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 Il decreto legislativo 103/95 e le autorizzazioni generali

Autorizzazioni generali? Intanto paga!
di Manlio Cammarata - 09.09.99

Incredibile: siamo ancora qui a occuparci del decreto legislativo 105/95, quello delle dichiarazioni/autorizzazioni dei fornitori di servizi di telecomunicazioni. Da quattro anni complica la vita degli internet provider, da quattro anni causa allo Stato un'inutile spreco di risorse per ispezioni e verbali della Polizia postale - qualcuno dovrebbe risponderne - da quattro anni si chiede inutilmente al Ministero di chiarirne le disposizioni.

Passate le competenze per la materia all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, a questa è stato chiesto di intervenire per fare chiarezza e porre fine a questa grottesca situazione (vedi la lettera aperta al presidente Cheli). Nessuna risposta.
Per di più, come è stato più volte sottolineato in queste pagine, con il 1. gennaio 1999 il regime dichiaratorio/autorizzatorio è incompatibile con le disposizioni europee, contenute nelle direttiva
97/13/CE. Questa prevede solo un regime di autorizzazioni generali, da ottenere con una semplice dichiarazione e con un modesto contributo. Dunque il 103/95 dovrebbe essere morto e sepolto. Ma, come uno zombie normativo, ricompare continuamente a turbare i sonni degli operatori.

Nell'InBox di questo numero ci sono tre lettere significative (scelte tra tante che continuano ad arrivare). Nella prima un lettore chiede quale seguito abbia avuto, a sei mesi di distanza, l'impegno di un commissario dell'Autorità, Paola Manacorda, che il 1. marzo di quest'anno aveva dichiarato:
"Mi impegno a prendere visione di questo carteggio, a che punto è arrivato il Ministero, e a valutare che cosa si può fare per superare questa situazione. Questo è l'impegno che possiamo prendere. A noi spetta il rilascio delle concessioni, il potere sulla polizia postale è un altro conto, perché la polizia postale non dipende da noi, dipende dal ministero. Quindi le direttive da dare alla polizia postale dovranno essere oggetto di una concertazione col Ministero. Che cosa si può fare?
Si può chiedere al Ministero una circolare interpretativa, o emanare noi un regolamento fatto di semplici due articoli, che chiarisca come vanno applicate queste regole. Mi impegno a prendere visione di questa cosa, a consultare i soggetti interessati per uscire da questa situazione
".
La risposta alla domanda del lettore è: nulla. Nessuna iniziativa è stata presa dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

La seconda lettera viene da un provider che ha subito la solita ispezione da parte della Polizia postale, con la minaccia (!) di un verbale di contestazione per la mancata richiesta di autorizzazione, nonostante l'offerta riguardi solo collegamenti da linee commutate (per chi volesse "ripassare" la questione, c'è un riassunto nell'articolo 103/95, la storia continua, aspettando le autorizzazioni generali; altri dettagli nell'indice della sezione e nelle FAQ).

L'interessato, dopo aver inviato il messaggio a InterLex, telefona al Ministero, dal quale gli rispondono cortesemente che ha ragione: se l'offerta non riguarda collegamenti su circuiti diretti basta la dichiarazione. Cioè quello che sosteniamo dall'ormai lontano dicembre del 1995 (vedi Il DLgs 103/95: Internet e BBS liberalizzati al contrario).
A questo punto si pone una domanda tanto semplice da sembrare cretina: se il Ministero delle comunicazioni ritiene che il regime autorizzatorio non riguardi i provider che offrono solo connessioni su linea commutata, perché la Polizia postale, che dipende dallo stesso Ministero, continua a elevare (o a minacciare di elevare, che è ancora peggio) verbali di contravvenzione che partono dal presupposto contrario? Non si può mandare a tutti gli uffici interessati una circolare che spieghi la questione?

Non finisce qui. Nel secondo messaggio il nostro lettore aggiunge che il Ministero ha precisato che la richiesta di autorizzazione è necessaria se l'operatore usa una linea dedicata per collegare due suoi punti di accesso.
Affermazione in netto contrasto con la precedente, perché la linea di collegamento tra due POP è ad uso interno del provider, non è oggetto di "offerta", e quindi non può comportare l'obbligo dell'autorizzazione. Infatti la previsione normativa del DLgs 103/95 riguarda l'offerta, non il semplice uso dei servizi di telecomunicazioni. Elementare!

A questo punto c'è una sola soluzione: un ricorso alla Commissione delle Comunità europee. I provider "vittime del 103/95" si uniscano e presentino la questione a Bruxelles.
Chi è interessato ci scriva: raccoglieremo tutti i messaggi e studieremo l'iniziativa con il contributo di legali specializzati. La violazione della direttiva 97/13 è di tale evidenza che non dovrebbe essere evitabile una procedura di infrazione contro l'Italia.

In tutto questo le competenti autorità non dimenticano gli aspetti economici. E' noto che il decreto ministeriale 5 febbraio 1998 ha stabilito che tutti i fornitori di servizi di telecomunicazioni devono versare il balzello milionario prima riservato ai titolari di autorizzazione, ma non sono state emanate le condizioni delle autorizzazioni generali, sicché nessuno è tenuto a pagarlo (vedi il comma 30 dell'articolo 6 del DPR 19 settembre 1997, n. 318).
Da poco c'è un'altra novità.
Con il decreto ministeriale 16 luglio 1999 è stata stabilita la misura del contributo che deve essere versato da tutti i soggetti che devono iscriversi nei registri dell'Autorità per le garanzie. Ma non sono ancora note le regole per questa iscrizione.

Come dire: intanto pagate, per il resto si vedrà...