Agenda 2001: sette appuntamenti da non mancare
di Manlio Cammarata - 08.01.01
I buoni propositi dei primi giorni dell'anno
vengono spesso dimenticati. Dunque è bene aprire l'agenda e scrivere a chiare
lettere: un promemoria per noi stessi e per le "autorità
competenti". Un elenco di problemi aperti, da affrontare in questi primi
mesi dell'anno, che purtroppo coincidono con gli ultimi mesi della legislatura.
C'è quindi il rischio che molte questioni importanti vengano accantonate da
politici e burocrati in tutt'altre faccende affaccendati...
Ma ecco i sette appuntamenti da non mancare.
1. L'avvio della firma digitale
Sulla Gazzetta ufficiale del 27 dicembre 2000 è
stato pubblicato il DPCM del 7 dicembre,
che rimanda al 28 marzo prossimo la scadenza del termine per l'entrata a regime
delle verifiche secondo i criteri previsti dai livelli di valutazione ITSEC (articolo
63 delle Regole tecniche).Sembrava che la scadenza del termine, intervenuta
nello scorso mese di ottobre, fosse l'ostacolo di fronte al quale si era fermato
l'avvio della firma digitale, perché l'applicazione della norma comporterebbe
gravi difficoltà ai certificatori, anche per l'attuale incompletezza degli
stessi criteri di valutazione.
Il DPCM del 7 dicembre, si legge nell'epigrafe, dovrebbe offrire una
soluzione-tampone in attesa del 28 marzo, data prevista per l'emanazione delle
nuove regole tecniche. Data "strana" perché il provvedimento porta la
data dell'8 febbraio 1999 ed è stato pubblicato il 15 aprile successivo...
Quando scadono i due anni previsti dal DPR 513/97? Inoltre il testo dice che è
differito "il periodo" e non "il termine".
Un'interpretazione letterale porterebbe a concludere che i diciotto mesi
decorrono a partire dal 28 febbraio 2001!
Ma il vero problema è: quando diventerà
operativa la firma digitale? Manca ancora un elemento fondamentale: l'elenco
pubblico sottoscritto con la firma digitale dell'Autorità per l'informatica
nella pubblica amministrazione, secondo l'articolo
15 delle Regole tecniche. Quella che appare oggi sul sito dell'AIPA
è una semplice informazione, priva di qualsiasi valore ai fini della
certificazione.
2. La registrazione delle testate telematiche
Nella legge finanziaria approvata in dicembre
c'è una disposizione solo in apparenza secondaria: l'articolo
153, che aumenta i contributi statali ai giornali di partito. La novità è
nella formula che attribuisce i contributi ai "quotidiani e periodici,
anche telematici", ponendo la condizione che siano "comunque
registrati presso i tribunali"
Si risolve in questo modo, in senso positivo, l'annosa questione della
registrazione delle testate on line: non dovrebbe essere più possibile, per i
tribunali, negare l'iscrizione delle pubblicazioni diffuse esclusivamente per
via telematica, magari con motivazioni... fantasiose (vedi l'ordinanza
del Tribunale di Messina del 16 maggio 2000).
Ma, per un problema chi si risolve, altri si
pongono con urgenza. Per esempio, il quinto comma dello stesso articolo 153
stabilisce che "Le imprese di cui al comma 5 (ci deve essere un refuso,
in realtà è il 2, ndr), per accedere ai contributi debbono... editare
testate con una diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per
cento della tiratura complessiva se nazionali ovvero almeno al 40 per cento se
locali". Come si fa a stabilire (e certificare formalmente) per le testate
telematiche una percentuale di diffusione rispetto alla tiratura, non essendoci
alcuna "tiratura"?
Ancora, se il provider che assicura la diffusione viene assimilato allo
stampatore, come possono le testate telematiche osservare la disposizione
fascista (legge 2 febbraio 1939, n. 374) che prescrive la consegna di quattro
esemplari della pubblicazione alla prefettura e di uno alla locale Procura della
Repubblica? E come la mettiamo con le migliaia di siti che fanno informazione
periodica, ma non possono essere registrati per la mancanza di un direttore
iscritto all'albo dei giornalisti?
Li sequestriamo come "stampa clandestina" ai sensi dell'articolo 16
della legge sulla stampa del 1948?
3. Le regole per i nomi a dominio
E' sempre all'esame del Senato il disegno di
legge AS 4594 "Passigli". Nel
frattempo la Commissione europea ha definito la proposta
di regolamento per la creazione del dominio .eu, che potrà essere usato da
imprese, organizzazioni e privati residenti nell'Unione. Con la conseguenza che,
se il DDL passerà nell'attuale formulazione, gli italiani potrebbero avere
regimi di naming diversi per i TLD .it e .eu. Un motivo in più per presentare
una proposta alternativa e più credibile al progetto in discussione (vedi Tutti
d'accordo, questo DDL è da rifare).
