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 Nomi a dominio

Il DDL "Passigli" all'esame del Senato
Questa legge non deve passare
di Manlio Cammarata - 20.11.2000

La Commissione giustizia del Senato ha iniziato l'esame del cosiddetto "disegno di legge Passigli", presentato dal Governo D'Alema (AS 4594). Come abbiamo più volte scritto su queste pagine, si tratta di un provvedimento inutile e dannoso nello stesso tempo.
Riepiloghiamo, in primo luogo ad uso dei Senatori che devono discutere la proposta, i motivi per i quali questa legge non deve passare, esaminando l'articolato punto per punto.

Art. 1. (Utilizzazione dei nomi a dominio)
1. Per l'identificazione di domini è vietata, a chi non ne è titolare o non ne può disporre col consenso scritto di quest'ultimo, l'utilizzazione di:
a) nomi identici o simili a quelli che identificano persone fisiche, persone giuridiche o altre organizzazioni di beni o persone;
b) nomi identici o simili a marchi d'impresa o altri segni distintivi dell'impresa o di opere dell'ingegno;
c) nomi che identificano istituzioni o cariche pubbliche, enti pubblici o località geografiche;
d) nomi di genere, quando sono utilizzati per trarne profitto, tramite cessione, o per recare un danno;
e) nomi tali da creare confusione o risultare ingannevoli, anche attraverso l'utilizzazione di lingue diverse dall'italiano.

Tutto questo è già nella legislazione vigente (codice civile, "legge marchi" ecc.) e quindi l'art. 1 è del tutto inutile.

2. Fermo restando ogni altro effetto previsto dalle normative che tutelano i nomi e i segni distintivi di cui al comma 1, anche con riferimento al trattamento dei dati personali, l'utilizzazione dei nomi e dei segni distintivi predetti costituisce uso indebito di questi ultimi ai fini dell'ordine di cessazione dell'uso stesso e comporta il risarcimento del danno, nella misura minima di 30.000 euro. La sentenza che accerta l'illecito o quantifica il danno ordina la cancellazione del nome dall'Anagrafe di cui all'articolo 2, ove non già disposta dall'Anagrafe medesima. Gli atti dispositivi, posti in essere in contrasto, anche indirettamente, con il divieto di cui al comma 1, sono nulli di diritto.

Attenzione: i 30.000 euro non sono una sanzione amministrativa o penale. Si tratta di una curiosa pretesa del legislatore di sostituirsi al giudice di merito nella valutazione del danno, oltre che nel dispositivo della sentenza. 

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano alla registrazione identificativa di domini Internet o servizi in rete ovunque ottenuti.

Vale lo stesso discorso fatto per il comma 1: la legge lo prevede già. In ultima analisi, tutto l'articolo è quanto meno inutile.
E' il caso di ricordare che il disegno di legge apparve un atto di pura demagogia, per dare il segnale di un interesse del Governo di allora ai problemi dell'internet, in seguito alla notizia (esagerata) della registrazione da parte di un imprenditore di centinaia di migliaia di nomi a dominio, compreso quello dell'allora sottosegretario "all'innovazione", lo stesso Passigli (vedi Gli accaparramenti dei nomi a dominio: lei non sa chi sono io!). Il caso si sgonfiò ben presto, data l'evidente illegittimità del comportamento del "registrante", ma il DDL è sopravvissuto.

Art. 2 (Anagrafe nazionale dei nomi a dominio)
1. È istituita l'Anagrafe nazionale dei nomi a dominio, di seguito denominata «Anagrafe». L'Anagrafe opera presso l'Istituto per le applicazioni telematiche del Consiglio nazionale delle ricerche, salve successive disposizioni sull'organizzazione dell'ente adottate in base alla normativa vigente.
2. La registrazione nell'Anagrafe è effettuata con le modalità indicate dall'Anagrafe stessa, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 1. Alla registrazione si provvede previa dichiarazione dell'insussistenza di preclusioni ed accettazione, da parte del richiedente, di una procedura di conciliazione, gestita dall'Anagrafe medesima, per la risoluzione delle eventuali controversie. La registrazione si perfeziona con la comunicazione all'interessato dell'attribuzione del nome di identificazione del dominio. In sede di prima applicazione e salvo quanto previsto dal comma 3, sono inseriti nell'Anagrafe i nomi identificativi di dominio già registrati alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Ove emerga, anche in occasione della richiesta di registrazione di nome già registrato a favore di altro titolare, la non conformità della precedente registrazione alle disposizioni di cui alla presente legge, l'Anagrafe ne dispone la cancellazione, ancorché sia antecedente alla data di entrata in vigore della legge stessa.
4. È comunque disposta la cancellazione del nome a dominio, registrato presso l'Anagrafe, trascorsi novanta giorni dalla data della registrazione senza che ne sia seguita l'effettiva utilizzazione.

