Dedichiamo tutto questo numero di InterLex al problema dell'efficacia probatoria
del documento informatico, con un duplice intento: primo, chiudere la polemica sul
nulla che da alcuni giorni anima certi siti dell'internet italiana e, secondo, offrire
al legislatore un contributo utile per la revisione della normativa, prevista
dalla delega contenuta nell'art. 10 della legge di semplificazione per il
2001. Esaminiamo il problema da tutti i possibili punti di vista:
riprendiamo le considerazioni fatte sul numero
precedente con l'articolo Caccia all'errore: le domande di un lettore perplesso.
Poi leggiamo l'opinione di un giudice, Gianni Buonomo (Il magistrato: scritto e trascritto, ma non
sottoscritto), ci facciamo spiegare da Corrado Giustozzi gli aspetti tecnici
(Lettere anonime, in Rete è la regola) e da Paolo
Ricchiuto quelli processuali (Gli effetti probatori del documento informatico).
Quindi diamo un'occhiata a quello che succede in Europa con Roberto Manno (La giurisprudenza europea sull'art. 5.2 della
direttiva).
Infine vediamo le origini di tanta confusione in un passaggio del libro di Pierluigi Ridolfi,
componente del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione,
La formazione del testo della direttiva sulle firme
elettroniche, con le sue critiche al testo comunitario.
Ci risparmiamo una sola fatica: quella di rispondere alle argomentazioni
pseudo-giuridiche e alle insinuazioni personali apparse su altre pubblicazioni
on line. Ci basta ricordare che chi pensa di avere qualcosa da dire su questi
argomenti trova su InterLex uno spazio aperto alla discussione, qualificato da
un comitato scientifico di alto profilo.
Ritorniamo al nocciolo della questione. Non pensiamo di esaurire con questo numero
l'esame dei problemi normativi che riguardano il documento informatico: resta
aperto, prima di tutti, quello della certezza dell'identificazione del soggetto
che chiede il certificato. Poi c'è la questione dell'interoperabilità, che è
sì un problema tecnico, ma deve essere impostato a livello normativo. C'è il
nodo forse inestricabile di dare un'attuazione sensata a una delle più
insensate previsioni comunitarie: la distinzione tra certificatori
"qualificati" e "accreditati", con lo specifico divieto di
sottoporre i primi a qualsiasi forma di verifica preventiva di affidabilità,
anche se sulla base dei loro certificati si producono firme digitali che hanno
lo stesso valore delle firme autografe.
Diversi elementi inducono a credere che la firma digitale sia finalmente alla
vigilia di un'affermazione definitiva. Questo processo deve essere favorito da
una normativa chiara, con disposizioni che tengano conto della coerenza
dell'ordinamento giuridico (oltre che dello stato della tecnologia) più che di
interessi particolari.
Ci sono segnali incoraggianti. Uno di questi viene, inaspettato, da un grande
inserto pubblicitario del supplemento @lfa del Sole 24 Ore di
giovedì 29 gennaio: alcune pagine interamente dedicate alla firma digitale, in cui
gli operatori del settore espongono anche il loro punto di vista sui problemi
normativi. E accolgono in pieno molti argomenti che da anni sosteniamo su
InterLex, espressamente citata in un articolo.
InterLex ringrazia e si impegna a continuare sulla stessa strada: il diritto
come guida, la tecnologia come riferimento indispensabile per capire e applicare
la legge.
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