Internet, diritto e politica, non
c'è da stare allegri
di Manlio Cammarata - 02.07.98
Sequestrato il server di Isole
nella Rete. Il motivo, come
si può leggere nell'ordinanza
di sequestro, è acquisire le prove di un
messaggio diffamatorio e impedire la prosecuzione della presunta condotta
criminosa. Ma per avere la prova dell'esistenza di una pagina Web al magistrato
basta copiarla. Per farla sparire basta ordinare al provider di rimuoverla.
Ancora una volta si colpiscono l'impegno sociale e il volontariato e si bloccano
attività libere e disinteressate, con il pretesto di perseguire il crimine..
E' difficile, a questo punto, dire qualcosa che non sia già stato detto fin
dalll'estate del '94, all'epoca di quello che chiamammo Fidobust e che
resta nei libri come l'Italian Crackdown. Ma si devono richiamare le
considerazioni fatte allora - e tante volte ripetute - e rileggerle nel contesto
di oggi.
Non credo che sia in corso un complotto per
frenare lo sviluppo di Internet in Italia e stroncare la libertà della
comunicazione e dell'informazione telematica: occorrono una conoscenza del
mezzo, una consapevolezza, vorrei dire un'intelligenza, ben superiori a quelle
che hanno fin qui dimostrato quelli che fanno le leggi e quelli che hanno il
compito di farle rispettare.
Sia chiaro che non intendo offendere nessuno in
particolare, voglio solo descrivere un quadro generale che presenta ben pochi
aspetti confortanti, mentre emergono fatti, opinioni e intenzioni che sembrano
concordare verso un unico obiettivo, la fine della libertà di Internet. Ecco un
breve elenco:
- la criminalizzazione di Internet, prima operata dalla stampa di informazione e
ora missione in corso di attuazione da parte del potere legislativo;
- le incursioni poliziesche a danno degli operatori, motivate a volte da
presunte infrazioni a disposizioni amministrative, a volte da fatti di rilevanza
penale (da dimostrare e in diversi casi non dimostrati), che infliggono danni
sproporzionati agli illeciti che si vorrebbero perseguire;
- il ritardo nell'attuazione del libero mercato nel settore delle
telecomunicazioni, con la presenza di un operatore che continua ad agire da
monopolista e impone ai concorrenti costi e condizioni insostenibili;
- l'imposizione di "contributi" di ingresso e di mantenimento così
elevati da scoraggiare la nascita di nuovi operatori e rendere sempre più
precari i bilanci di quelli già attivi.
Mi fermo qui, ma chi vuole continuare l'elenco non ha che da consultare l'indice
di questa sezione di InterLex e magari allargare la ricerca alle sezioni
dedicate alla riforma
delle telecomunicazioni e al diritto
di accesso.
I fatti più recenti dimostrano la verità di
queste affermazioni. Si veda, per esempio, l'approvazione da parte del Senato
del disegno di legge contro la pedofilia, che introduce una specifica quanto
assurda responsabilità penale a carico degli operatori e che (per fortuna) non
ha recepito proposte ancora più punitive - ne abbiamo parlato in "Chiunque
distribuisce... anche per via telematica": i fornitori sono serviti
e Per punire i
colpevoli si criminalizza la Rete.
Ora si aggiunge una proposta
di legge presentata alla Camera dei
Deputati, che considera l'uso di Internet come un'aggravante del reato e per i
resto contiene prescrizioni ovvie o inaccettabili, come rileva Andrea Monti in Dilaga
l'internetfobia.
E c'è il sequestro del server di Isole nella
Rete, descritto e commentato nel comunicato
di ALCEI e nell'articolo
di Giancarlo Livraghi, che non richiedono
ulteriori osservazioni.
Non è un complotto, il magistrato che ha diretto l'operazione non aveva certo
l'intenzione di attentare alla libertà della Rete. Ma il risultato è lo
stesso, e per questo motivo non c'è da stare allegri.
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