La stangata è uguale per tutti, con
la scusa dell'Europa
di Manlio Cammarata - 16.04.98
Nota: nella prima versione di questo articolo
c'era un errore a proposito dell'abrogazione del DM 5 settembre 1995 (e non 4
settembre, come avevo scritto). Di conseguenza sono stati modificati gli ultimi
due paragrafi: vedi Facciamo
il punto.
Ci sono novità per gli Internet provider: il
Ministero delle comunicazioni ha emesso un decreto con gli importi dei
contributi per le "autorizzazioni generali" per i servizi di
telecomunicazioni, e quindi anche per i fornitori di accesso a Internet.
Come ho riferito una settimana fa, il 7 aprile scorso il senatore Falomi ha
presentato un'interpellanza ai Ministri delle comunicazioni e dell'Interno,
nella quale segnalava le azioni di polizia per presunta mancanza di
autorizzazione ministeriale a carico anche di operatori esclusi dalla disciplina
dettata dal decreto
legislativo 103/95. E chiedeva di
applicare la normativa europea delle autorizzazioni generali, già accolta dal decreto
del Presidente della Repubblica 318/97, e
non ancora attuata.
Ma il 7 aprile il senatore Falomi non sapeva che il Ministro delle comunicazioni
aveva già provveduto a dare attuazione alle disposizioni europee. Non lo sapeva
perché, oltre che per i semplici cittadini, anche per i parlamentari non è
facile conoscere tutta la normativa che interessa determinate situazioni.
Ma di fatto la disciplina introdotta con il
decreto legislativo 103/95 è stata cambiata - in parte e non con effetti
immediati - con un nuovo regolamento. Un
testo senza numero (secondo una pessima
abitudine ministeriale), che porta la data del 5 febbraio '98 ed è stato
pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 17 marzo.
Questo decreto abroga espressamente il decreto
del Presidente della Repubblica n. 420 del 4 settembre 1995,
ma non il regolamento
ministeriale del successivo 5 settembre,
che determina l'ammontare dei contributi per le autorizzazioni necessarie all'offerta
di servizi di telecomunicazioni su circuiti diretti. Contributi che ammontano,
come ben sappiamo, a un milione di lire per l'istruzione della pratica, più
un altro milione l'anno "per ciascuna sede in cui sono installate
apparecchiature di commutazione". Per l'offerta di servizi di
telecomunicazioni attraverso la rete commutata basta una semplice notificazione,
senza alcuna gabella.
La nuova normativa, in applicazione delle
disposizioni comunitarie, stabilisce che tutti i servizi di telecomunicazioni
(tranne quelli per i quali è richiesta una "licenza individuale",
come l'installazione e la gestione delle reti) possono essere resi sulla base
di una "autorizzazione generale", che si ottiene con una semplice
dichiarazione. Ed ecco la stangata: unificata la disciplina, unificati i
contributi, vale a dire un milione per la dichiarazione, un milione l'anno per
ogni "nodo". Tutto questo anche per i servizi che prima non erano
soggetti all'autorizzazione, cioè per i piccoli provider e per i POP dei
maggiori, anche quando non hanno clienti su circuiti diretti. Ah, dimenticavo:
se l'offerta va oltre i confini regionali, il contributo per l'autorizzazione
sale alla rispettabile cifra di lire 10.000.000 (avete letto bene: dieci
milioni). A prima vista non si parla di durata delle autorizzazioni e di
rinnovi, come nella precedente disciplina.
Tutto qui: il Ministero si guarda bene dal chiarire, dopo tre anni di richieste,
i criteri applicativi del decreto 103/95. Che è ancora in vigore, nonostante
l'ultimo decreto ministeriale.
Che non è stato considerato nell'interpellanza presentata al Senato perché
le disposizioni in materia di contributi per le autorizzazioni generali sono
giunte inaspettate, per il semplice motivo che non sono state ancora emanate le
regole sulle autorizzazioni stesse.
