività dei liberi
professionisti. Inoltre non si vede come potrebbero essere applicate le
agevolazioni limitate alle grandi direttrici, mentre appare interessante la
previsione dei "grandi bacini di mobilità quotidiana".
In conclusione, è lodevole che le forze
politiche si pongano, finalmente, il problema degli effetti positivi che possono
essere determinati dall'abbattimento delle tariffe per le connessioni a Internet
al di fuori delle reti urbane. Ma è necessario che le "pari opportunità
di accesso" vengano considerate non come "agevolazioni" per
questa o quella categoria, ma come il soddisfacimento di precisi diritti
dei cittadini, il diritto all'informazione e il diritto al lavoro a condizioni
uguali per tutti.
Il che significa anche il diritto di scegliersi il fornitore di accesso più
efficiente o più adatto alle proprie esigenze, nell'ambito di un mercato aperto
e non dominato da un solo fornitore che si fa beffe di tutti i principi della
libera concorrenza.
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