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 Il diritto di accesso

Stiamo perdendo una grande occasione: sette punti che non vanno
di Manlio Cammarata - 23.04.98

La misura dei contributi per le autorizzazioni generali, di cui abbiamo parlato la settimana scorsa e che ora riguardano anche i piccoli provider, è un nuovo e ulteriore colpo basso allo sviluppo di Internet in Italia (vedi "La stangata è uguale per tutti, con la scusa dell'Europa"). Un altro passo... indietro in una politica che rischia di aggravare, anziché diminuire, il nostro ritardo nello sfruttamento delle tecnologie dell'informazione.

In questi giorni, in seguito alle nuove iniziative del governo americano (e-commerce, Internet 2), è stata diffusa una cifra che dovrebbero far riflettere: centomila posti di lavoro nati nell'ultimo anno grazie alla Rete! Quanti sono stati in Italia?
La creazione di nuovi posti di lavoro "strutturali" è uno degli effetti più rilevanti della diffusione delle tecnologie dell'informazione. Posti che non interessano solo il settore specifico dell'industria dell'informazione e delle telecomunicazioni, ma che determinano anche un forte "indotto". Se l'aumento del numero degli abbonati porta all'espansione delle imprese che forniscono accessi, o alla nascita di nuove imprese, aumentano anche le aziende interessate a vendere attraverso la Rete prodotti o servizi: più alto volume di affari, nuova occupazione. E si allarga anche il business dei servizi connessi, dall'intermediazione nel commercio elettronico alla vendita delle soluzioni e dei sistemi per gestirlo, alla fornitura dei servizi Web (housing, hosting, realizzazione di contenuti e via discorrendo). Quindi si crea nuova occupazione.
L'espansione dell'economia e l'aumento dell'occupazione che derivano dalla nascita di nuove attività, o dalla crescita di quelle esistenti, non possono far dimenticare le altre opportunità offerte dalla diffusione dell'uso di Internet, in primo luogo il telelavoro.

In tutti i paesi industrializzati, e in particolare tra i nostri partner commerciali, i governi moltiplicano le iniziative per favorire la diffusione di Internet. Ma in Italia sembra che si faccia di tutto per ottenere l'effetto contrario. Vediamo i punti più significativi.

1. E' troppo alto il prezzo dei circuiti diretti, che sono indispensabili per l'interconnessione dei provider con la rete generale e per la connessione delle aziende con i provider.
Questo significa non solo difficoltà a far quadrare i conti, ma anche costringere i provider a risparmiare sull'ampiezza di banda, con la conseguenza di una più bassa qualità del servizio. E la bassa qualità del servizio scoraggia i possibili utenti: il gatto si morde la coda.
L'altro costo dei circuiti diretti scoraggia anche le piccole e medie aziende che, come sappiamo, costituiscono il nucleo di base della nostra economia. Rinunciare all'accesso su linea dedicata significa non poter sfruttare bene le opportunità di Internet e rinunciare a un vantaggio competitivo.

2. E' troppo alto il prezzo dei collegamenti interurbani, che penalizzano gli utenti che risiedono in zone marginali, allontanano molti altri potenziali utenti e creano una pesante disparità tra i cittadini nelle condizioni di accesso all'informazione (vedi "Accesso a Internet e diritto all'informazione", "Accesso alle leggi e pari opportunità: due facce della stessa medaglia" e "Non è una questione di sconti, ma di diritti").
Inoltre il costo delle chiamate interurbane ritarda la diffusione del telelavoro. Nelle zone marginali sono spesso presenti solo piccoli provider, che offrono un'ampiezza di banda limitata e un servizio a volte di qualità non sufficiente per applicazioni professionali. Questo si traduce in collegamenti di maggior durata, con costi insostenibili. Le aree telefoniche, all'interno delle quali si applica la tariffa urbana, dovrebbero comprendere i "grandi bacini di mobilità". In questo modo si favorirebbe il passaggio dal commuting, cioè dal pendolarismo, al telelavoro (telecommuting), con i noti vantaggi sul piano della congestione del traffico, dell'inquinamento e della qualità della vita in generale.

3. Sono insostenibili i contributi previsti per le autorizzazioni generali, che dovrebbero entrare in vigore in tempi relativamente brevi (120 giorni dopo che l'Autorità per le garanzie o il Ministero delle comunicazioni avranno determinato le condizioni delle autorizzazioni stesse). Con l'attuale doppio regime dichiaratorio/autorizzatorio, i provider minori e molti punti di presenza (POP) dei maggiori, che offrono solo i poco redditizi accessi su linea commutata, non sono soggetti a contributi. Con le nuove norme tutti dovranno sborsare cifre milionarie, e i già traballanti bilanci di molti piccoli operatori potrebbero subire il colpo fatale (vedi "La stangata è uguale per tutti, con la scusa dell'Europa"). Inoltre in questo modo viene anche scoraggiato l'ingresso di nuovi operatori locali, il che allontana la soluzione del problema dei costi della teleselezione.

4. Non è ancora effettivo il regime di concorrenza che dovrebbe caratterizzare tutto il settore delle telecomunicazioni, perché Telecom Italia gode ancora di un monopolio di fatto per i circuiti diretti urbani e TIN opera avvalendosi di una posizione di forte dominio del mercato. Detto in parole povere, Telecom Italia Net può permettersi perdite molto più alte di quelle che possono sostenere anche i suoi maggiori concorrenti, grazie alla "integrazione verticale" con l'operatore di telecomunicazioni.

5. Molte situazioni contribuiscono a creare una visione negativa di Internet e quindi un ambiente poco favorevole al suo corretto sviluppo. Dalle indiscriminate azioni di polizia condotte sulla base di interpretazioni quanto meno discutibili delle norme in vigore (vedi "Le interpretazioni del decreto del '95: questa storia deve finire"), alle notizie di cronaca sempre volte a mettere in risalto gli aspetti peggiori dell'uso della Rete, fino alle proposte giuridicamente e tecnicamente insostenibili di attribuire ai fornitori di accesso le responsabilità per i contenuti illegali o critici, avanzate addirittura nelle aule parlamentari o a livello di Unione Europea (vedi "Gira e rigira, si finisce sempre con le proposte di censura").

6. Non ci sono iniziative concrete per promuovere la diffusione dell'uso di Internet e anche le "offerte promozionali" avanzate da Telecom Italia e sponsorizzate dal Ministero delle comunicazioni sono assolutamente inadeguate a risolvere i problemi (vedi "Internet 'formula convenienza': che ne pensano i Garanti del mercato e dei dati personali?" e "Offerta convenienza", la voce della Rete").

7. Non si fa nulla per risolvere il ritardo nell'alfabetizzazione tecnologica degli adulti, mentre la diffusione dei PC nelle famiglie è ancora più bassa di quella degli altri paesi industrializzati. Solo per la scuola, e in ritardo, è stata presa qualche iniziativa di rilievo.

E' difficile stabilire quale di questi problemi sia più grave o vada trattato prima degli altri. Ma è chiaro che se non si metterà mano al più presto alle soluzioni, lo sviluppo di Internet in Italia sarà molto più lento e meno efficace di quello degli altri paesi industrializzati. Si perderanno molte occasioni che dovrebbero essere colte subito, Internet sarà uccisa come mezzo di progresso e di sviluppo.
Potrebbe verificarsi, su scala molto più vasta e con conseguenze molto più gravi, quello che è successo con il Videotel: in Francia ha prodotto soldi, occupazione e alfabetizzazione telematica, da noi hanno avuto qualche successo solo le linee "per adulti"...