Vediamo dunque qual è la situazione normativa
fino a oggi. Il settore delle telecomunicazioni è regolato da due provvedimenti
fondamentali: la legge
31 luglio 1997 n. 249 "Istituzione
dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle
telecomunicazioni e radiotelevisivo" e il decreto del Presidente della
Repubblica 19 settembre 1997, n. 318 "Regolamento per l'attuazione di
direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni", che costituisce
di fatto la Magna Charta del settore, perché detta le regole del
mercato. Il quadro generale è ancora incompleto, perché deve essere approvato
un altro disegno di legge, in discussione al Senato con il numero AS
1138, che determinerà il nuovo assetto
del settore radiotelevisivo. Dunque, in attuazione della normativa comunitaria,
il DPR 318/97 definisce all'articolo 1, comma 1, le diverse fattispecie
regolamentate. Fra l'altro dice che:
Ai fini del presente regolamento
si intendono per:
e) "organismo di telecomunicazioni", un ente pubblico o privato, ivi
comprese le consociate da esso controllate, al quale siano riconosciuti diritti,
anche speciali ed esclusivi, per l'installazione e la fornitura di reti
pubbliche di telecomunicazioni nonché, se del caso, per la fornitura di servizi
pubblici di telecomunicazioni;
q) "servizio di telecomunicazioni", un servizio la cui fornitura
consiste, in tutto o in parte, nella trasmissione e nell'instradamento di
segnali su reti di telecomunicazioni, ivi compreso qualunque servizio
interattivo anche se relativo a prodotti audiovisivi, esclusa la diffusione
circolare dei programmi radiofonici e televisivi;
r) "servizio pubblico di telecomunicazioni", un servizio di
telecomunicazioni accessibile al pubblico;
Ritornano dunque, con qualche precisazione, le
definizioni del DLgs 103/95, mutuate dalla normativa europea. Inoltre l'articolo
6 del 318/97 stabilisce che:
1. L'offerta al pubblico di
servizi di telecomunicazioni diversi dalla telefonia vocale, dall'installazione
e dalla fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni, comprese quelle basate
sull'impiego di radiofrequenze, è subordinata ad una autorizzazione generale
sulla base delle condizioni e dei criteri elencati nell'allegato F[...];
5. Il contributo richiesto alle imprese per la procedura relativa
all'autorizzazione generale copre esclusivamente i costi amministrativi connessi
all'istruttoria, al controllo della gestione del servizio e del mantenimento
delle condizioni previste per l'autorizzazione stessa. La misura di tale
contributo è fissata dall'Autorità [...];
6. L'offerta di servizi diversi da quelli per i quali, ai sensi del comma 1, è
prevista un'autorizzazione generale e di quelli che richiedano l'uso di risorse
scarse, fisiche o di altro tipo, o che siano soggetti ad obblighi particolari,
è subordinata ad una licenza individuale.
20. Fatti salvi i contributi finanziari per la prestazione del servizio
universale conformemente all'art. 3, il contributo richiesto alle imprese per le
procedure relative alle licenze individuali è esclusivamente finalizzato a
coprire i costi amministrativi sostenuti per l'istruttoria, per il controllo
della gestione del servizio e del mantenimento delle condizioni previste per le
licenze stesse. La misura di tale contributo è fissata con apposito
provvedimento, da pubblicare secondo le normative vigenti ed in coerenza con le
disposizioni dell'art. 19, comma 3, lettera b).
Non c'è dubbio che la fornitura di accessi a
Internet rientra nel combinato disposto delle lettere q) e r) dell'articolo
1 e che quindi la disciplina applicabile è quella del comma 1 dell'articolo
6, cioè l'autorizzazione generale, per la quale saranno dovuti i contributi
fissati con "l'apposito provvedimento". E con questo la doppia
disciplina dichiaratoria e autorizzatoria del DLgs 103/95 va in pensione, anzi,
si prepara ad andarci. Recita infatti il trentesimo comma dello stesso,
interminabile articolo 6:
30. Le disposizioni del decreto
legislativo 17 marzo 1995, n.103, del decreto del Presidente della Repubblica 4
settembre 1995, n. 420, e del decreto legislativo 11 febbraio 1997, n. 55,
relative alle condizioni per l'esercizio dei servizi ivi liberalizzati,
continuano ad applicarsi fino alla pubblicazione, sulla base del presente
regolamento, delle corrispondenti condizioni di autorizzazione. I soggetti che
prestano servizi di telecomunicazioni sulla base delle predette disposizioni
sono tenuti a conformarsi alle condizioni ivi previste entro centoventi giorni
della loro emanazione.
Fino a questo punto sembra tutto chiaro. Con la
pubblicazione "delle corrispondenti condizioni di autorizzazione" si
porrà fine a tutte le questioni sollevate dal 103/95 e dalle sue appendici. E
questa è la sollecitazione contenuta nell'interpellanza presentata al Senato
dal senatore Falomi. Ma nel frattempo le spinte del mercato e i fulmini lanciati
dall'Unione europea hanno obbligato il Governo a formulare le regole per
consentire la concorrenza tra gli "organismi di telecomunicazioni",
cioè ad aprire il mercato agli aspiranti concorrenti di Telecom Italia per le
reti e la telefonia fissa e mobile. E' stato perciò emanato il decreto
del Ministro delle comunicazioni 25 novembre 1997
"Disposizioni per il rilascio delle licenze individuali nel settore delle
telecomunicazioni", al quale è seguito "l'apposito
provvedimento" per la determinazione dei contributi. Si tratta appunto del
decreto del 5 febbraio 1998, pubblicato il 17 marzo.
