Alla vigilia della tavola rotonda che conclude questa fase della
discussione mi sembra utile tentare una sintesi dei contributi giunti fino
a oggi.
Più di trenta relazioni in un mese sono molte. Gli argomenti, a prima vista,
eterogenei e con approcci differenti (ma sempre di alto livello). Il tutto può
disorientare il lettore, ma non è difficile identificare pochi temi dominanti
che, come vedremo tra poco, convergono verso un solo quadro d'insieme. Senza
dubbio il campo che suscita maggiore interesse è quello della proprietà
intellettuale, nelle sue articolazioni che riguardano la
brevettabilità del software, i diritti degli utenti minacciati dai sistemi
di Digital
Rights Management, l'open source (si vedano i testi di Monti,
Giustozzi, Ricci, Fornari, Picca, Berretti, Palmieri, Galeotti, Piana, Coliva e la voce controcorrente di Scorza). Si tratta, con ogni probabilità, del problema-chiave degli anni a
venire. In una società che, come ci informano fino alla noia esperti di ogni
genere, è sempre più basata sulle informazioni e sulla conoscenza, le
informazioni non possono essere gratis, perché altrimenti alla società viene a
mancare il carburante che ne rende possibile il funzionamento. Su questo non ci
sono dubbi. Come non ci dovrebbero essere dubbi sul fatto che queste risorse devono essere
raccolte e distribuite secondo i meccanismi della stessa società
dell'informazione, non con criteri che risalgono ai secoli passati, quando la
diffusione della conoscenza era inscindibilmente legata ai supporti materiali e
alla loro lenta e costosa circolazione. Ma questa idea, che pure sembra tanto
semplice, non riesce a farsi strada. Non
è stato capita in primo luogo da gestori dei diritti, vale a dire dalle grandi
imprese che distribuiscono i contenuti e dalle organizzazioni che ne raccolgono
i proventi. Sembra che l'utilizzo abusivo sia il problema cardine: non ci si
preoccupa di come distribuire i contenuti e raccogliere i corrispettivi, ma di
chi - in assenza di un sistema accettabile di acquisizione e pagamento - prende
"a sbafo" i contenuti, con i mezzi che la tecnologia gli mette a
disposizione. Duole vedere come i politici, i legislatori, si facciano passivi
esecutori di questa tendenza insensata. Tanto più insensata quando i sistemi
di DRM "proteggono" idee o contenuti che dovrebbero essere a
disposizione di tutti, causando non pochi problemi ai legittimi acquirenti (vedi
ancora Monti e Coliva).
Mentre l'utente "abusivo" sa benissimo come abbattere le difese (Giustozzi).
In tutto questo emerge ancora in tutta la sua
gravità il problema degli aspetti penali per atti illeciti commessi on line (Minotti):
l'internet-fobia è ancora un male diffuso e trova la sua espressione nella
pessima qualità della normativa degli ultimi anni e di quella ancora in
preparazione. Corollario inevitabile di questa
politica è l'azione delle forze dell'ordine, che dovrebbero essere l'ultimo
anello della catena delle difese, ma sono state trasformate in un esercito a
protezione di interessi privati e sono ancora lontane da tecniche investigative
adeguate (e non solo per la "pirateria", si vedano le continue e
indiscriminate azioni "a
tappeto" contro presunti e quasi sempre innocenti pedofili). Il secondo
tema che sembra interessare i nostri relatori è quello del documento informatico,
con le questioni delle firme elettroniche e i corollari della trasmissione dei
documenti, del processo telematico dell'amministrazione digitale e via
elencando. Il tutto inquadrato in una normativa
sempre più confusa e imprecisa (Ricchiuto, Buonomo, Giustozzi, Neirotti, Minerva).
Ma in questo campo dobbiamo rilevare un deciso progresso nelle analisi delle
norme, per quanto riguarda il loro posto nell'ordinamento e in relazione alle
opportunità della tecnologia: si incomincia a discutere seriamente di
come il diritto debba coniugarsi alle ICT e c'è da sperare che di questa
dottrina finalmente matura tenga conto il legislatore nell'annunciata revisione del
Codice dell'amministrazione digitale. Ecco poi il campo della protezione dei dati personali,
con i problemi sempre aperti di una normativa che, a più di otto anni dalla sua
prima emanazione, non riesce ancora a far emergere la sostanza della tutela
dalla invasività di una pletora di disposizioni a tutti i livelli (Ricchiuto, Liguori, Fornari).
Il futuro si presenta a tinte sempre più fosche: è dell'altro ieri la notizia
che negli USA si vogliono rendere ancora più invasive della sfera privata le
tecniche di difesa dal terrorismo. Tecniche che non conoscono confini e violano
il diritto alla riservatezza anche dei cittadini europei, nell'impossibilità di
reagire (o nella sostanziale, complice inerzia?) delle competenti autorità. Infine,
ma non ultimo, emerge il disegno complessivo della società dell'informazione,
negli aspetti che più direttamente
influiscono e influiranno sui diritti di noi cittadini. E' il tema centrale del
forum, ancora da sviluppare a fondo sotto molti punti di vista. Ma un quadro
abbastanza chiaro - e non incoraggiante - emerge da diverse relazioni (Prosperetti, Fornari, Picca, Livraghi, Silvi, Di Giorgi, Berretti). Con preoccupazioni che riguardano anche il mondo della scuola e dell'università, che non riescono a
dare ai giovani una formazione adeguata al futuro che li aspetta (Maccarone, Costanzo, Pillon). Mi accorgo di aver citato più di una volta alcuni autori
(e mi scuso con quelli che non ho nominato nel filo del discorso), perché sono proprio gli interventi
più "trasversali" quelli che indicano con
maggiore chiarezza i nodi da sciogliere. I problemi della gestione dei diritti
digitali si intrecciano pesantemente con quelli della della tutela della riservatezza,
del mercato delle telecomunicazioni e dell'accesso alla conoscenza (su questi
ultimi due punti erano stati annunciate
relazioni che non sono arrivate in tempo utile - ma il forum non si chiude qui).
Senza dimenticare, per chiudere il cerchio, che le tecniche di DRM presentano
collegamenti non secondari con le questioni relative alle firme elettroniche.
Che spesso "firme" non sono, ma veri e propri sigilli applicati ai
contenuti. Ce n'è abbastanza per animare riflessioni molto più ampie di
quelle che potremo fare nella tavola rotonda di domani, ma l'importante è
esaminare i dettagli senza perdere di vista il quadro generale e senza smarrire
quel senso critico e quell'indipendenza di giudizio che hanno fatto della nostra
rivista il punto di riferimento per il diritto delle tecnologie nel nostro
Paese. E qui viene spontaneo un "grazie" sincero, tutt'altro che
rituale, non solo a chi ha contribuito a questo forum, ma ai tanti che nel corso
di dieci anni si sono impegnati dalle pagine di InterLex ad approfondire i temi
e a diffondere la conoscenza del diritto del tecnologie. Che poi, nella società
dell'informazione, è sempre più "il Diritto", senza specificazioni e
con la "D" maiuscola.
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