Continuano ad arrivare messaggi che riguardano la questione del valore
probatorio della posta elettronica, ampiamente trattato nelle scorse settimane.
Si tratta, in alcuni casi, di contributi che presentano qualche motivo di
interesse, ma non tengono conto dei risultati che la discussione ha prodotto. E
non solo negli ultimi tempi, ma fin dalla pubblicazione della direttiva
1999/93/CE e del decreto legislativo 10/02 che l'ha maldestramente recepita.
Al punto in cui siamo giunti non è possibile far finta di niente e produrre
costruzioni giuridiche fondate sul presupposto che userid e password, usati per
essere riconosciuti dal provider del servizio di e-mail, costituiscano la firma
elettronica del messaggio. Autorevoli esperti hanno dimostrato il contrario.
Naturalmente si possono contestare queste affermazioni con nuovi argomenti e
trarne le logiche conseguenze, ma non ha senso dare per scontate alcune
interpretazioni che hanno subito forti critiche.
Appare quindi utile fare il punto della situazione, ripercorrendo il
dibattito attraverso gli articoli pubblicati su queste pagine. Ci limitiamo ai
più significativi, che però contengono i link ad altri interventi e consentono
quindi di ricostruire il quadro completo.
1. I problemi del recepimento della direttiva
1999/93/CE (due articoli del 21 e 27 settembre 2001) che affrontavano le
principali questioni che il legislatore italiano avrebbe dovuto risolvere.
2. Il Governo cancella un
vanto dell'Italia (10.01.2002) sollevava le prime critiche allo schema di
quello che sarebbe diventato il decreto 10/02.
3. La Costituzione, la delega e
le "disarmonie" del testo di Daniele Coliva (17.01.02) poneva i
primi seri dubbi di costituzionalità dello schema di decreto.
4. Lo schema governativo
stravolge il processo civile di Gianni Buonomo (24.01.02) confermava i dubbi
di Coliva mettendo in evidenza le contraddizioni del testo con l'ordinamento
esistente.
5. La "nuova"
efficacia probatoria della firma digitale di Paolo Ricchiuto
(14.02.02) approfondiva gli aspetti processuali constatando, ancora una
volta, gli errori sostanziali e giuridici del nuovo testo dell'art. 10 del testo
unico sulla documentazione amministrativa.
Con la pubblicazione del DLgs 10/02, che non teneva in alcun conto le
critiche rivolte allo schema, la frittata era fatta. Doveva passare più di un anno prima
dell'emanazione del regolamento "figlio" del decreto, il DPR 137/03).
6. Troppe "firme"
nell'attuazione della direttiva (06.02.03) era il commento allo schema del
DPR, nel quale si constatava l'impossibilità di correggere con una normativa di
rango inferiore gli evidenti errori del decreto legislativo.
7. De Giovanni: conosciamo e
affrontiamo i problemi (14.03.03): intervistato da InterLex, il
responsabile dell'ufficio legislativo del ministro Stanca esprimeva la
necessità di rivedere (fra l'altro) le definizioni normative e le disposizioni
sull'efficacia probatoria.
A questo punto interveniva la delega per il riordino di tutta la normativa,
contenuta nell'art.10 della legge di
semplificazione per il 2001 (approvata definitivamente il 29 luglio 2003).
La discussione avrebbe dovuto quindi concentrarsi su argomenti de iure
condendo, essendo ormai chiaro il destino delle disposizioni contestate da
ogni parte.
Invece qualcuno ha voluto rileggere le norme moribonde, approfittando della loro
scarsa chiarezza, per confermare un'interpretazione formulata tempo addietro e
priva di solide basi tecniche e giuridiche. Abbiamo quindi cercato di riportare
la discussione nei suoi termini corretti con una serie di articoli pubblicati
sugli ultimi numeri di questa rivista.
Rivediamo i più importanti nella loro successione logica:
8. La formazione del testo della
direttiva sulle firme elettroniche di Pierluigi Ridolfi, che mette in
evidenza gli errori della direttiva e della sua traduzione, cause prime di tutti
i problemi.
9. Un messaggio e-mail non è "prova scritta"
del 29 gennaio, che contesta la lettura superficiale delle norme e la non
considerazione degli aspetti tecnici.
10. Lettere anonime, in Rete è
la regola di Corrado Giustozzi, che spiega come userid e password non
possono essere in nessun caso associati al testo della e-mail.
11. Il magistrato: scritto e
trascritto, ma non sottoscritto di Gianni Buonomo (un giudice che conosce a
fondo la materia) che esclude in via assoluta la valenza dell'e-mail come
"prova scritta".
A questo punto, se non emergono argomenti nuovi, la discussione può
considerarsi chiusa per quanto riguarda le norme ancora in vigore e spostarsi
sull'attuazione della delega. Il tema deve essere: come riscrivere disposizioni chiare
sul documento informatico, in armonia con il nostro ordinamento e con le
disposizioni comunitarie?
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