Il quale decreto, però, non si limita a fissare i contributi per le licenze
individuali regolate dal decreto del 25 novembre, ma anche quelli per le
autorizzazioni generali, che non sono state ancora regolamentate. Il bello è
che quest'ultimo provvedimento (che, secondo la normativa generale, dovrebbe
essere entrato in vigore 15 giorni dopo la sua pubblicazione, il 1. aprile),
abroga espressamente, all'articolo 9, il decreto ministeriale 5 settembre
1995, che stabilisce i contributi per le autorizzazioni.
Facciamo il punto
Ora accade che:
1. il decreto legislativo 103/95 è ancora in vigore per quanto riguarda la
disciplina delle dichiarazioni e delle domande di autorizzazione, perché non è
stata ancora emanata la normativa sulle autorizzazioni generali;
2. il DPR 420/95, con le disposizioni applicative del 103/95 è ancora in
vigore;
3. il decreto ministeriale 5 settembre 1995, previsto dall'articolo 10 del
103/95, che determinava l'ammontare dei contributi per i titolari di
autorizzazioni, è stato abrogato dall'articolo 9 del nuovo DM;
4. i contributi previsti dal decreto del 5 settembre '95 dovrebbero essere
sostituiti da quelli stabiliti il 5 febbraio scorso, ma essi si riferiscono a
una fattispecie, l'autorizzazione generale, che non è stata ancora
regolamentata;
5. in ogni caso la nuova normativa sui servizi pubblici di telecomunicazioni
entra in vigore 120 giorni dopo la sua emanazione, secondo il DPR 318/97, quindi
deve ritenersi ancora valida la vecchia.
6. per il fatto che il DLgs 103/95 e il DM 5/9/95 sono ancora in vigore, ed è
quindi in vigore il doppio regime dichiaratorio/autorizzatorio, non si possono
applicare i contributi stabiliti dal DM 5/2/98, che si riferiscono a un regime,
quello dell'autorizzazione generale, che non è ancora in vigore per espressa
disposizione del DPR 318/97.
7. però, essendo satato abrogato il DM 5/9/95, che fissava i contributi per le
autorizzazioni, si giunge alla paradossale conclusione che non ci sono
contributi da pagare...
Conclusione
In ogni caso, i provider che offrono accessi su
circuiti diretti fanno bene a comportarsi secondo le vecchie norme. Ripeto, solo
i provider che offrono accessi su circuiti diretti e non (lo ricordiamo alla
polizia postale...) coloro che utilizzano in proprio i medesimi circuiti, senza
offrirli al pubblico, o fanno altre cose che non consistono "nella
trasmissione e nell'instradamento dei segnali sulla rete pubblica di
telecomunicazioni".
Ma non per questo si può dire che i problemi sono rimasti gli stessi. Sono
aumentati e si sono aggravati. Prima di tutto perché il Ministero delle
comunicazioni non ha ancora spiegato a chi di dovere quali sono gli operatori
che rientrano nella categoria dei fornitori di "servizi pubblici di
telecomunicazioni" e a quali tipi di servizio si applica la previsione del
DLgs 103/95, comma 2 (domanda di autorizzazione e relativi contributi), poi
perché il giorno in cui sparirà la distinzione tra offerta su rete commutata e
offerta su circuiti diretti, anche i provider di dimensioni minime saranno
sottoposti alla stangata dei contributi previsti dal decreto del 5 febbraio.
Si deve tener presente che la maggioranza degli
Internet provider italiani è costituita da strutture di piccole dimensioni, con
fatturati che a stento - e non sempre - coprono i costi. Costi che sono gravati
anche dalle micidiali tariffe per l'affitto dei circuiti diretti - quelli
urbani sono ancora monopolio di Telecom Italia - sui quali si spera intervenga
presto l'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Anche per l'ammontare
dei contributi stabiliti dal decreto del 5 febbraio sarebbe opportuno un
intervento dell'Anti-trust o del Tribunale amministrativo, a cui il Ministero
delle comunicazioni dovrebbe dimostrare che i milioni richiesti sono
effettivamente necessari per coprire "esclusivamente i costi amministrativi
connessi all'istruttoria, al controllo della gestione del servizio e del
mantenimento delle condizioni previste per l'autorizzazione stessa", come
recita, prima ancora del DPR 318/97, la normativa europea.
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