Questa è materia regolamentare e, per legge, è di competenza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. In ogni caso, le disposizioni sono confuse: sembra di capire che l'ipotizzata anagrafe, in virtù dei poteri normativi derivanti da questo articolo, coinciderebbe con l'attuale ente di normazione, la cosiddetta Naming Authority. In sostanza il testo ignora la distinzione tra ente di registrazione ed ente di normazione e sembra voler costituire un unico soggetto. In caso contrario si avrebbero due registri, uno costituito dal data base dell'ente di registrazione, uno dell'anagrafe. Non basta l'esperienza dei registri automobilistici, gestiti in concorrenza da ACI e Motorizzazione civile (per non parlare della terza copia, messa in piedi dal Ministero delle finanze)? Con una differenza: che il proprietario di un'automobile è libero di non usarla, ma il titolare di un dominio sarebbe costretto a "utilizzarlo", secondo l'illegittima disposizione del quarto comma, contraria alla libertà di impresa.

5. I ricorsi avverso il rifiuto o l'omissione di registrazione o contro gli atti dell'Anagrafe che, comunque, incidono sugli effetti della registrazione medesima rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Essi devono essere proposti davanti al tribunale amministrativo della regione ove l'Anagrafe ha sede.

Qui i casi sono due: primo, se l'ipotizzata anagrafe è un organismo amministrativo, o viene qualificato come tale dalla legge, la disposizione è inutile, perché la competenza del TAR per gli atti delle pubbliche amministrazioni è già nell'ordinamento. Se invece, in una visione coerente della legislazione sulle telecomunicazioni, la regolamentazione della registrazione dei nomi a dominio è di competenza dell'Autorità per le garanzie, spettano a questo ente in prima istanza anche gli aspetti del contenzioso. Il ricorso al TAR dovrebbe essere quindi possibile avverso le decisioni dell'Autorità.

Ancora, il confuso DDL sembra lasciare inalterato il potere normativo dello IAT, un organismo tecnico che ha dimostrato la propria incapacità di scrivere testi normativi (d'altra parte nessuno chiede agli informatici di improvvisarsi giuristi). E' necessario che la redazione delle regole sia affidata a esperti di diritto, estranei all'organismo tecnico, naturalmente con la partecipazione di persone competenti sugli aspetti tecnologici, quali appunto i tecnici del CNR. In caso contrario la separazione tra ente di registrazione e ente di normazione, opportunamente richiesta dall'ordinamento della Rete, è una pura finzione, come dimostra l'esperienza attuale.
Anche il contenzioso in sede arbitrale deve essere affidato a strutture che non abbiano legami con gli organismi tecnici, con la piena libertà di scelta degli arbitri da parte degli interessati.

Fin qui gli aspetti giuridici, sui quali è bene rileggere anche Il "DDL Passigli": proposte inutili e confuse e  I veri problemi giuridici dei nomi a dominio.
Sarebbe invece necessario affrontare i veri problemi della registrazione dei domini ".it". Prima di tutto la natura giuridica dell'ente di registrazione e del rapporto con il titolare del dominio. Si badi bene: "titolare", e non "concessionario", perché l'ente di registrazione non può "concedere" alla Fiat l'uso del nome "Fiat", tanto per fare l'esempio più banale.
Poi è necessario fare pulizia nelle procedure del contenzioso, ma anche per questo non serve una legge, basta un regolamento dall'autorità competente (e latitante).

Infine, poiché a livello internazionale si stanno faticosamente scrivendo nuove regole sulla materia, sarebbe quanto meno opportuno attendere la definizione di queste norme prima di legiferare in sede nazionale.