4. Connessioni e interconnessioni
Da anni si promettono per tutti i cittadini
condizioni favorevoli per la connessione all'internet e per i provider
condizioni eque per l'interconnessione e la conseguente offerta di servizi. Ma,
dai tempi dei "numeri blu" (fortunatamente mai attuati) alle poco
convenienti "offerte convenienza" dell'allora monopolista, per finire
con le proposte dei numeri "700" (opportunamente congelate), nulla ha
scalfito la posizione dominante di Telecom Italia e il taglieggiamento imposto
ai "concorrenti", soprattutto ai più piccoli.
Così per i privati ci sono condizioni di accesso ben lontane da quelle che la
tecnologia potrebbe fornire: ADSL per pochi e a un costo che non corrisponde
alla qualità, "flat" limitate e non sempre funzionanti, a prezzi
ancora troppo alti in confronto alla qualità del servizio, e via discorrendo.
Per quanto interessa i formitori, la Camera dei
Deputati ha approvato in prima lettura un disegno di legge (AC
7208) che al tempo della presentazione fu battezzato "salvaprovider",
perché assicurava anche ai piccoli fornitori di accesso i proventi della
"interconnessione inversa". Ma il testo definitivo (non ancora
disponibile sul sito della Camera) spegne gli entusiasmi iniziali.
Il provvedimento dovrebbe essere modificato al Senato, tornare alla Camera... in
attesa della fine della legislatura e delle decisioni europee in materia. E
intanto resta lo status quo, con lo strapotere della Telecom (e dei suoi
maggiori concorrenti) e le difficoltà per tutti gli altri.
E questo è l'effetto della liberalizzazione all'italiana delle
telecomunicazioni, grazie alla quale le bollette telefoniche delle famiglie
continuano a salire.
5. Diritto d'autore
I Verdi hanno presentato una proposta di modifica
della legge 248/2000 sul diritto d'autore. Legge contestatissima, perché
punisce anche "l'uso personale" e introduce una disciplina a base di
bollini obbligatori e registrazioni in Questura di dubbia costituzionalità
(vedi Riforma del diritto d'autore: chi
vince e chi perde). Il quotidiano Punto informatico ha commentato
polemicamente l'iniziativa dei senatori Semenzato e Pieroni, che nella loro
puntuale replica hanno
scritto:
Quando in Parlamento si discutono leggi che
muovono migliaia di miliardi le grandi aziende interessate regolarmente chiedono
incontri per convincere delle loro ragioni. Anzi molto spesso inviano
direttamente degli emendamenti chiedendo ai parlamentari di presentarli e di
farli approvare. E ' un lavoro così sistematico che ancora all'inizio di
legislatura un gruppo di senatori verdi ha presentato un disegno di legge per
regolamentare queste attività lobbistiche cercando almeno di renderle
trasparenti. Dire che nell'approvazione della legge 248 si è ceduto troppo alle
lobby di Microsoft e BSA più che una considerazione impresentabile ci appare
una constatazione inoppugnabile.
"Sappiamo evidentemente che non vi sarà
possibilità di approvazione in questa legislatura", concludono i due
parlamentari, e purtroppo hanno ragione. Ma l'argomento è scritto con la penna
rossa sull'agenda del 2001: questa legge deve essere rifatta.
6. Leggi in rete
Venticinque miliardi in cinque anni: l'articolo
107 della legge finanziaria istituisce "presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri un fondo destinato al finanziamento di iniziative volte a
promuovere l'informatizzazione e la classificazione della normativa vigente al
fine di facilitarne la ricerca e la consultazione gratuita da parte dei
cittadini, nonché di fornire strumenti per l'attività di riordino
normativo"
Sembra un'ottima cosa, un'iniziativa attesa da tempo. Però c'è qualcosa che
non torna: il progetto Normeinrete è
già avviato - anche se da qualche mese non ci sono progressi apparenti - dal
Ministero della giustizia, sulla base di uno studio dell'AIPA. Allora, perché i
fondi sono assegnati alla presidenza del Consiglio e non direttamente al
Ministero? Una cosa è certa: ora non c'è più neanche la scusa dei soldi per
non mettere on line, gratis e tutti i giorni, la Gazzetta ufficiale.
7. Schedature, controlli e censure
Scriviamo per ultimo questo impegno sull'agenda
del 2001, così forse ci resterà più chiaro in mente: è la questione più
grave tra le tante che minacciano lo sviluppo della società dell'informazione.
E non parliamo solo di tutela dei dati personali, di improbabili "profilazioni"
o di fastidiosi mail spamming.
Parliamo di controllo dei contenuti dell'internet, dei filtri, delle censure
preventive, delle cacce alle streghe, della sistematica raccolta di informazioni
su tutti i cittadini che le autorità di pubblica sicurezza compiono
sistematicamente col conforto della legge.
Parliamo, e parleremo spesso su queste pagine, di libertà in pericolo. |