Adesso incomincia la fase critica
di Manlio Cammarata - 15.11.01
Un altro passo avanti, molto significativo, per la diffusione della firma
digitale. Si tratta della Circolare
n. 3529/C del 30.10.2001 del Ministero delle attività produttive,
che precisa le regole per "l'abolizione della carta" nelle
comunicazioni tra le Camere di commercio e le imprese, secondo le previsioni
dell'art. 31, comma 2, della legge
340/2000.
Solo una settimana fa scrivevamo Si evolve il quadro
normativo sulla firma digitale, citando la sentenza
n.11445/2001
della Cassazione e lo schema
delle nuove regole tecniche per la riproduzione e conservazione dei documenti su
supporti ottici, pubblicato dall'AIPA. Ora si incominciano a vedere i primi
passi nell'operatività del documento informatico.
C'è un'altra novità importante sul fronte della
firma digitale: è finalmente possibile, per ogni cittadino, munirsi del
dispositivo di firma e farsi rilasciare un certificato per sottoscrivere
documenti "validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge".
L'iniziativa è di Finital, certificatore
iscritto nell'elenco dell'AIPA, che sfrutta la
possibilità di penetrazione capillare data dalle rete degli sportelli delle
banche. Il kit, che comprende tutto il necessario, può essere acquistato
on line dalla CompEd, ma presto dovrebbe essere disponibile anche nei
negozi. Compiute le operazioni preliminari, il titolare deve recarsi presso la
propria banca per "farsi riconoscere" e avviare la fase di rilascio
del certificato (per maggiori dettagli si veda il comunicato
della CompEd).
Torniamo alla circolare 3529/C del Ministero delle
attività produttive. Essa arriva quando i primi certificati distribuiti da InfoCamere
alle imprese sono già operativi, anche se ci sono alcuni problemi perché non
tutte le strutture locali hanno terminato la fase preparatoria. Fra l'altro la
circolare stessa è affetta da qualche errore nella previsione delle situazioni
di fatto e dei relativi adempimenti e quindi dovrà essere corretta.
Secondo dati forniti dalla stessa InfoCamere (il
certificatore delle Camere di commercio), da giugno a ottobre è stata
distribuita una media di 500 certificati al giorno, saliti a circa 1.000
dall'inizio di novembre, dopo l'emanazione della circolare. Il consuntivo di
InfoCamere al 13 novembre parla di 12.000 documenti ricevuti da 3.500
soggetti: un numero irrisorio, se si pensa ai cinque milioni di soggetti
iscritti nei registri camerali, ma comunque importante, perché significa che il
meccanismo si è finalmente messo in moto nella direzione giusta.
Infatti l'obbligo di presentazione degli atti alle Camere di commercio
come documenti informatici costringe tutte le imprese a dotarsi della firma
digitale, con la prevedibile conseguenze che saranno le imprese stesse a
spingere affinché le altre pubbliche amministrazioni si adeguino alle nuove e
più snelle procedure. Inoltre, una volta scoperti i vantaggi della firma
digitale, per le imprese sarà naturale usarla anche nelle transazioni
commerciali.
Allora potrà avviarsi il circolo virtuoso che
favorirà la diffusione su larga scala del documento informatico: potrebbe
succedere quello che è accaduto non troppi anni fa con il telefax: dopo un
inizio lentissimo, l'uso dello strumento si è diffuso rapidamente, appena è
stata raggiunta una massa critica di utenti. In un domani non molto lontano,
l'ufficio privato che si sentirà dire per la seconda o terza volta: "vi
rimandiamo il documento sottoscritto con la firma digitale" non
potrà fare altro che correre a procurarsi il certificato. E a questo punto
anche per i professionisti la firma digitale diverrà indispensabile, come il
telefonino...
Naturalmente le istituzioni pubbliche dovranno
promuovere e assecondare questo processo. E' quindi sempre più urgente la
revisione della normativa sul documento informatico, che dovrà partire dal
recepimento della direttiva 1999/93/CE, con
la conseguente revisione sia del testo unico sulla documentazione amministrativa
(DPR 445/2000) sia delle regole tecniche. E
in questa fase si potranno rivedere anche, e rendere più stringenti, le
disposizioni che riguardano l'adeguamento delle pubbliche amministrazioni.
Con il recepimento della direttiva si aprirà la
strada anche alle firme elettroniche "libere".
Ma a questo punto potrebbe verificarsi una serie di problemi, anche perché
sarà necessario far capire al pubblico la differenza tra la firma digitale
sicura (con pieno valore legale, che l'Italia ha introdotto per prima nel mondo)
e le firme "insicure" della direttiva comunitaria. Per le une e per le
altre si dovranno risolvere i problemi dell'interoperabilità (vedi La
direttiva UE e gli standard di riferimento di Roberto Baudizzone) e
soprattutto si dovrà evitare qualsiasi intoppo che possa determinare la
sfiducia degli utilizzatori: per questo è già sufficiente l'inevitabile, anche
se relativa, complessità tecnica!
Si apre dunque una fase critica. Purtroppo la lunga attesa non è servita a
diffondere una sia pur minima conoscenza della firma digitale tra le imprese, i
professionisti, la pubblica amministrazione e soprattutto tra gli operatori del
diritto. A quattro anni dall'emanazione del DPR 513/97, si legge ancora, in
recentissimi saggi giuridici, che il documento informatico è un documento
cifrato...
Si aggiunga la confusione generata dagli annunci della carta d'identità
elettronica, il cui campo di impiego si sovrapporrà in parte a quello della
firma digitale e , in tempi recentissimi, dalla prospettiva del rinvio di fatto
di questa carta d'identità elettronica, anticipata però dalla carta
"standard" dei servizi pensata dal Ministro all'innovazione. E anche
questa sarà funzionale al dialogo telematico tra cittadini e pubblica
amministrazione.
Tanto per avere un'idea dei problemi che si prospettano, si rifletta sulla
disposizione della citata legge 340/2000, che prevede che "le domande, le
denunce e gli atti che le accompagnano presentate all'ufficio del registro
delle imprese... sono inviate per via telematica ovvero presentate su supporto
informatico ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997,
n. 59". Cioè munite di firma digitale. E se invece della firma
digitale il cittadino interessato dispone della "carta dei servizi"?
Bene, potrebbe rispondere qualcuno, usiamo la carta dei servizi anche come
dispositivo di firma. Ma questo comporterebbe una doppia certificazione su ogni
carta, a parte una possibile diminuzione del livello di sicurezza dovuto ai
troppi impieghi del dispositivo di firma.
Accettando però l'idea di una smart card a doppio uso, si potrebbe
fare un passo in più: stabilire semplicemente (con la revisione di alcuni
articoli del testo unico sulla documentazione amministrativa ) che il
dispositivo di firma sicura serve anche per accedere ai servizi della pubblica
amministrazione. Il che renderebbe inutile la carta dei servizi...
In conclusione, occorre chiarezza. Perché è il momento giusto per veder
decollare la tanto sospirata "modernizzazione" dell'apparato statale
(e non solo), ma qualche passo falso potrebbe invece rimandarla alle calende
greche.
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